La misura sembra colma. E i terremotati scendono in piazza. «Giovedì, prima che la Camera approvi il decreto-vergogna, tutti alla pista dell’aeroporto di Preturo» aveva ipotizzato il primo cittadino dell’Aquila Massimo Cialente (Pd) sabato scorso dopo la riunione con i sindaci dei comuni colpiti dal sisma. Poi la segreteria della Camera ha informato che il voto sul decreto slitta a dopo le europee, due mesi dopo il sisma, un tempo infinito. E ieri mattina, nella conferenza stampa in cui i sindaci dovevano annunciare di aver disseppelito l’ascia di guerra, lo stesso Cialente è sembrato tornare sui suoi passi. Ricondotto a più miti consigli. Dalla stessa Presidenza del Consiglio, forse, o da Guido Bertolaso, il supercommissario dell’emergenza e della ricostruzione, che avrebbe qualche difficoltà a gestire una manifestazione di piazza e di rabbia contro il decreto. «Ma noi – si fa sotto l’agguerrita presidente della Provincia Stefania Pezzopane (Pd)- siamo decisi ad andare fino in fondo. Così non si può continuare, la gente è esausta e fuori da qui sembra che vada tutto bene». La manifestazione quindi si farà «quando l’aula Montecitorio metterà in discussione il decreto. Intanto c’è già un appuntamento fissato per sabato nel centro storico off limits: residenti e commercianti, un migliaio, vogliono sapere qualcosa del loro destino visto che nessuno ha ancora spiegato cosa devono fare. Chi aveva un pub o una pizzeria, ad esempio, si sta organizzando da solo cercando spazi da affittare («ma gli affitti sono triplicati») e dove poter riavviare un’attività. Tutto a proprie spese, navigando a vista, «mentre chi magari aveva una carrozzeria adesso s’improvvisa venditore di arrosticini nel garage. Ci rubano il lavoro».
Tutti insieme, di destra e di sinistra, «che qualcuno poi non dica che c’è una strumentalizzazione politica», i 49 sindaci – non erano tutti presenti – si sono dati appuntamento ieri mattina ai limiti della zona rossa del centro storico per spiegare le ragioni del dissenso e chiedere un incontro con il presidente della camera Gianfranco Fini e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. Intanto li ha convocati per oggi Bertolaso. «Con le istituzioni interessate ci vediamo o ci sentiamo tutti i giorni» ha detto ieri ai microfoni di Youdemtv. «Il lavoro – ha aggiunto – deve essere fatto in modo condiviso, se poi vogliono andare a Roma a parlare con qualcuno perchè non sono soddisfatti ci mancherebbe altro…».
Gli amministratori locali denunciano la poca chiarezza sui soldi e sull’iter della ricostruzione e sono imbufaliti perchè tutti gli sforzi fatti al Senato sono stati cassati tagliando di netto gli emendamenti in nome della velocità. Ora poi il testo resta al palo per le europee.
La militarizzazione
Non solo, denunciano anche la «militarizzazione della città» e delle tendopoli. «Chi vive nelle tende – denuncia Pezzopane reduce dell’ennesimo incontro a Paganica – non ne può più di vivere in condizioni di enorme disagio, di non avere informazioni». Nelle bacheche dei campi è vietato attaccare manifesti e comunicazioni scritte. Una signora del campo Italtel ha denunciato che i carabinieri avrebbero impedito una riunione tra cittadini perchè «non autorizzata». A Bazzano F.M. è riuscito ad attaccare questo cartello: «Il carcerato della cella 49 (la sua tenda, ndr) non ha potuto mangiare perchè l’apposito badge non era appeso al collo». La misura, quasi due mesi dopo, sembra colma.
L’Unità, 26 maggio 2009