I teenager antimafia entrano nell’aula bunker dell’Ucciardone a Palermo è hanno il fiato in gola quando vedono le gabbie allineate dove erano rinchiusi 475 boss imputati. La sera prima sulla nave della legalità avevano visto un video sulla storia dell’antimafia. Hanno visto Falcone istruire quel primo maxi processo. Hanno sentito il magistrato Paolo Borsellino dire sulle macerie della strage di Capaci: «Falcone non andava bene ai suoi amici magistrati». E hanno visto anche le immagini di questo giudice saltare in aria in via D’Amelio per mano della mafia. Paolo Bertolini, 20 anni, studente liceale a Cecina e rimasto fuori dall’aula bunker. La sera prima aveva fatto una domanda, l’unica scomoda, al dibattito sull’antiracket: «Approfitto della presenza di un rappresentante del governo per chiedere, e scusate se rovino il clima di festa, come è possibile oggi fare il magistrato in un paese in cui il Capo del governo attacca i magistratrati». La Gelmini non risponde. Il microfono passa nelle mani di Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia, che si limita a dire: «Non mi sento personalmente attaccato. Esiste un principio costituzionale che è quello della separazione dei poteri… ».
Paolo va a letto deluso. Ma all’indomani proprio dall’Ucciardone parla il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «Conta nella lotta contro la mafia – sottolinea – la crescita della coscienza critica e della fiducia nello Stato di diritto» che «può rafforzarsi solo in un clima di rispetto in ogni circostanza degli equilibri costituzionali da parte di tutti coloro che sono chiamati ad osservarli. Conta – precisa il Presidente – la qualità della politica, il prestigio delle istituzioni democratiche, l’efficienza e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni». Lo studente di Cecina ha le lacrime agli occhi. «Indirettamente – dice tra l’emozione – è come se il Presidente ha risposto a me».
C’è un’altra Italia a Palermo. Dalla pancia della nave della legalità 1.500 studenti, la maggiorparte minorenni, hanno invaso i quartieri critici della città,: Brancaccio, Zen, Borgo Nuovo, Kalsa, cantando la canzone anticrimine «Pensa” di Francesco Moro, indossando le magliette della Fondazione Falcone e srotolando striscioni. Ovunque. Ragazzi che fanno la loro parte nelle scuole per diffondere i valori della democrazia e della legalità. Parole del discorso di Napolitano («Falcone e Borsellino sono stati eroi coraggiosi e le loro idee non sono state sconfitte») e messaggi dei giudici («Per sconfiggere Cosa Nostra ci vuole repressione, educazione alla legalità e sviluppo economico non inquinato») che gli studenti fanno proprie all’istante, con rap improvvisati o poesie anti-pizzo.
Maria Falcone, sorella del magistrato di cui ricorre il diciassettesimo anniversario della morte, quasi lo grida a tutta Palermo: «Ogni anno siamo sempre di più. La mafia sarà vinta da un esercito di alunni e maestri elementari». E perfino Maristella Gelmini lascia per un attimo il suo amplob e lancia un segnale di ottimismo: «Vedo in voi – dice agli studenti– un impegno reale».
Per ricordare Falcone e Borsellino sono arrivati anche Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, i ministri Angelino Alfano (giustizia) e Roberto Maroni (interno). Ma a molti insegnanti i politici hanno lasciato un sapore da vetrina pre-elettorale. Come sottolinea P. B. docente di Filosofia a Verona: «Sentire parlare di legalità da chi ha fatto il Lodo Alfano…». Francesco, 16 anni, di Benevento, trascrive sul quaderno tutte le cifre del crimine sgominato diffuse da Maroni: «Nel 2008 sono stati sottratti alla mafia 4 miliardi di euro , tre volte di più del 2007». Un gruppo di studenti di Cecina incontra Vincenzo Conticello, il proprietario della Focacceria “San Francesco”, l’impreditore palermitano che si è ribellato al antiracket. Preferiscono lasciare le istituzioni e farsi raccontare la sua storia. Altri intonano lo slogan: «Palermo è nostra non è di Cosa Nostra». Uno striscione del Cobas («la mafia ringrazio lo Stato») è stato strappato dalla polizia.
L’Unità 24.05.09
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