Mariangela Bastico ha accettato la proposta di candidatura a segretario regionale PD dell’Emilia-Romagna, avanzata all’unanimità dai coordinamenti regionale e nazionale della mozione Franceschini.
Di seguito l’intervento in cui illustra le ragioni del suo impegno
“Ringrazio il comitato regionale e il comitato nazionale per Dario Franceschini per la proposta di candidatura alla segreteria regionale PD che mi hanno rivolto.
È frutto di un percorso condiviso e partecipato che ha visto altre autorevoli candidature in campo, che con sensibilità politica hanno dato luogo ad una proposta comune, unanimemente condivisa: per me questa è stata la premessa indispensabile per accogliere la candidatura.
L’accetto con emozione, senso di responsabilità e di servizio, con la gioia di un impegno e di un progetto comune da realizzare insieme. Sta proprio in questo la straordinaria bellezza dell’impegno politico, che continuo a svolgere con passione ed entusiasmo.
Accetto con lo stesso “spirito civico” che coinvolge tanti iscritti PD, che impegnano tanto tempo, spesso parte delle loro ferie, nella costruzione e gestione delle feste democratiche, nei circoli, nelle campagne elettorali. Con lo stesso “spirito civico” dei milioni di elettori che si sono messi in fila per votare nelle primarie per Prodi e in quelle del 14 ottobre 2007 vinte da Veltroni.
Il mio percorso è stato tutto istituzionale: il quartiere centro storico di Modena, il Comune, la Regione Emilia-Romagna, il Governo Prodi, il Senato; nei contenuti e nei progetti per la scuola, la sanità, le politiche sociali, le politiche urbanistiche e di governo del territorio, per la formazione e il lavoro, per gli enti locali ho trovato le ragioni del mio operare pubblico e politico.
Perché, quindi, ora il partito? Non certamente come trampolino di lancio, come troppo spesso accade, per ruoli istituzionali, dal momento che, questi, ho avuto l’onore e la fortuna di averli già ricoperti. Dunque, perché credo oggi che il rafforzamento del Partito Democratico sia una assoluta priorità su cui impegnare le grandi energie disponibili e finora sottoutilizzate: la costruzione concreta del Partito Democratico che abbiamo voluto e non ancora realizzato, cioè un partito riformista, che vuole ed è capace di governare il Paese e le amministrazioni regionali e locali. Questo obiettivo è una necessità anche per la democrazia italiana e per le sue istituzioni, messe seriamente in crisi dalla azione del Governo di centro destra e dalla mancanza di una forte ed autorevole opposizione nel Paese.
Vorrei costruire un PD che sia di riferimento anche per le tante persone deluse, che non riconoscono ancora nel PD la propria casa, un luogo accogliente in cui ritrovarsi. Ritengo, ora, necessario concentrare tutte le nostre energie ed intelligenze per far crescere il Partito Democratico riformista, in cui si mescolano le culture politiche di provenienza e se ne aggiungono tante nuove, così come lo ha delineato Franceschini.
Per questo voglio mettere a disposizione – con tutti voi e con tanti altri che oggi non hanno potuto essere qui – la mia esperienza e le competenze che ho maturato per dare innovata identità al PD dell’Emilia-Romagna, caratterizzandolo su alcuni punti fondamentali:
• Un partito con una forte identità emiliano-romagnola, un partito federale e, quindi, più autonomo rispetto al nazionale, non perché si vuole chiudere – in un’ottica leghista – valorizzando solo quello che ha. La sua autonomia deve essere espressione del radicamento nelle comunità e della valorizzazione della loro specificità, non solo in astratto, ma per condizionare l’azione politica del Partito.
• Un partito aperto, composto di iscritti e capace di coinvolgere e far contare i suoi elettori; composto di diverse sensibilità politiche e culturali, non solo di “ex”, ma di “semplicemente” democratici; aperto alle competenze e ai saperi della società. Partito aperto non significa che rivolge inviti a partecipare a una riunione; deve essere capace di ascoltare, di coinvolgere, di includere, sapendo che l’ascolto non è un’optional, una aggiunta che dà un po’ di lustro all’immagine, ma è l’essenza stessa del PD. Un partito che oggi non è più in grado da solo di dare le risposte adeguate alla gravità della crisi economica e sociale, alle gigantesche trasformazioni che coinvolgono il mondo del lavoro e del welfare, ai temi dell’immigrazione che colpiscono i cardini identitari su cui si è caratterizzato il sistema emiliano-romagnolo. Riprendo un’immagine utilizzata in questa stessa sala, nella direzione regionale del PD, da Antonio La Forgia, anche se la connoto in modo molto meno pessimistico di quanto lui ha fatto: il PD deve diventare una sorta di campo di gioco nel quale accogliere tanti nuovi giocatori capaci, a fianco dei quali stare per vincere la partita del governo riformista del Paese. Non dico che il Pd non abbia oggi giocatori adeguati, ma affermo che ce ne vogliono altri, tanti altri, accanto agli attuali, che non sono sufficienti.
