Nell´affettuoso saluto in onore di Rita Levi Montalcini, in occasione del suo centesimo genetliaco, il Presidente della Repubblica ha aggiunto nel finale una piccola frase, di cui a molti sarà sfuggita l´importanza.
Giorgio Napolitano ha detto testualmente: «Cara amica, le auguriamo di tutto cuore successo per il suo progetto di ricerca, successo per le sue creature, la Fondazione Levi Montalcini e l´Ebri, un istituto al quale sono certo che i poteri pubblici, se necessario lo stesso Parlamento, non faranno mancare le risorse indispensabili per conseguire risultati importanti».
È opportuno spiegare il retroscena dell´autorevole intervento. Esso si riferisce al fatto che l´Ebri, l´European Brain Reserche Institute, il centro di ricerche messo in piedi nel 2004, tra generali plausi e confortanti promesse, dalla Levi Montalcini è stato lasciato totalmente privo di mezzi per funzionare e rischia ogni giorno la chiusura. Eppure le premesse e i primi passi furono attraenti: alla base vi era l´idea di creare un piccolo fulcro di eccellenza di tipo europeo per gli studi sul cervello con tecniche biomolecolari e elettrofisiologiche e per portare avanti la scoperta del fattore Ngf. Venne pubblicato un bando sulle grandi riviste scientifiche internazionali, con offerte di remunerazioni di livello europeo, fatto senza precedenti in Italia. Vennero assunti i primi ricercatori (il pieno organico ne contempla 20, più il personale tecnico e amministrativo). Per la sede un istituto privato di Roma, il S. Anna, concesse in comodato uno spazio di 2300 mq nella sua area di ricerca, chiedendo però una partecipazione alle spese di condominio pari a 700.000 euro l´anno. Una spesa alta ma affrontabile se il piano, che prevedeva in partenza un finanziamento di 20 milioni, e le promesse ministeriali avessero trovato riscontro nella realtà.
Invece trascorsi cinque anni sono entrati poco più di 3 milioni. Un milione stanziato in una vecchia Finanziaria è andato, invece, come si dice in gergo amministrativo, in perenzione, in base alla recente norma secondo la quale le somme destinate ad un progetto, se questo non è portato a termine in tre anni, rientrano nelle disponibilità del Tesoro. Ma quale ricerca scientifica è sicuramente completabile in tre anni? Insomma tra impegni dismessi, clausole capestro, sordità politica l´Ebri è rimasto praticamente a secco. Le attività scientifiche sono state quasi esclusivamente finanziate grazie alle sovvenzioni (grant) individuali ottenute dai giovani ricercatori. Ora siamo agli sgoccioli e non c´è quasi più un euro per andare avanti. Al minimo occorrerebbe un finanziamento di 5 milioni per ripartire.
Chi farà la carità ad uno dei più illustri rappresentanti della scienza italiana? Tanto per fare un paragone cinque milioni è all´incirca lo stipendio annuo di un calciatore di media bravura.
Questa è la condizione della ricerca scientifica in Italia. Me lo conferma un´altra sconsolata segnalazione: uno dei pochi successi internazionali raggiunti negli ultimi tempi da parte dell´Agenzia Spaziale Italiana e dai ricercatori della Facoltà di Ingegneria della Sapienza consiste nella partecipazione ai lanci di due satelliti, uno europeo, l´altro con la Nasa, per la ricerca dell´acqua su Marte. All´Italia era stata assegnata la realizzazione, ad opera di Thales-Alenia, dei due radar, il Marsis e lo Sharad, operanti sotto e sopra la superficie del pianeta rosso. Il lancio è riuscito, i radar stanno scaricando una messe abbondantissima di dati. Negli altri Paesi li stanno interpretando e studiando. Da noi alcuni meritevoli giovani studiosi, grazie a borse singole di studio da Finmeccanica e dalla Sapienza, fanno qual che possono, ma la gran mole di lavoro che occorrerebbe e giustificherebbe gli investimenti iniziali resta inevasa.
Non ci sono più soldi e non importa a nessuno. La ricerca non fa audience.
La Repubblica, 27 aprile 2009