Un’indagine fresca, con 400 inviti a dedurre, sulle consulenze concesse dagli alti dirigenti del ministero dell’Economia? Se ne occupa la procura della Corte dei Conti del Lazio. Ma i pm contabili potrebbe vedersi costretti a fare marcia indietro perché, prima di indagare, devono essere certi di avere tra le mani «una specifica e precisa notizia di danno». Non solo: devono sapere, prima ancora di avviare l’accertamento, che quel danno «sia stato cagionato per dolo o colpa grave». Le inchieste sulle consulenze della Moratti, sulla clinica Santa Rita, sull’azienda dei trasporti di Genova? Tutto in fumo. Non basta: se a qualche procuratore della Corte dei conti, della Puglia o del Lazio, fosse venuto in mente di contestare al premier Berlusconi un «danno all’immagine», con l’apertura di un processo e la conseguente richiesta di un risarcimento allo Stato, per via del suo comportamento “allegro” tra villa Certosa e via del Plebiscito, ormai non potrà più farlo.
Perché un “lodo”, l’ennesimo del governo di centrodestra, può mettere in sicurezza i vertici del ministero dell’Economia, ma anche il presidente del Consiglio. Il “lodo” è quello del deputato Pdl Maurizio Bernardo, nato a Palermo ma eletto in Lombardia, in quota al presidente Formigoni, che nel suo emendamento al dl anticrisi scrive: «Le procure regionali della Corte dei conti esercitano l’azione per il risarcimento del danno all’immagine nei soli casi previsti dall’articolo 7 della legge 27 marzo 2001 numero 97». I «soli casi previsti» sono quelli della «sentenza irrevocabile di condanna». E quindi, ragionano alla Corte, poiché Berlusconi potrebbe non essere coinvolto penalmente per le feste nelle sue abitazioni, anche se ha danneggiato l’immagine dello Stato, nessuno potrà chiedergli un risarcimento.
La Corte dei conti è in subbuglio per il lodo Bernardo. Il procuratore generale Furio Pasqualucci si scontra duramente con il presidente, di nomina governativa, Tullio Lazzaro. Il primo scrive al presidente della Camera Fini per chiedergli di bloccare il lodo, il secondo è sospettato di essere, almeno in parte, l’ispiratore delle norme. Sicuramente di quella, bloccata da Fini perché non discussa in commissione Bilancio, che attribuisce al presidente l’iniziativa disciplinare contro i magistrati a cui il pg, finora unico titolare, non si può opporre. La norma potrebbe rispuntare al Senato e garantisce al presidente, che guida la sezione disciplinare, un potere totale sui processi contro i colleghi. Pasqualucci è stanco e ha deciso di lasciare anzitempo l’incarico. Ha già fatto sapere che se ne andrà a gennaio.
Non basta. Raramente, nelle leggi ad personam del Cavaliere, una quindicina di righe hanno assommato un intento che il pg Pasqualucci definisce «punitivo» contro la Corte e per l’Associazione dei magistrati «mette a rischio le indagini». Norme che l’opposizione alla Camera ha duramente contestato – Donatella Ferranti del Pd, Massimo Donadi dell’Idv – con l’idea, domani quando ci sarà il voto finale, di protestare ulteriormente. Ma tant’è: nel lodo Bernardo è scritto che la Corte potrà perseguire il danno erariale «di uno degli organi previsti dall’articolo 114 della Costituzione o altro organismo di diritto pubblico». Che significa restringere l’area dei soggetti indagabili e tirar via d’un colpo municipalizzate, enti mutualistici, comunità montane, Bankitalia. Come in ogni buona legge ad personam anche il lodo Bernardo si applica ai processi in corso. Dopo il “colpo” inferto dal ministro Brunetta (nel consiglio di presidenza della Corte, il loro Csm, i togati ridotti da 9 a quattro) e da Alfano (il presidente avoca a Roma, alle sezioni riunite, le questioni su cui c’è stato un giudizio difforme in periferia), il dl anticrisi rischia, come dice l’Associazione magistrati, di «ridurre la nostra autonomia e indipendenza».
La Repubblica, 27 luglio 2009