Un numero, 63.741, turba da qualche giorno i sonni del Guardasigilli Angelino Alfano. È la cifra record di detenuti presenti nelle carceri che supera perfino la capienza massima stabilita in 63.702 posti letto. Ma agli incubi del ministro della Giustizia, pressato ogni giorno dalle proteste dei sindacati della polizia penitenziaria (Uilpa, Sappe, Osapp), non corrisponde un ripensamento del collega dell’Interno Roberto Maroni che questa settimana, da martedì a giovedì in aula al Senato, seguirà l’ultima battaglia per approvare definitivamente il contestato ddl sicurezza che introduce nel testo unico sull’immigrazione (la Bossi-Fini) l’articolo 10bis, il reato di immigrazione clandestina, aggrava le sanzioni (con più carcere) per gli stranieri che non rispettano l’ordine di espulsione, prevede pene più severe e senza sconti per chi scippa o rapina un anziano o una persona vicino a banche, uffici postali, scuole. È la legge divenuta famosa perché costringerà medici e presidi a denunciare gli immigrati senza permesso di soggiorno. È quella che metterà in strada le ronde di privati cittadini con l’obiettivo di andare a caccia di immigrati senza permesso. È una legge che produrrà più carcere. Da quasi 68mila detenuti si arriverà presto a 70mila, visto che gli inquilini dei penitenziari aumentano di 800-mille unità al mese. Ma Alfano e Maroni non arretreranno, com’è avvenuto alla Camera a metà maggio, dal ricorrere al voto di fiducia se l’opposizione, con un forte ostruzionismo, dovesse mettere a rischio il voto.
Come scrivono Lucia Castellano, direttore del carcere di Bollate, e Donatella Stasio, giornalista del Sole 24 ore, nel libro Diritti e castighi (Il Saggiatore), «il sovraffollamento è causa ed effetto di politiche schizofreniche che producono carcere e poi cercano di correre ai ripari, che proclamano la tolleranza zero e rivendicabo la certezza della pena ma non promuovono né libertà, né legalità, né sicurezza». «Misure spot di grande visibilità mediatica, di modesta efficacia deterrente e, talvolta, di dubbia legittimità costituzionale». Proprio come in questo caso, e per giunta su un caposaldo della legge, il reato di «ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato». Ex presidenti della Consulta come Gustavo Zagrebelsky e Valerio Onida, componenti del Csm come Livio Pepino, avvocati come il presidente delle Camere penali Oreste Dominioni, studiosi di diritto come Giovanni Fiandaca, Luigi Ferrajoli, Guido Neppi Modona, Stefano Rodotà, magistrati come Armando Spataro, Giovanni Palombarini, Elena Paciotti hanno firmato un appello per chiedere al governo di fermarsi. La norma è irragionevole, e quindi incostituzionale, perché «criminalizza mere condizioni personali». Si punisce uno stato, l’essere straniero, non un comportamento criminale. Ma all’appello del 25 giugno non è seguito alcun ripensamento.
Tolleranza zero e più carcere. Con il rischio, messo su carta dai sindacalisti Eugenio Sarno (Uilpa), Donato Capece (Sappe), Leo Beneduci (Osapp) e da Francesco Ceraudo, direttore del dipartimento per la salute in carcere della Toscana, che nelle carceri scoppino rivolte. Ne parlerà domani il responsabile dell’associazione Antigone Patrizio Gonnella che presenta il sesto rapporto dal titolo indicativo Oltre il tollerabile. La soluzione potrebbe essere solo una, una nuova amnistia come ipotizzava ieri a Chianciano la radicale Rita Bernardini. Ma da sempre Alfano e Maroni hanno detto che «nell’agenda del governo non ci sono né indulti né amnistie». Dunque non resta che prepararsi all’estate calda del rischio rivolte in carceri.
La Repubblica, 29 giugno 2009