I luttuosi fatti d’Abruzzo impongono a tutti i dirigenti del Paese (di maggioranza e di opposizione) di parlare seriamente degli investimenti e delle politiche per l’edilizia scolastica a partire da quella antisismica. E’ necessario che anche chi opera quotidianamente nella scuola abbia una esatta conoscenza di tali questioni.
Prima di prendere in esame la decisione del CIPE, del 6 marzo 2009, di impegnare un miliardo nel triennio per l’edilizia scolastica antisismica voglio richiamare brevemente le vicende legislative degli ultimi anni nel settore.
Se consideriamo le più recenti rileviamo come, sia la legge finanziaria 2009, che ha realizzato un taglio nei finanziamenti per il piano di messa in sicurezza del 2009 di 22,8 milioni di euro, sia il Decreto legge 137/08, convertito nella legge n. 169, con un articolo 7-bis aggiunto alla Camera, si siano occupati d’edilizia scolastica. Come vedremo si tratta di interventi che purtroppo hanno eluso questa grande emergenza nazionale enormemente rilevante non solo sul terreno, pur assai significativo della sicurezza, ma anche su quello della qualità del nostro sistema di istruzione.
Se ci riferiamo al passato constatiamo che per oltre un ventennio (dal 1974) nel nostro paese, il Parlamento e i governi si sono disinteressati dell’edilizia scolastica sia sul piano normativo che su quello finanziario.
Infatti solo nel 1996 con il primo governo Prodi venne approvata la legge 11 gennaio n° 23 (Masini). Con tale strumento fu successivamente possibile predisporre due piani triennali e finanziare sei piani annuali, per un totale di circa 3000 miliardi di vecchie lire, con i quali si è potuta in qualche modo fronteggiare, realizzando oltre 12.000 interventi, una situazione assolutamente drammatica. Si è trattato di mutui a totale carico dello Stato. L’edilizia scolastica, da molto tempo é competenza legislativa e amministrativa delle Regioni, queste ultime, unitamente alle Province e ai Comuni, hanno costantemente destinato, non solo per la manutenzione straordinaria ma anche per le nuove edificazioni, una parte rilevante delle loro uscite in conto capitale, sia con finanziamenti diretti sia con risorse ricavate con mutui a loro carico.
Con la legge finanziaria 2002 non venne previsto alcuno stanziamento per l’anno 2002. Con la successiva finanziaria 2003 ( del 27 dicembre 2002, n. 289) si previde, all’articolo 80, comma 21, di inserire un piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici, con particolare riguardo a quelli che insistevano sul territorio delle zone soggette a rischio sismico, nell’ambito del programma di infrastrutture strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443. L’iniziale previsione legislativa non solo ignorava le competenze programmatorie che, in base all’articolo 4 della legge 23/96, spettavano alle Regioni, ai Comuni e alle Province ma, per una svista assai significativa, non indicava l’entità dello stanziamento.
Si rimediò con la successiva legge finanziaria 2004 quando al piano straordinario venne destinato un importo non inferiore al 10% delle risorse di cui all’articolo 13, comma 1, della legge 1o agosto 2002, n. 166, che fossero risultate disponibili al 1o gennaio 2004. Si trattava di una somma pari a circa 500 milioni di euro. Poiché l’intervento era ritenuto di urgenza, venne definito un primo piano stralcio comprendente 738 interventi a livello regionale per circa 194 milioni di euro. Il piano fu approvato dal CIPE e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 agosto 2005. Si deve rilevare che solo alla fine del 2006 con il secondo governo Prodi sono stati impegnati concretamente i relativi finanziamenti. Un secondo piano stralcio di oltre 300 milioni per circa 900 interventi, è stato adottato con le stesse modalità e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 10 aprile 2007, n. 83.
Non sono noti i risultati del più recente monitoraggio sullo stato di avanzamento dei piani. Quello effettuato nel 2007 dava per il primo piano stralcio percentuali superiori al 50%. Nulla si è saputo finora del secondo piano. La vicenda dei vecchi piani stralcio per l’edilizia antisismica però non si è ancora conclusa perché nel dicembre 2007 ha avuto una significativa coda. L’allora ministro per le infrastrutture infatti inviò al CIPE una rimodulazione delle somme, non impegnate dei due piani stralcio, dell’ammontare di circa 14 milioni di euro. Il decreto presentato alla Conferenza unificata il 28 gennaio 2008, approvato dalla medesima il 14 febbraio 2008, deliberato dal CIPE (Governo Prodi) il 21 febbraio 2008, Registrato alla Corte dei Conti il 5 dicembre 2008, è stato pubblicato (dal Governo Berlusconi) sulla G.U. del n.5 dell’8 gennaio 2009 (dopo quasi 13 mesi di insabbiamento!).
