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“Il premier smentisce le ipotesi di governi tecnici. Rischio logoramento che fa riaffiorare voci sulla successione”, di Massimo Franco

L’ accenno è stato fatto per scansare voci e for­se speranze di una crisi a breve del governo. Ma smentendo davanti ai vertici di Fiat e sin­dacato che Giulio Tremonti e Mario Draghi possano prendere il suo posto a palazzo Chigi, ieri Silvio Berlusconi ha ammesso che se ne parla. Ha confermato implicitamente che la sua leader­ship sta subendo un lento processo di appannamento; e che sotto traccia qualcuno forse ha ricominciato ad accarezzare il progetto della successione: Magari incoraggiato da qualcuno degli avversari del Cavaliere. È verosimile che non si tratti né del ministro dell’Economia, né del governatore di Bankitalia; semmai, di questi piani Tremonti e Draghi sono vittime. C’è di più. Proprio per il modo in cui l’offen­siva contro il premier sta avve­nendo, qualunque possibilità di un delfinato riconosciuto diven­ta più difficile. Berlusconi non l’ha mai davvero preso in consi­derazione. Ed il sospetto che qual­cuno ci stia lavorando è destina­to ad acuire diffidenze e ostilità.
Il Pd gli chiede di dare spiegazioni sugli episodi nei quali secondo la magistratura sarebbe coinvolto; oppure di andarse­ne. Ma il presidente del Consiglio sa di avere dalla sua parte il timore diffuso che una crisi improvvisa e traumatica crei un pericoloso vuoto di potere. Una caduta sull’onda di un’offensi­va extrapolitica rischierebbe di lasciare il Paese senza una mag­gioranza; e con la prospettiva di un commissariamento di fatto dell’esecutivo, slegato dal responso elettorale: un ritorno agli ambigui governi «tecnici» dell’inizio degli Anni 90 del secolo scorso.
Va detto che si tratta di un’eventualità remota. Intanto, il si­stema politico non è delegittimato come allora. La difesa a spa­da tratta da parte del Pdl, e quella «da garante», vagamente pa­dronale, della Lega lasciano capire che per ora il pericolo non esiste. Viene rilanciata la tesi del complotto ordito da pezzi del­l’opposizione e della magistratura. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, mostra un larvato scetticismo all’idea dell’«ag­gressione di un nemico, interno o esterno». Ma i più avvertiti nel centrodestra sanno che non si può prevedere quello che ac­cadrebbe se e quando Berlusconi decidesse o fosse costretto ad un passo indietro.
Sta affiorando un problema, però. Riguarda le incognite ed i contraccolpi provocati dal viavai di un’umanità assai variopin­ta nelle residenze del premier. Basti pensare alle domande po­ste a Bruxelles sull’opportunità della candidatura di Mario Mau­ro alla presidenza dell’Europarlamento, viste le vicende private del capo del governo italiano. Il suo avvocato e consigliere, Nic­colò Ghedini, ha già detto e ripetuto che Berlusconi non è ricat­tabile. Eppure, magari in modo strumentale, dall’opposizione fioccano domande pesanti, che rimandano alla zona grigia crea­ta da queste frequentazioni: perfino per la sicurezza nazionale. Forse sono questi aspetti collaterali a far riflettere ed a preoccu­pare maggiormente.

Il Corriere della Sera, 19 aprile 2009

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