Il parlamentare abruzzese del Pd sottolinea l’insufficienza dei finanziamenti: il G8 non serve. Il terremoto come un set. Le macerie come sfondo di una fiction infinita. Il dolore della gente, l’impegno dei volontari, l’abnegazione dei soccorritori, i ministri in visita, il Papa, le parole e le promesse. Sono questi gli ingredienti quotidiani della rappresentazione prima di sfociare nel grande colpo di teatro: il G8. I grandi della terra a L’Aquila. «Geniale Berlusconi», impareggiabile nel trasformare una sciagura in spettacolo. L’opposizione guarda stupita, a tratti ammirata, in parte imbambolata. Ne parliamo con Giovanni Lolli, aquilano e deputato del Pd. Una carriera politica, la sua, iniziata ai tempi del Pci di Enrico Berlinguer.
«Il G8 a l’Aquila? Un’occasione e mille problemi. C’è il rischio concreto che da oggi a luglio l’intero apparato della Protezione civile sarà orientato verso l’organizzazione del vertice mondiale. Questo pone più di un problema ai terremotati e ai disagi che ancora sono costretti a vivere nelle tendopoli. Qualcosa dell’apparato che metteranno in piedi resterà, penso all’aeroporto di Petruro. Ma a nessuno sfugge che una intera città piegata dal terremoto, costretta a vivere nella più totale precarietà, voglia una cosa innanzitutto: la normalità. Il G8 è un evento eccezionale, un altro dopo il terremoto, e come tale produce stress, “anormalità”». Intanto, però, è il momento culminante della fiction, delle macerie trasformate in set. «Il set c’è stato fin dall’inizio e continuerà. Berlusconi ci ha messo la faccia, ha preso impegni solenni. Ma poi alle parole devono seguire atti concreti, leggi e impegni finanziari. E non ci siamo. Nel decreto ci sono scritte cose allarmanti. I soldi sono pochi. Berlusconi dice che il governo farà sforzi mai visti prima. Balle! Per chi ha avuto la casa distrutta si prevede un finanziamento di 150mila euro, per chi l’ha avuta danneggiata di 80mila. Cifre ridicole e ingiuste, visto che i sinistrati degli altri terremoti hanno avuto la copertura del 100% del danno. C’è poi il ruolo opaco previsto per Fintecna. Nel decreto c’è scritto che chi non è in grado di ricostruirsi la casa cede mutuo e finanziamento a questa società del Tesoro. Che di fatto rischia di diventare una grande incontrollata immobiliare. Per il momento gli unici fondi certi sono i 700 milioni di euro stanziati per le cosiddette casette provvisorie. Per la ricostruzione vera e propria della città e dei paesi i fondi sono aleatori. Gli aquilani rischiano di rimanere anni nella provvisorietà». Fiction anche per lo sviluppo economico. «Esatto. L’Abruzzo non è rientrato nell’obiettivo 1, l’Aquila zona franca è ancora una chimera. Come si vede gli effetti spettacolari sono tanti, le cose concrete pochissime». L’Abruzzo prima e dopo. Il terremoto è come una guerra, uno spartiacque. «L’Abruzzo della vecchia Dc di Gaspari e Natali si era sviluppato grazie ai trasferimenti delle risorse pubbliche, finita quella stagione siamo una realtà sospesa. Né Nord né Sud, dopo la DC sospesi fra destra e sinistra. Una regione devastata dai processi di deindustrializzazione e dalla questione morale. Qui ci sono pezzi di potere fortissimi, penso alla sanità privata e al ciclo edilizio soprattutto nella parte adriatica». E adesso? «Adesso il modello che ci viene prospettato è quello di enti locali di fatto esautorati dal decreto e di una ricostruzione che rischia di essere affidata ai commissari straordinari. Il potere concentrato nelle mani di Palazzo Chigi è enorme, altro che modello Friuli o Marche». Siamo più vicini ai modelli Campania e crisi dei rifiuti: commissari, sprechi e scandali. «La fiction è la fiction, la realtà è che anche nella fase dell’emergenza tutto il potere è nelle mani di Bertolaso, che sceglie le imprese cui affidare i lavori. Tutte di fuori. Per gli abruzzesi neppure le briciole».
L’Unità 3.05.09
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