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“Financial Times: Berlusconi alleato difficile per Usa e Ue”, di Elysa Fazzino

Silvio Berlusconi è diventato un alleato «difficile» per i partner Usa e Ue: lo scrive James Blitz sul Financial Times, che in un articolo da Londra prende di mira non la vita privata ma la performance politica del premier italiano. Sotto tiro, in particolare, l’accordo con la Russia per il gasdotto South Stream e le recenti aperture all’Iran.
«L’immagine di Berlusconi – si legge sul Ft – sarà stata gravemente danneggiata dalla valanga di storie sui suoi presunti legami con modelle e starlette. Ma per i governi occidentali la questione cruciale non è cosa il Primo ministro italiano fa nella sua vita privata ma se può contribuire a risolvere i pressanti problemi che hanno di fronte gli Usa e l’Unione europea». L’articolo ha titoli eloquenti sul sito del Financial Times: «Usa e Ue si concentrano sulla perfomance del premier italiano sulla scena politica», «Alleato indispensabile mette alla prova la pazienza di Usa e Ue».
Per l’amministrazione Obama, continua Blitz, Berlusconi è un leader con cui bisogna avere a che fare: l’Italia, a differenza di altri Paesi Nato, appoggia la missione internazionale in Afghanistan e non ha nessuna intenzione di ritirare le truppe italiane. Berlusconi è diventato uno dei primi leader Ue a promettere di accogliere detenuti di Guantanamo. Ma Obama è meno entusiasta di Berlusconi di quanto non lo fosse il suo predecessore, George W. Bush.
«Il declino dell’influenza di Berlusconi non è tutta per colpa sua», concede il commentatore. I governi di Francia e Germania ora sono pro-Usa e l’Italia conta di meno per la Casa Bianca.
Tuttavia, alcune delle azioni di Berlusconi «lo hanno reso un alleato difficile». Secondo i diplomatici interpellati dal Ft, ha creato molti malumori la decisione di Berlusconi di firmare un accordo con la Russia per accelerare la costruzione del gasdotto South Stream, in concorrenza con il gasdotto Nabucco appoggiato da partner occidentali. L’appoggio di Berlusconi per Vladimir Putin su questo dossier «sta provocando molta rabbia a Washington e a Bruxelles».
L’Italia, si legge ancora sul Financial Times, quest’anno «ha fatto infuriare la Gran Bretagna cercando di stabilire un dialogo diplomatico con l’Iran».
La prossima grande sfida di Berlusconi è il G8 a L’Aquila, ma la decisione di riunire i leader in una città appena colpita da un terremoto «sta causando nervosismo nelle capitali mondiali».
«Fuggi fuggi»?
Oltre che sul fronte della politica internazionale, il Financial Times oggi sferra fendenti anche su quello della politica interna italiana. Alla ribalta, i contraccolpi degli scandali. Scrive il corrispondente da Roma, Guy Dinmore: «I più stretti sostenitori di Berlusconi negano che ci sarà un “fuggi fuggi” sulla scia degli scandali», ma «vecchi alleati della coalizione di centro-destra stanno già contemplando un futuro politico senza il loro leader di vecchia data».
Citando anonime fonti governative, Dinmore riferisce che queste non prevedono imminenti dimissioni di Berlusconi. «Ma ministri chiave stanno cominciando a posizionarsi nell’eventualità che rivelazioni ancora più dannose lo costringano a farsi da parte».
Le persone che hanno parlato con il Ft parlano di «sabbie mobili» e di «scenario completamente nuovo». Circola il timore che i pm facciano l’annuncio di un’inchiesta ufficiale proprio mentre Berlusconi ospiterà il G8. Proprio come accadde nel 1994, quando gli fu annunciata l’inchiesta per corruzione mentre presiedeva una conferenza Onu sul crimine.
Secondo le fonti governative, le dinamiche sono cambiate. Prima di tutto c’è la sensazione – scrive Dinmore – che le ambizioni di Berlusconi di diventare presidente della Repubblica siano state spezzate. Inoltre, «le elezioni europee hanno mostrato che gli elettori si stanno allontanando», «l’immagine internazionale dell’Italia è calata» e la Chiesa cattolica «sta esercitando pressioni».
Nonostante la sua immagine di ricco miliardario che distribuisce agli amici regali e feste, «gli alleati lo dipingono come un uomo isolato, con nessuno che osi dargli un consiglio personale». Dinmore definisce «malinconica» l’intervista a Chi.
Ma Berlusconi è il «collante» che tiene insieme la sua coalizione. Non c’è un successore evidente, il Pdl non ha un vice.
Secondo il Financial Times, i ministri il cui futuro dipende da Berlusconi lo difendono: Maurizio Sacconi (Welfare), Claudio Scajola (Sviluppo economico) e Franco Frattini (Esteri). Le donne formate da Berlusconi, compresa Mara Carfagna (Pari Opportunità) e Stefania Prestigiacomo (Ambiente), sono leali, ma non parlano.
«Poi – continua il Ft – ci sono figure chiave, che sono rimaste in silenzio o hanno preso le distanze, che vedono un futuro oltre Berlusconi, sperando che l’eventuale successione sia ordinata».
Gianni Letta è il più vicino a Berlusconi «e di fatto sta operando come primo ministro». Giulio Tremonti «ha il vantaggio di stretti legami con la Lega Nord». Gianfranco Fini «sta coltivando una rispettabile immagine di statista».
Ma «come un potentato medio-orientale che non si può permettere di lasciare la scena», conclude Dinmore, c’è un serio ostacolo alle dimissioni di Berlusconi: la sua immunità dura solo finché resta in carica.

Il Sole 24Ore, 25 giugno 2009