Con l’articolo 7-bis aggiunto al decreto legge 137/2008 si prende in considerazione il rifinanziamento di una pianificazione antisismica. Si individua uno stanziamento pari al 5% del piano delle infrastrutture. La percentuale questa volta è individuata, ed è grave che tale aspetto quantitativo e qualitativo della legge sia di stato di fatto dimenticato nella recente riunione del CIPE.
Lo stesso articolo prevede altre due tipologie di interventi in materia di edilizia. Innanzitutto, riprendendo una proposta contenuta in disegno di legge Bersani approvato nella scorsa legislatura solo dalla Camera, si tenta un recupero di somme stanziate in materia nel passato a favore delle Regioni e per vari motivi non spese. All’epoca si trattava di una somma superiore ai 100 milioni di euro di cui si dovrà oggi accertare l’ effettiva sussistenza e disponibilità.
L’altro intervento, quello lanciato da Berlusconi a San Giuliano, riguarda le 100 manutenzioni di altrettanti edifici scolastici da effettuare con una procedura straordinaria.
I finanziamenti ci sarebbero. Si trattava di quei 60 milioni di euro in tre anni che erano stati destinati dalla finanziaria 2008 del governo Prodi, proprio per gli interventi di edilizia scolastica antisismica, utilizzando i proventi del taglio di alcuni costi, della politica.
In questo caso i problemi sono di natura tecnico operativa. La scelta del “soggetto attuatore” (unico nazionale o molteplice locale?) e quella dei 100 istituti da ristrutturare tramite l’Intesa con la Conferenza Unificata non risolve i problemi connessi alla progettazione e al coinvolgimento operativo degli enti locali titolari della materia e responsabili della sicurezza.
Si tratta di passare rapidamente anche in questo caso dalle parole ai fatti.
Occorre inoltre completare pienamente il Piano Triennale avviato nel 2007 dal Governo Prodi innanzitutto restituendo il taglio di 22,8 milioni effettuato nella Finanziaria 2009. L’occasione di questo ripristino doveva essere la ripartizione effettuata con decreto di Tremonti di 120 milioni accantonati a partire dalle richieste delle scuole paritarie. Sembra che in questi giorni l’assegnazione dei fondi alla paritarie sia stata effettuata quella per l’edilizia no!
Si deve rilevare che “saltato” il piano 2002, finanziati in misura inferiore al passato i piani 2003 e 2004 (per un importo complessivo di circa 460 milioni di euro ) “saltati” anche i piani 2005 e 2006, gli Enti locali si sono trovati nell’impossibilità di rispettare la scadenza del 30 giugno 2006 stabilita per la conclusione delle attività di messa a norma degli edifici. Per questo motivo la legge Finanziaria 2007 ha previsto il rifinanziamento della legge 23/1996 per gli anni 2007, 2008 e 2009, rispettivamente con 50, 100 e 100 milioni di euro destinando il 50% delle somme alla messa in sicurezza ed a norma delle scuole e chiedendo la compartecipazione in parti eguali a Regioni ed Enti locali. Solo per le scuole inserite nel Piano è stata prevista una proroga di tale scadenza. Perfino il Sottosegretario Bertolaso intervenuto alla Camera su tragico crollo di Rivoli ha dimostrato di ignorarlo!
Con l’Intesa stipulata si è poi convenuto che anche il restante 50% avrebbe dovuto essere destinato alle medesime finalità. Con il Patto, sono stati programmati nel triennio investimenti per circa 940 milioni di euro.
La finanziaria 2009, come si è detto, riduce di 22,8 milioni lo stanziamento di 100 previsto per il 2009. Il taglio per l’edilizia, del tutto aggiuntivo, è stato disinvoltamente inferto nella manovra ordinaria di bilancio che sottrae al MIUR altri 500 milioni di euro dopo quelli della manovra estiva.
