Trentasette miliardi di euro in meno di entrate nel bilancio dello Stato, annuncia Silvio Berlusconi: questo, nelle cifre aggiornate del Tesoro. è l’effetto della crisi. E’ una cifra drammatica quella uscita ieri a Napoli, proprio mentre il presidente del consiglio insiste nella polemica contro il «catastrofismo» di televisioni e giornali, e propone che dal vertice del G-8 esca «un messaggio di speranza».
Sarà questo calo del gettito fiscale a spingere il deficit pubblico 2009 al 5% del prodotto lordo, «se da qui a fine anno non cambia nulla» precisa il capo del governo. Sono i numeri che presto compariranno del Dpef, il documento programmatico del ministro Giulio Tremonti; e che certo porteranno l’opposizione a ripetere che l’evasione fiscale è in crescita.
E’ normale che una crisi economica grave riduca il gettito fiscale. Le imprese fanno meno profitti, e va giù l’Ires. Le vendite diminuiscono, e va giù l’Iva. Già nelle previsioni governative dell’aprile scorso (la Relazione unificata del Tesoro) Tremonti aveva messo in bilancio 727 miliardi di entrate, tra tasse contributi e altro, contro i 767 del Documento di programmazione dell’estate precedente.
Ma fino a quale misura è normale il calo del gettito? E oltre a quale misura si sospetta evasione fiscale in aumento? Gli esperti ne discutono. Il governatore della Banca d’Italia ha notato che nel 2008 il gettito dell’Iva – che dovrebbe andare di pari passo con i consumi – è diminuito dell’1,5%, mentre i consumi, in valori monetari, crescevano del 2,3%. Può essere che i consumi, nella crisi, si siano spostati verso beni ad aliquota Iva più bassa. Però può anche essere che come reazione alla crisi i contribuenti evadano di più; secondo l’opposizione, a causa di alcune norme come l’abolizione dell’elenco clienti-fornitori.
Nel decreto-legge di venerdì scorso sono contenute anche alcune misure contro l’evasione fiscale. Il Partito democratico ha osservato che una di esse, il ritorno a maggiori controlli sulle compensazioni fra tributi, cancella un opposto provvedimento adottato dallo stesso governo l’anno scorso. «Quando tolsero il filtro alle compensazioni, non prevedevano perdita di gettito, ora che lo rimettono prevedono di recuperare evasione» protesta l’ex ministro Vincenzo Visco. Berlusconi ripete che il governo è riuscito a tenere in ordine i conti pubblici «senza mettere le mani nelle tasche degli italiani». Ma, contrariamente ai progetti originari, il deficit pubblico salirà ben oltre il massimo consentito dalle regole europee, che è il 3% del prodotto lordo: al 5% appunto. E’ molto meno di quanto accadrà in altri paesi, come la Francia che viaggia verso il 6-7%. Però è molto per un paese le cui misure anticrisi, come vanta Tremonti, non hanno inciso sui conti dello Stato, perché hanno spostato fondi da un impiego all’altro.
Nell’insieme, le nuove cifre annunciate ieri dal presidente del consiglio adeguano agli sviluppi della crisi la Relazione del tesoro di aprile. Lì si metteva in conto un calo del prodotto lordo 2009 pari al 4,2%; ora si pensa a circa il 5%. Ed è consueto che la Ragioneria dello Stato calcoli mezzo punto di deficit in più ogni punto di minor crescita. Quindi il deficit, calcolato in aprile nel 4,6% del prodotto lordo, ora è visto avvicinarsi al 5%. Siamo in linea con i rapporti delle organizzazioni internazionali, come pure con le valutazioni della Banca d’Italia.
La Stampa, 30 giugno 2009