È cominciata l’offensiva per riequilibrare l’immagine di Silvio Berlusconi, un po’ sgualcita dall’alone di scandalo che l’ha accompagnata nelle ultime settimane. Ma non c’è alcun cambiamento di stile, nel presidente del Consiglio; e neppure l’ombra di un’autocritica. L’operazione è affidata alla miscela di ottimismo e spavalderia che ha sempre connotato il personaggio; e alla liquidazione delle accuse su alcune delle sue frequentazioni femminili come «calunnie e spazzatura». E poi c’è la riunione del G8 all’Aquila dall’8 al 10 luglio prossimi: un vertice che i suoi avversari vorrebbero trasformare nella sua pietra tombale; e che invece Berlusconi vuole usare per il proprio rilancio. Le voci che accreditavano diserzioni eccellenti si sono rivelate false. Ed il capo del governo italiano può rovesciare a proprio vantaggio la situazione.
È una corsa un po’ affannata. Ma ieri Berlusconi ha potuto annunciare che l’8 luglio il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ed il presidente francese, Nicolas Sarkozy, visiteranno l’Abruzzo terremotato con lui; e nei giorni successivi toccherà agli altri. «Non ci sarà nessuna conseguenza sul G8 per questa campagna denigratoria», ha detto a Coppito, la sede della Guardia di Finanza che ospiterà la riunione. Ha ribadito che a settembre «chiuderemo le tendopoli». E agli avversari ha fatto sapere con una punta di soddisfazione che le conseguenze dell’offensiva si scaricheranno «solo su chi la fa». È la conferma che non ha la minima intenzione di dimettersi; ma soprattutto che combatterà: non ha alternative.
Qualcuno gli aveva consigliato amichevolmente di modificare il suo stile di vita. La prudenza delle gerarchie cattoliche vela ma non nasconde del tutto il malessere di una parte di quel mondo. E a livello europeo, la stampa ed i parlamentari britannici martellano contro Palazzo Chigi: si tratti di questioni private del premier o di rapporto fra media e politica. Il Financial Times scrive velenosamente che alcuni ministri già pensano al «dopo»; e che Berlusconi non può gettare la spugna solo perché perderebbe l’immunità di cui oggi gode come le altre cariche al vertice dello Stato. Eppure, il presidente del Consiglio non ha l’aria di preoccuparsene troppo. La sua linea di difesa è: «Sono fatto così e non cambio. Gli italiani mi vogliono così…».
Berlusconi sventola il solito indice di gradimento da record, «nonostante quello che si legge e si scrive». D’altronde, sa che di qui all’autunno difficilmente dovrà preoccuparsi degli attacchi dei suoi avversari. Il Pd è ripiegato su se stesso, in vista di un congresso che si profila come il primo vero scontro interno nella sua breve storia. Ed i risultati di europee ed amministrative fanno dire al Pdl di essere ormai «l’unico partito nazionale»: una replica insieme al centrosinistra e alla Lega. Politicamente è blindato. E per ora appare in grado di gestire il rapporto con il partito di Umberto Bossi, vero vincitore delle europee e delle amministrative. Le uniche incognite teoriche possono arrivare da un fronte economico a rischio, nonostante l’ottimismo berlusconiano; e da altri veleni e rivelazioni sulla sua vita privata.
«Abbiamo tutti troppo paura della crisi», ha ammesso ieri il premier. Ma occorre «uscire dalla cappa negativa», aggiunge, confortato dalla gestione economico-finanziaria del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Rimane la prospettiva di minore crescita e più deficit: una realtà che costringe a rivedere le stime del governo in nome di un atteggiamento definito «realista». Il secondo versante rimane insidioso, ma già arato dagli avversari. Se per caso esisteva un tentativo di spallata contro il governo usando quegli argomenti, per ora è fallito: a frustrarlo sono stati in primo luogo i risultati elettorali del centrodestra. E la reazione a muso duro del premier fa pensare che i contraccolpi di vicende del genere siano destinati ad affievolirsi: anche se soltanto sul piano politico.
Il Corriere della Sera, 26 giugno 2009