Sempre la Finanziaria 2007 aveva previsto che il Consiglio di indirizzo e di vigilanza dell’INAIL definisse per il triennio 2007/2009, d’intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro della pubblica istruzione e con gli enti locali competenti, indirizzi programmatici per la promozione ed il finanziamento di progetti degli istituti di istruzione secondaria di primo grado e superiore per l’abbattimento delle barriere architettoniche o l’adeguamento delle strutture alle vigenti disposizioni in tema di sicurezza e igiene del lavoro. Ciò ha prodotto la stipula di un protocollo d’intesa fra MPI e INAIL, che ha erogato ulteriori 100 milioni di euro per il triennio 2007/2009, di cui 30 per il 2007.
La delibera (06/03/09) del CIPE, che ad un mese di distanza non è ancora nota, che modifica la delibera n°166 del 2007, riorganizza la programmazione e l’utilizzo dei Fondi FAS.
Molto probabilmente il miliardo, per un triennio, per l’edilizia antisismica deliberato il 6 marzo proviene dalla eliminazione dei 1500 milioni che costituivano il fondo FAS di competenza del MPI. Il miliardo nel triennio, non è stato quindi “sbloccato” come hanno riferito molti giornali disinformati ma è stato più semplicemente “sottratto” a risorse già destinate alle scuole del Sud anche per la costruzione di palestre, auditorium e piscine. Si tratta di opere che, probabilmente resteranno incompiute, facendo la fine di molte opere pubbliche del nostro Mezzogiorno.
E’ evidente che non si tratta neppure di un anticipo del piano antisismico da realizzarsi con il 5% degli investimenti per le infrastrutture di cui all’art. 7.bis citato. Il miliardo nel triennio, dovrebbe infatti essere “reimpiegato, secondo le intese sottoscritte in Conferenza Unificata il 12 febbraio 2009, sempre per le scuole delle otto regioni del mezzogiorno a cui i fondi erano originariamente destinati e quindi sarebbe ancora da risolvere la dimensione nazionale del piano dato che la sismicità come è noto non è un problema che riguarda solo le aree sottoutilizzate.
Tutto ciò non è stato finora chiarito da parte del Governo anche per il ritardo con cui si sta formulando tale delibera. Come si vede il Presidente del Consiglio avrebbe da fare alcune cose, forse meno mediatiche di quelle realizzate in questi giorni a L’Aquila, anche a Palazzo Chigi!
Inoltre è molto probabile, lo potremo verificare con la pubblicazione della delibera CIPE, come tutti i circa 6 miliardi di fondi FAS per la ricerca e l’innovazione (a gestione MIUR) siano stati largamente rastrellati dall’operazione decisa il 6 marzo scorso.
Per un’efficace ripresa dell’attività di finanziamento dell’edilizia scolastica è necessaria, non solo la mappa sismica del paese ma anche un’esatta ricognizione delle esigenze realmente presenti nelle diverse Regioni. A tal fine avrebbe dovuto operare l’anagrafe, prevista dalla legge 23 (Masini) del 1996, su cui si é lavorato intensamente nel corso dei due anni della precedente legislatura. Di recente il MIUR ha preannunciato la conclusione della fase di raccolta dei dati. Al momento, secondo le stime delle Regioni e dei medesimi Enti locali, circa la metà del patrimonio scolastico necessiterebbe di interventi.
E’ evidente come un’esatta conoscenza dello stato delle scuole italiane rappresenti una condizione necessaria per una programmazione più organica ed efficace degli interventi.
Di fronte alla difficoltà di completare tale lavoro e di fornire una base stabile al funzionamento a regime della anagrafe il governo ha preferito una fuga in avanti che sa molto di demagogia. Si sono individuate nuove procedure e predisposti nuovi moduli da inviare nelle scuole che si aggiungeranno alla montagna costituta da quelli già inviati. Si è voluto ignorare che se la raccolta dei dati per l’anagrafe non si é fino a questo momento completata ciò è dipeso da cause strutturali su cui occorre intervenire specificamente.
Si tratta innanzitutto di provvedere economicamente a livello Regionale fornendo adeguate risorse per reclutare e formare personale da impiegare stabilmente per tali compiti specialmente a sostegno dei Piccoli comuni e delle Province con maggiori problemi di ordine amministrativo. Ad una nuova anagrafe si deve far corrispondere una nuova funzione amministrativa specificamente destinata a tali compiti gestita dai Comuni, dalle Province dalle Regioni e dallo Stato.
Sembra invece che anche in questo caso abbia prevalso la politica delle degli spot e delle ronde.
ItaliaOggi, 16 aprile 2009