“In fuga dall’Italia anche i cervelli stranieri”, di Roberto Mania
I talenti non ci piacciono. Con quelli stranieri adottiamo una specie di “respingimento soft”: prima li facciamo arrivare (pochi), poi facciamo di tutto perché non restino. Soldi buttati e cervelli non sfruttati. «Siamo talentuosi nel rigettare i talenti», dice Tito Boeri, direttore scientifico della Fondazione Rodolfo Debenedetti, che ha coordinato la prima ricerca in Italia sui tremila studenti stranieri iscritti a dottorati delle nostre università. Un’indagine sull’università, certo, ma soprattutto sulla miopia delle politiche in materia di immigrazione. Perché la vera ragione per cui la stragrande maggioranza dei giovani studiosi non resta in Italia sta nella legge Bossi-Fini che rende praticamente impossibile la loro permanenza, costretti e una gimcana continua nei meandri della burocrazia inefficiente per poter “strappare” il necessario permesso di soggiorno. «La filosofia della legge – spiega Boeri – è che l’immigrazione sia sempre una minaccia». Anche quella qualificata. E così solo il 6 per cento dei dottorati stranieri, dopo aver ricevuto nell’85 per cento dei casi una borsa di studio per un quadriennio, proverà a restare in Italia. Invece, se ne andrà …