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“Obama al Cairo per far pace con l’Islam. «Sono qui per cercare un nuovo inizio»”

«Tutti i popoli del mondo possono vivere in pace tra loro. È questo il disegno di Dio». Barack Obama lo ha detto chiaramente, in conclusione del suo atteso discorso all’università del Cairo, citando brani del Corano, del Talmud, della Bibbia. E lo ha ribadito più volte nel corso di un intervento durato circa un’ora nel corso del quale ha raccolto tanti applausi e qualche fischio e ha gettato le basi per quello che lui stesso ha definito un «nuovo inizio» nei rapporti tra l’Occidente e il mondo islamico. Deciso ad invertire la tendenza e a spegnere le tensioni che si sono accumulate negli otto anni dell’amministrazione Bush, Obama ha parlato della necessità di superare la questione israelo-palestinese con la creazione di due Stati sovrani e indipendenti; ha aperto spiragli all’eventualità che l’Iran sviluppi programmi nucleari per scopi civili; e ha confermato che gli Stati Uniti non hanno alcuna intenzione di colonizzare Afghanistan e Iraq, insediandovi proprie basi militari. Tutt’altro: entro il 2012, ha annunciato il presidente americano, sarà completato il ritiro delle truppe dall’Iraq, ponendo fine a un intervento militare che lo stesso Obama giudica ora negativamente. «La paura – ha detto – dopo l’11 settembre ci ha portato ad agire anche contro i nostri ideali».

UN NUOVO INIZIO – «Sono qui per cercare un nuovo inizio – ha detto Obama esordendo sul palco dell’università -. Dobbiamo fare uno sforzo per rispettarci a vicenda. Non siamo in contrapposizione, possiamo arricchirci a vicenda. Certi cambiamenti non avvengono in un giorno, ma dobbiamo provarci». «Gli eventi in Iraq – ha detto ancora Obama che all’inizio del discorso ha citato il colonialismo, la guerra fredda e la globalizzazione come cause di divisione dell’Islam e dell’Occidente – hanno ricordato all’America la necessità di usare la diplomazia e creare consenso internazionale per risolvere i nostri problemi ogni volta che è possibile».

«NIENTE STEREOTIPI» – Obama ha poi sottolineato la necessità di superare gli stereotipi: quelli dell’Occidente nei confronti dell’Islam, ma anche quelli nei confronti dell’America. «Perché siamo una società che nasce dalla ribellione ad un impero – ha detto il presidente Usa -, una nazione in cui tutti hanno la possibilità di realizzare se stessi. C’è un pezzo di mondo musulmano in America e noi abbiamo sempre fatto di tutto per difenderne le prerogative e i diritti. In ognuno dei nostri Stati, ad esempio, c’è una moschea».

AFGHANISTAN E IRAQ – Obama ha però messo alcuni punti fermi. Ad esempio la lotta al terrorismo, giudicata inevitabile. E la netta distinzione tra la caccia agli estremismi e una guerra all’Islam che non c’è. L’intervento militare in Afghanistan, ha detto, è stato inevitabile. Diversamente quello in Iraq, «che è stata una scelta» e che «è stato contestato anche nel nostro Paese». È molto meglio oggi la vita senza Saddam Hussein, ha sottolineato Obama, ma ha anche ribadito la necessità di un Iraq libero che vada avanti con le proprie gambe e per questo gli Usa ritireranno tutte le truppe entro il 2012, senza lasciare nel Paese alcuna base militare.

«LA QUESTIONE PALESTINESE» – Obama ha poi parlato della necessità di superare la violenza del conflitto mediorientale. Israele, ha detto il capo della Casa Bianca, deve accettare l’esistenza di uno stato palestinese e viceversa Hamas deve riconoscere l’esistenza di Israele. «Ci sono già state troppe lacrime» ha detto Obama. Il presidente Usa ha poi contestato apertamente, in un passaggio sottolineato dagli applausi, la necessità che Gerusalemme interrompa la politica degli insediamenti. E ha ricordato le difficoltà della vita nei campi profughi e nelle zone occupate dall’esercito israeliano. Ma ha esortato i palestinesi ad interrompere da subito la violenza: «Lanciare razzi che uccidono bambini che dormono o donne che salgono su un autobus non è segno di potere». Insomma, la soluzione che prevede due Stati per due popoli e «l’unica soluzione». Tutti noi, ha ribadito Obama, dobbiamo lavorare per il giorno in cui Gerusalemme «sarà il luogo dove tutti i figli di Abramo potranno mescolarsi in pace».

«Sì AL NUCLEARE PACIFICO» – Obama ha anche detto che nessuna nazione dovrebbe interferire sulle scelte energetiche degli altri. «L’Iran – ha precisato – dovrebbe avere accesso al nucleare pacifico, ma deve aderire al Trattato di non-proliferazione». Il confronto sul controverso programma nucleare iraniano è in ogni caso «a una svolta decisiva». Washington, ha spiegato Obama, è pronta ad «andar avanti senza condizioni preliminari». Un approccio che aiuterà a prevenire una corsa agli armamenti nucleari in Medio Oriente. Ma la Casa Bianca, ha chiarito il presidente, procederà al contempo con coraggio, rettitudine e risolutezza nei confronti della repubblica islamica. Obama ha riconosciuto il ruolo degli Stati Uniti lo scorso secolo nella destituzione del governo iraniano democraticamente eletto e che sarà difficile superare decenni di sfiducia.

RELIGIONE E DIRITTI DELLE DONNE – Tra gli altri punti toccati dal capo della Casa Bianca, vi sono la necessità di lavorare per una sempre maggiore estensione dei diritti civili e per la parità tra uomo e donna, per la libertà religiosa in ogni parte del mondo e per fare sì che lo sviluppo economico e la globalizzazione creino opportunità ovunque, e non siano al contrario causa di problemi.

LA VISITA LAMPO – La capitale egiziana è stata blindata per l’arrivo di Obama, che si è trattenuto per poco più di nove ore, fino al primo pomeriggio. Prima dell’intervento all’università, il presidente americano ha avuto modo di incontrare per un faccia a faccia a porte chiuse il presidente egiziano Hosni Mubarak e per una visita alla moschea del sultano Hassan, all’università e alle piramidi. Alle 18.40, con circa 40 minuti di ritardo sulla tabella di marcia, il presidente ha lasciato il Cairo per la Germania. Ai piedi della scaletta dell’Air Force One, Obama è stato salutato dal ministro degli esteri egiziano Ahmed Abul Gheit, che lo aveva accolto all’arrivo, e dall’ambasciatrice americana al Cairo Margaret Scobey. Hillary Clinton è ripartita dal Cairo poco prima di Obama. In serata il presidente è arrivato in Germania dove venerdì incontrerà il cancelliere tedesco Angela Merkel e visiterà il campo di concentramento di Buchenwald. L’Air Force One è atterrato a Dresda, città che fu quasi interamente distrutta dai bombardamenti degli alleati nel 1945. Prima di volare in Francia per le commemorazioni del 65.mo anniversario dello Sbarco in Normandia, il presidente americano farà una breve tappa all’ospedale militare di Landstuhl.

Il Corriere della Sera, 5 giugno 2009

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