L’Istituto Superiore di Sanità è il principale centro di ricerca e consulenza scientifico-tecnica in materia di sanità pubblica. Ma rischia di perdere 1200 ricercatori e di subire un forte controllo politico.L’Istituto Superiore di Sanità (Iss) è in mobilitazione permanente. A creare forti perplessità ci sono sia le famose disposizioni Brunetta/Tremonti, che vorrebbero mandare a casa un bel po’ di precari per «fare cassa», sia il disegno di legge 1167 in discussione al Senato che prevede una delega al governo per il riordino dell’ente.Il personale dell’Iss vuole stabilire un robusto ponte di collegamento con l’opinione pubblica. Perché è convinto (a ragione) che il destino dell’Iss non sia un problema settoriale che riguarda pochi lavoratori della ricerca biomedica, ma un problema generale: che riguarda il modo con cui l’Italia intende continuare a tutelare la salute di noi tutti. L’Iss è, infatti, il principale centro di ricerca, controllo e consulenza scientifico-tecnica in materia di sanità pubblica. E il suo personale compatto si riconosce pienamente in questa missione, come ha dichiarato in un convegno organizzato a Roma.
Due i punti critici
Il primo riguarda il precariato. Le persone che al primo gennaio 2009 lavoravano all’Iss erano 2.730. Tra loro i lavoratori a tempo indeterminato erano 1.528: il 56% del totale. I restanti 1.202 risultavano precari. Ma si tratta di precari davvero particolari, come ha dimostrato lo studio illustrato da Nicola Vanacore (un precario che ha un curriculum scientifico degno di un direttore di ricerca). In primo luogo perché sono dei precari, per così dire, stabili: la loro anzianità media di lavoro nell’Istituto è infatti di 8,5 anni. In secondo luogo perché sono altamente produttivi: il 60,6% degli articoli scientifici pubblicati dall’Istituto hanno la firma di almeno un precario. Addirittura nel 20% dei casi il primo autore ha un contratto da precario. Poco meno del 50% dei rapporti tecnici Lì redatti sono firmati anche da precari.
I PRECARI SONO ESSENZIALI
In pratica: i lavoratori precari della ricerca sono parte coessenziale dell’Iss. Il governo vorrebbe mandarli a casa, in toto o in parte. Generando danni sia sul piano umano – 1.200 persone altamente qualificate che rischiano di ritrovarsi dopo un decennio di attività senza lavoro – sia danni scientifici: può la sanità pubblica italiana fare a meno di questa ricchezza? Il secondo aspetto riguarda l’autonomia dell’Iss, ovvero di un istituto che ha una grande tradizione e un grande prestigio sia scientifico sia tecnico. Il disegno di legge consegna una delega in bianco al governo per un riordino di cui nessuno avverte la necessità. Riordinare, ma perché? E per cosa? Quale deve essere la missione dell’Istituto in futuro nell’ambito della sanità pubblica? Nessuno ha risposto a queste domande. Molti temono che la delega possa portare sia a un cambiamento delle funzioni dell’Iss (in coerenza con la politica del governo Berlusconi che mira a erodere lo spazio della sanità pubblica), sia a un aumento del controllo politico: come è avvenuto in questi mesi in molti altri Enti pubblici di ricerca. Per esempio all’Asi, dove il governo intende nominare un presidente senza aver consultato la comunità scientifica. O all’Ispra, che il governo sta facendo dirigere addirittura da un prefetto.
L’Unità, 29 giugno 2009