• Un partito radicato, costruito sulla passione e sull’impegno di tante donne e uomini, giovani e non, che nelle fabbriche, negli ospedali, nelle scuole, nelle università, nelle polisportive, nei circoli diventano punti di riferimento, ascoltano, propongono idee, coinvolgono e prendono decisioni condivise, essendo e rendendo protagonisti. Il radicamento non è, quindi, pura organizzazione, anche se questa deve esserci, ma è azione politica capillare e diffusa, basata sull’ascolto, sull’ideazione e sulla decisione. Certamente non è radicato un partito nei cui luoghi di partecipazione si discute di tutto, fuorché di quello su cui si deve decidere; non perché nessuno decida, ma perché quelle decisioni sono assunte in un altro luogo.
• Un partito che valorizza i saperi, innanzitutto i saperi delle donne, fatti di attenzione agli altri, di competenze diffuse, di capacità di integrare le diversità, di inclusione e non di competizione. Un partito che accoglie i saperi e insieme li forma, consapevole che la politica, che è un impegno assai complesso, necessita di persone preparate. Non condivido, quindi, il nuovismo fine a se stesso, quello volto a scegliere sulla base del criterio che non si abbia avuto mai a che fare con la politica.
• Un partito “per” e non un partito “da combattimento”, come invece lo ha definito la mozione Bersani, in quanto sempre chi combatte va contro qualcuno o qualcosa e spesso è solo. Noi, invece, vogliamo essere per e vogliamo essere insieme. Più siamo “per”, più siamo capaci di vera ed efficace opposizione.
Esemplifico ciò che ho illustrato attraverso un’esperienza già vissuta, perché i fatti danno credibilità alle parole e alle intenzioni. Cito un’esperienza di cui sono stata protagonista, quella dell’approvazione della legge regionale sulla scuola e sul diritto allo studio. È stata un’esperienza di forte e credibile opposizione alle scelte nazionali del Ministro Moratti, proprio perché basata su un’idea differente di scuola: pubblica, di qualità, che non lasci indietro nessuno; un’idea concretamente attuata con norme alternative e migliori rispetto a quelle nazionali, costituzionalmente fondate. Una legge dai contenuti credibili ed applicabili, costruita su una partecipazione di tutto il mondo della scuola e delle istituzioni locali in tutti i territori della regione (di cui abbiamo raccolto documentazione in diversi volumi pubblicati); basata sul consenso politico di una alleanza di governo regionale molto ampia e diversificata. Caratteri essenziali di un’esperienza al tempo stesso di governo riformista e di opposizione a tutto campo.
Le caratteristiche, che ho delineato per il PD dell’Emilia-Romagna, mi fanno sentire la necessità di una parola chiave in più rispetto alle cinque che ha indicato Franceschini: fiducia, regole, uguaglianza, merito, qualità. Il PD emiliano-romagnolo deve caratterizzarsi più su aspetti di qualità che di quantità: il rafforzamento della scuola pubblica per dare a ciascuno pari opportunità, il sapere come chiave di volta dei diritti di ciascuno e del futuro dell’economia e della società; la qualità dell’ambiente e dei territori (green economy), la risposta ai bisogni abitativi e produttivi non solo in termini di espansione edilizia, ma di recupero urbano; un welfare sussidiario e solo così universalistico; una rete di piccole e medie imprese capaci di alta innovazione; il lavoro che, pur più flessibile, sia liberato della ingiusta precarietà che ha oggi. Un partito riformista sa fare proposte applicabili su questo terreno della qualità, consapevole che la profonda crisi economica che stiamo attraversando non lascerà nulla come prima; la si potrà superare solo cercando innovazioni per il futuro e non un ritorno al passato, accontentandosi magari di ridimensionare un po’ la situazione precedente. La parola “in più” ha a che fare con questa qualità dello sviluppo e deve contenere i concetti di inclusione, accoglienza, coraggio, responsabilità. Troviamola insieme, per farne uno dei punti caratterizzanti del nostro progetto politico. Da questo ragionamento mi viene anche un’immagine, che decideremo insieme se utilizzare o meno: “poteri deboli”, cioè coloro che oggi non hanno adeguato ascolto, tutele, protagonismo; giovani precari o che non trovano lavoro; studenti che frequentano una scuola pubblica sempre più povera; donne non remunerate e riconosciute adeguatamente nel lavoro, troppo cariche nel doppio ruolo di lavoratrici e di prevalenti responsabili della cura familiare; anziani con pensioni del tutto inadeguate per una vita dignitosa; piccoli imprenditori e giovani professionisti che dalla crisi stanno ricevendo colpi pesanti nella propria voglia di fare impresa… Tutte straordinarie risorse della nostra società regionale.
