Il tre gennaio del 1925 Benito Mussolini andò in Parlamento e con aria molto truce pronunciò un discorso. Giacomo Matteotti, uno dei principali esponenti dell’opposizione, era stato ucciso da una squadraccia fascista e le indagini della magistratura stavano coinvolgendo Mussolini. Così lui andò in Parlamento ad assumersi la responsabilità morale di quello che era successo, e attenzione, responsabilità morale è una cosa grossa, per concorso morale in omicidio, per averlo ispirato o suggerito, si va in galera come ad averlo commesso per davvero.
Cosa dice Mussolini? Poche parole. Eccole: «Io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere».
Quindi Mussolini ammette. Poi però dice anche che l’Italia è con lui e che se magistrati e opposizione vogliono andare avanti salta per aria tutto, dà mano libera ai fascisti e finisce in un casino. Tra stabilità sociale e legalità democratica l’Italia rappresentata nel Parlamento sceglie la prima e da quel momento in poi le cose vanno come sappiamo.
Attenzione, non sto facendo paragoni, non voglio dire che Berlusconi sia come Mussolini, per carità. L’Italia è diversa, i due personaggi sono diversi e anche le forze che rappresentano lo sono.
Voglio solo dire che quando si comincia ad affermare che il Parlamento non serve, che i processi sono solo un impedimento e silenzio e lasciatemi lavorare, una vera democrazia parlamentare dovrebbe ricordare, spaventarsi e reagire di conseguenza.
L’Unità, 22 maggio 2009