C’è un elenco della vergogna tutto bolognese, rimasto ignoto per sessant’anni e che racconta due anni di stragi e crimini nazifascisti sulla linea gotica. A compilarlo, durante la guerra, erano stati i Reali Carabinieri, su richiesta del colonnello Romano Dalla Chiesa il 12 agosto 1944: un lavoro imponente e preziosissimo, svolto in condizioni difficili, ma che è stato rinvenuto solo nel 2005 negli archivi del Comando regionale dell’Arma.
Nelle sue pagine ci sono riferimenti a 163 episodi che portarono a 422 vittime, circostanziati con date, descrizioni, testimonianze, nomi dei morti e persino l’indicazione dei presunti colpevoli. Alcuni sono celebri, come l’eccidio di Casteldebole o Molinaccio di Sotto, ma in gran parte si tratta di crimini di cui è rimasta memoria solo tra la gente del luogo. La scoperta, resa pubblica dal senatore Walter Vitali che è entrato in possesso dei documenti durante i lavori della Commissione parlamentare, costringe a aggiornare i dati delle vittime: 1400.
Fascicoli che avrebbero dovuto riflettere l’agghiacciante verità dei crimini nazifascisti lungo la Linea gotica, dall’armistizio dell’8 settembre 1943 alla Liberazione. Ma che, in realtà, sono rimasti sotto polvere e oblio fino al 2004, archiviati e dimenticati al Comando regione carabinieri dell’Emilia-Romagna fino al loro rinvenimento da parte della Commissione parlamentare d’inchiesta per l’occultamento dei fascicoli relativi alle stragi. È la commissione a scoprire l’archivio dell’Arma, lavorando su 273 fascicoli mai inviati alle procure di competenza, dopo il rinvenimento dell’Armadio della vergogna negli scantinati di palazzo Cesi a Roma nel 1994. Ogni “specchio” è un fatto, una relazione compilata dagli allora Reali carabinieri, su cui si annotano circostanze e date di uccisioni di civili da parte di militari nazisti e milizie fasciste nel Bolognese. Carte collegate ai fascicoli rinvenuti alla Procura generale militare di Roma, ma che non facevano parte dei 695 faldoni poi inviati nel ’94 alle procure militari di competenza. Documenti rimasti “inesplorati” fino al 2005, anno in cui il senatore Walter Vitali, membro della commissione, chiede che la mole di materiale venga trasmessa per competenza alla Procura ordinaria di Bologna. Pagine e pagine ricche di nomi ed episodi di violenza che, al termine delle indagini da parte della Procura, ieri sono state consegnate come patrimonio collettivo all’Istituto storico Parri dell’Emilia-Romagna. In tutto 163 casi, fra Bologna e provincia, mai perseguiti fino ad ora. Uno solo di questi, la fucilazione di cinque partigiani a Castelluccio il 12 agosto ’44, è stato trattato autonomamente. E chiuso dal Pm Luigi Persico con una richiesta d’archiviazione per morte dei responsabili che non manca di sottolineare come «mancò un’adeguata diligenza in sede centrale nel sollecitare gli organi periferici» ad indagare, «adottando invece dei provvedimenti definiti come “archiviazione impropria». Come a dire: se le carte fossero arrivate prima, i responsabili avrebbero potuti essere perseguiti. Fino al 1985 uno dei due presunti colpevoli era ancora in vita. «Ma nessuno ha fatto niente – attacca Vitali- anzi: nell’84 le autorità militari disposero l’archiviazione. Il mancato esercizio dell’azione penale costituisce una grave omissione, con l’aggravante che stiamo parlando di magistrati». Circostanze sulle quali Vitali è pronto a presentare denuncia. Alle 11.30 dell’11 agosto 1944, a Castelluccio vicino Porretta, due partigiani vengono catturati dalle Ss. Nel resto della giornata saranno fermati altri tre civili, un carrettiere e due vetturini. Alle 8 del mattino seguente sono già tutti morti. Fucilati vicino al cimitero, davanti a compaesani costretti ad assistere. L’affaire in origine era soltanto un numero, come ricostruisce Persico: il 960 del Registro generale dell’”Ufficio procedimenti contro criminali di guerra tedeschi” della Procura generale militare. Segue un’annotazione: «8/3/46 – Atti trasmessi all’Ufficio del Pm presso la sezione speciale della Corte di Assise di Bologna». Ma «è evidente che tale annotazione non fu scritta nel 1946, perchè vergata a biro. Poi, poco più sotto nel fascicolo, altre due righe: “Non luogo a provvedere – 21/11/84”. «Da tempo abbiamo come missione quella di scambiarci fonti di conoscenza con l’autorità giudiziaria – dice in veste di presidente del Parri l’avvocato Giuseppe Giampaolo – e non ci fermeremo qui». Mentre il direttore dellIstituto Parri, Luca Alessandrini, sottolinea aspetti come “la violenza sulle donne” fino ad ora rimasti nell’ombra. «La consegna dei resoconti renderà giustizia alle vittime, perchè aiuterà a tenere viva la memoria sui crimini di guerra» dice Fabio Evangelisti, vicepresidente dell’Italia dei valori alla Camera. Che chiede anche «che questi documenti vengano consegnati al ministro La Russa. Forse così il titolare della Difesa riuscirà a ricordare la gravità dei crimini nazifascisti».
L’Unità, 19 maggio 2009