A una settimana dall’inferno di Viareggio, le domande restano intatte: come è potuto accadere? Perché è potuto accadere? E soprattutto: può accadere ancora? Se si sta al canovaccio proposto sin qui da addetti e autorità politica, la strage del treno merci 50325 Trecate-Gricignano è affare di tutti e dunque di nessuno.
Pronta per essere consegnata ad una catena di responsabilità edulcorate, impastate nei ruoli (Fs, la società committente, Gatx, la proprietaria dei carri, Cima Riparazioni, l’azienda che ha sostituito l’assale spezzato causa del deragliamento), annegate in cervellotiche tecnicalità e normative di settore. Insomma, una notte in cui tutti i gatti sono grigi. E non deve essere un caso. Perché c’è una parte di questa storia, a ben vedere ben più nitida, che non fa comodo a nessuno raccontare e di cui pochi hanno voglia di parlare. Che illumina lo sfondo oscuro della strage e dunque può cominciare a dare risposta alle domande che pone. Una storia su cui lavora da tempo e a fari spenti la Guardia di Finanza (prima con la Procura di Santa Maria Capua Vetere, ora con quella di Napoli) con un’inchiesta durante la quale, tra gli altri, è stato per altro ascoltato come testimone anche l’attuale amministratore delegato di Fs Mauro Moretti. Che, non più tardi di due anni e mezzo fa, è stata oggetto di un audit interno delle Fs. Che documenta l’esistenza di un mercato nero della componentistica, della manutenzione e della rottamazione dei carri merci.
Una terra di nessuno dove circolano vagoni che risultano rottamati, ma tali non sono. Dove accade che una “sala montata” (il complesso di asse e ruote del carrello) criccata – esattamente come quella di Viareggio – possa tornare sul mercato punzonata e certificata come “pronta al montaggio” (che è esattamente quel che è accaduto alla Cima di Mantova quando ha ricevuto il materiale dalle officine della Gatx di Hannover) in una cosmesi che non lascia traccia, almeno fino a quando non uccide.
Tutto cominciò tre anni fa. Curiosamente nelle stesse terre cui era destinato il merci 50325. La provincia di Caserta. Nel 2006, vengono ritrovati due carri merci delle Ferrovie dello Stato su un binario morto nelle campagne di Sessa Aurunca. Hanno la matricola del telaio abrasa (proprio come un’auto rubata). Ma, quel che è peggio, non dovrebbero neppure esistere, perché dagli inventari dell’azienda risultano rottamati da tempo. L’allora amministratore delegato di Fs, Roberto Testore (lascerà la carica nel settembre di quell’anno), dispone immediatamente un audit interno. Gli esiti svelano un abisso.
“L’audit di Fs – racconta oggi una qualificata fonte investigativa – scoprì una gestione dei cargo a dir poco pazzesca. Gli accertamenti interni verificarono che, dei carri merci che allora erano inventariati dalle Fs, ne mancavano all’appello almeno duemila. Nessuno sapeva dove fossero finiti. Ma, soprattutto, furono ritrovati, dopo quelli di Sessa Aurunca, almeno una decina di altri carri merci che risultavano regolarmente rottamati e, al contrario, erano in carico a società private che incrociavano nella zona di Bologna e Livorno”. Carrette vendute al mercato nero e adibite per lo più al trasporto di ghiaia e altro materiale di movimento terra. Inesistenti negli archivi del patrimonio rotabile delle Ferrovie, ma regolarmente circolanti sulla sua rete.
L’audit accerta anche dell’altro. L’allora responsabile della manutenzione merci, Raffaele Arena, ha affidato nel tempo la manutenzione e revisione periodica di migliaia di carri senza uno straccio di gara. Per ragioni di “tempo ed efficienza”, le aziende che devono verificare l’integrità dei carelli e la tenuta dei carri, ovvero rottamare gli uni e gli altri, sono state scelte con trattativa privata. Diverse sono campane, alcune lavorano in zone di camorra e hanno un profilo societario opaco. Una, la Mavis srl, risulta di proprietà del cugino di Arena, tale Carmine D’Elia.
Nel 2006, insomma, le Ferrovie scoprono di non avere, di fatto, un reale controllo sulla manutenzione della propria flotta merci. Con il nuovo amministratore delegato Moretti, Arena viene spostato dal merci alla manutenzione dell’Alta Velocità. Quindi, sulla base degli esiti dell’audit interno, allontanato dall’azienda. Mentre l’inchiesta che nel frattempo ha avviato la Guardia di Finanza contribuisce a rendere il quadro ancora più fosco. L’indagine accerta infatti che intorno al ciclo spesso fasullo della rottamazione e della manutenzione è cresciuto un mercato nero della componentistica che cannibalizza materiale rotabile di fatto non più in grado di circolare (carri e carrelli), ma che viene reimmesso nel circuito come regolarmente certificato. Centinaia di “sale montate” vengono rivendute alle stesse Ferrovie. Altre prendono la strada di mercati che hanno come acquirenti società private proprietarie dei loro carri.
E dunque: quante “sale montate” criccate, ma date per “pronte al montaggio”, circolano sul mercato? È possibile che, nel caso di Viareggio (dove, come è ormai noto, i carri non erano di proprietà delle Fs), la “sala” messa a disposizione della Cima Riparazioni di Mantova dalla Gatx avesse una provenienza opaca? Una fonte investigativa allarga le braccia. E invita però a osservare una curiosa coincidenza: “A Viareggio è stata una strage. Ma qualcuno ha provato a collegare la strage di lunedì con quanto è accaduto a Prato tre settimane fa?”. Un altro deragliamento di merci. Il 22 giugno, alle 5 e 10 del mattino, tra Vaiano e Prato, all’altezza della località Canneto, un convoglio di quindici carri che trasporta acido fluoridrico esce dalla sede rotabile, trascinando la propria corsa per oltre due chilometri e mezzo, prima di urtare, fortunatamente senza danni alle persone, il locomotore di un treno regionale che marcia in direzione opposta. I primi accertamenti condotti sul luogo dell’incidente, documentano le ragioni del deragliamento nella “perdita degli assi rotabili portanti del carro numero 9” (ne risulterà proprietaria una società privata genovese). Dunque, ancora un problema con le “sale montate”.
Il riferimento dell’investigatore è sufficientemente chiaro. Il mercato dei merci ha conosciuto da tempo un forte inquinamento. Le modalità degli incidenti cominciano a essere troppo simili. E nessuno è in grado davvero di dire quanta componentistica avariata, ma data per buona, circoli. Anche perché, come spiega lo stesso Giuseppe Pacchioni, amministratore unico della Cima Riparazioni spa, “normalmente il materiale usurato viene sostituito con altro materiale che ovviamente è certificato ma è già usato”. “Di “sale montate” nuove – aggiunge Pacchioni – non ne compra nessuno per fare le manutenzioni. Perché possono costare fino al triplo di una “sala” usata”. Quella che ha ucciso a Viareggio arrivava da Hannover. Dove la ha acquistata la Gatx? Da chi? Chi ne ha certificato la regolarità? E in Italia, quanta roba cannibalizzata e criccata circola?
La Repubblica, 6 luglio 2009