Oggi non presenterò i temi specifici della mozione congressuale. Sottolineo soltanto che proprio lo sviluppo dell’Emilia-Romagna dal dopoguerra ad oggi ci indica che partire dalle esigenze e dalle risorse dei più “deboli” della società è stata la chiave di volta e il volano che ha caratterizzato il nostro sviluppo, trasformando i bisogni in diritti: una scuola pubblica di qualità per tutti, scuole dell’infanzia, asili nido, servizi sociali, sanitari, lavoro e tutele nel lavoro, imprese di qualità… Si è trasformata una società povera e ingiusta in un sistema a ricchezza alta e diffusa, con l’abbattimento di barriere sociali che ha consentito di mettere in campo le risorse migliori. Ora questo sistema di sviluppo economico diffuso, mobilità sociale, forte identificazione in valori comuni ha subito un forte indebolimento: il raggiungimento dei saperi necessari per il proprio futuro non è più alla portata di tutti; il sistema di welfare rischia di lasciar fuori troppi; molti sentono una forte competizione (soprattutto nei confronti degli immigrati) rispetto alla fruizione dei servizi sociali, sanitari, all’accesso alla casa; il lavoro è meno sicuro e sempre più precario. Barriere che sembravano definitivamente superate tornano a innalzarsi; prevale la paura, il timore di vedere ridotto o di perdere ciò che si ha.
È su questa condizione che il Partito Democratico deve sapere intervenire con la stessa efficacia con cui si sono realizzate storicamente le condizioni per lo straordinario sviluppo di qualità di questa Regione: intervenire con idee, con persone capaci, riattivando entusiasmi e motivazioni. È vero, infatti, che l’Emilia-Romagna ha ancora oggi un patrimonio ampio e consolidato di buone amministrazioni e di consensi; un patrimonio che è andato progressivamente in calo e che da tempo non trova energie per rafforzarsi. L’esito del voto delle elezioni europee e amministrative ci consegna proprio questo: il crescere di una sfiducia nei confronti del Premier e del Governo di Centro destra che non apporta nuovi voti al PD, ma che si riversa nell’astensione. Il PD, al contrario, non sufficientemente identitario e credibile, disperde 4 milioni di voti a livello nazionale, 300 mila a livello regionale, 53 mila nella provincia di Modena verso l’astensione, la sinistra radicale, l’IDV, la Lega e perfino il PDL. Un segnale chiaro e forte degli elettori che ci induce non solo ad interpretarlo, ma a intervenire coerentemente e rapidamente.
Questo è un congresso vero, a livello nazionale e regionale, in cui si sceglie sulla base di idee, proposte politiche e candidati differenti. Ma questo è anche un confronto che, comunque, si concluderà stando insieme: è chiaro a livello nazionale, laddove le candidature Franceschini, Bersani, Marino sono autorevoli e daranno garanzia di una buona conduzione del partito; sarà così anche a livello regionale.
Molti mi hanno chiesto “ma chi te lo fa fare?”, sapendo che in Emilia-Romagna la mozione Franceschini parte da una condizione di svantaggio. Non ho intrapreso un percorso politico impegnativo, e per me innovativo, per arrivare seconda: l’impegno è per vincere, ben consapevole dello svantaggio iniziale. Consapevole anche che oggi, al di là delle dichiarazioni già effettuate e degli schieramenti a favore della mozione Bersani, ci sono tanti nostri iscritti ed elettori che vogliono capire, leggere, approfondire, sapendo che questa volta possono decidere davvero. E chi dice che “oramai i giochi sono fatti” fa torto alla loro intelligenza, alla loro passione politica e alla loro autonomia, pensando che si adeguino semplicemente a schieramenti precostituiti. Qualora non ce la facessimo e fossimo una minoranza, saremo una minoranza consistente e condizionante per idee e progetti, che non si scioglie il giorno dopo le primarie.
Tutto questo noi lo possiamo realizzare solo in un modo, cioè farlo insieme; insieme come ho visto già in alcuni territori, dove si sono presentate persone che assolutamente non ci aspettavamo di incontrare, dove, come è accaduto stamattina, si sentono interventi liberi, autentici e appassionati: nel nostro partito dobbiamo avere la libertà di esprimere valutazioni, idee, opinioni, senza avere il timore di “disturbare” qualcuno se diciamo quello che pensiamo.
Noi che siamo qui abbiamo un’idea forte: il futuro della nostra Regione, il futuro del Partito Democratico ci riguardano, ci interessano e ci spenderemo tutte le nostre energie.”
Pubblicato il 28 Luglio 2009
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