Nessun «Patto per la salute» se non ci saranno «adeguati finanziamenti». E dal 2010 mancheranno almeno 7 miliardi per far girare la macchina del Servizio sanitario nazionale, pena la sua ingestibilità.
Inizia così un’intervista rilasciata da Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, al quotidiano “Il Sole 24ore” in merito al nuovo Patto per la salute, a come qualificare la spesa sanitaria e sull’ipotesi tecnica di un taglio dei ricoveri e dei posti letto, confermata ieri dal sottosegretario Fazio.
Le Regioni sono pronte a fare la propria parte: “la sfida dell’appropriatezza è fondamentale – afferma Errani – direi cruciale per il futuro del sistema sanitario pubblico. E le Regioni, che in questi anni non si sono certo sottratte alle loro responsabilità, sono pronte a fare la loro parte”.
E per quanto riguarda il taglio dei posti letto, Errani spiega:”Tutte le ipotesi per qualificare la spesa vanno ancora discusse a fondo. E riguardano non solo i ricoveri, ma anche, ad esempio, l’uso dei farmaci o l’abuso delle prestazioni specialistiche. Occorre darsi obiettivi di qualità dell’offerta sanitaria, ma non con una visione puramente ragionieristica. Gli interventi sui posti letto, intendo dire, non sono più in questo momento l’elemento chiave del ragionamento e del percorso da seguire”.
II problema è oggi un altro, sottolinea Errani: “il Patto per la salute che scade quest’ anno va ridefinito. E va ridiscusso sulla base di una presa d’atto della sua sostenibilità finanziaria I riferimenti della Finanziaria 2009 di Tremonti sono infatti inadeguati. Fin dal 2010 mancheranno 7 miliardi. Da questo si deve ripartire, appunto: dal finanziamento del sistema sanitario, che oggi come oggi è sottostimato. Rendendo di fatto ingestibile il servizio. Su questo aspetto alcuni mesi fa abbiamo sottoscritto un’intesa con Berlusconi nella quale si diceva che bisognava rivedere il finanziamento previsto dalla Finanziaria”.
“Mi sembra evidente – continua Errani – che se il Pil cala, cresce il rapporto della spesa sanitaria sul prodotto interno lordo. Ma i bisogni sono quelli. Senza scordare che la spesa sanitaria in Italia continua ad essere una delle più basse in Europa. E che, lo ha scritto lo stesso ministro dell’Economia nel suo libro, la spesa sanitaria è una spesa strategica, come dimostra lo stesso piano di Barack Obama negli Usa”.
Quindi per il nuovo Patto per la salute servono innanzitutto certezze finanziarie. “Senza certezze finanziarie – afferma Errani – quale responsabilita della spesa possono assumersi le Regioni? E chiaro che bisogna lavorare per recuperare gli sprechi e garantire qualità e appropriatezza delle prestazioni, di tutte le prestazioni, non solo di quelle in ospedale. E non ci sottrarremo alle nostre responsabilità. Ma il punto di partenza finanziario è fondamentale”.
Conclude Errani, riferendosi sempre al nuovo Patto per la salute: “Abbiano chiesto che si stringa al più presto. A questo punto attendiamo la risposta del Governo”. (red/15.04.09)
da www.regioni.it
Di seguito l’articolo del Sole 24 ore del 14 aprile sull’argomento
«Ospedali, taglio per 27mila posti-letto», di Paolo Del Bufalo e Roberto Turno.
Piano anti-sprechi del Governo – Per Calabria, Campania e Molise commissario più vicino.
«Ventisettemila posti letto in meno negli ospedali entro cinque anni, già la metà tagliati nel 2011. Eliminando un numero ancora imprecisato di strutture piccole e spesso inutili e pericolose, con un occhio di riguardo per il Sud. La parola magica per l’efficienza e il risparmio nel Servizio sanitario nazionale ha un nome e un percorso già definito: una cura massiccia di «appropriatezza» nei ricoveri. Meno letti e potenzialmente meno spesa sanitaria e meglio distribuita, è una parte dell’assioma. Ma sarà solo il primo passo del rilancio del Ssn, in attesa del federalismo fiscale e di quei «costi standard» ancora interamente da definire.
Il cantiere del «Patto per la salute 2010-2012» tra Governo e Regioni è in piena attività. Niente ancora di deciso, anche perché i governatori tengono alta la guardia e antepongono a qualsiasi accordo finale, che difficilmente arriverà prima dell’estate, la certezza sui finanziamenti: chiedono fin dal 2010 tra 7-8 miliardi in più. Ma il Governo frena e l’Economia per prima raffredda qualsiasi richiesta. Lo ha fatto capire anche il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi: «Il prossimo Patto non potrà prescindere da robusti sforzi di razionalizzazione della spesa». Quel che conta, ha detto Sacconi, è che in rapporto al Pil gli aumenti per il Ssn ci saranno e ci sono stati, come ha appena ricordato la Ragioneria generale anche in riferimento alle pensioni per effetto della recessione (si vedano il Sole-24 Ore del 5 aprile e di domenica scorsa).
E tuttavia, ai tavoli tecnici tra Governo e Regioni i lavori vanno avanti e si fanno largo le prime ipotesi per razionalizzare e raffreddare la spesa di Asl e ospedali. Il taglio dei posti letto è così una ricetta, indicata nelle linee generali dall’anticipo della Finanziaria 2009 (decreto legge 112 del 2008, poi legge 133), che ora comincia ad arricchirsi di contenuti. I posti letto per acuti dovranno passare entro il 2014-2015 da 3,5 a 3 ogni mille abitanti, con un passaggio intermedio dal 2011 di 3,3 posti letto per mille abitanti. E allo stesso tempo il «tasso di ospedalizzazione» dovrà essere abbattuto dagli attuali 160 ricoveri ogni mille abitanti a 130 (a 145 nel 2011). Valori che attualmente pochissime Regioni rispettano, in pratica solo Toscana e Veneto. Il taglio del tasso di ospedalizzazione, se fatto con l’accetta, varrebbe 3,7 milioni di ricoveri in meno rispetto al 2007.
Ora, è chiaro che i conti dovranno essere fatti con le Regioni e con la loro autonomia. Ma anche con le situazioni e i casi di palese criticità, soprattutto al Sud e al Centro Italia con il Lazio. E questo mentre due Regioni (Lazio e Abruzzo) hanno già il servizio sanitario commissariato per i super deficit fino al 2008, e altre quattro (Campania, Molise, Sicilia e Calabria) sono in attesa del verdetto del Consiglio dei ministri.
La via dell’appropriatezza della spesa e dei ricoveri non è stata rifiutata a priori dai governatori. Anche se c’è chi può già vantare meriti sul campo e concreti risultati di efficienza. Ancora una volta, le cure di appropriatezza fanno capo in genere al Centro-Nord. Anche perché, sebbene non basti, in questi anni la scure delle razionalizzazioni è stata ripetuta e pesante. Dal 1997 al 2006 sono stati cancellati – a volte accorpati o riconvertiti – ben 288 ospedali. Un taglio secco del 30,6% delle strutture pubbliche. Punte di diamante la Lombardia che ha perso il 59% delle strutture, Veneto e Puglia che ne hanno eliminate il 50%, l’Emilia il 47 per cento. Altre come Toscana e Umbria avevano già operato di lesina negli anni precedenti. Il panorama al Sud è stato invece del tutto insufficiente, come dimostrano i piani di rientro che ora devono essere applicati, dalla Calabria alla Sicilia alla Campania. E al Lazio, che infatti è alle prese con un progetto ad hoc. Anche i posti letto ospedalieri pubblici negli ultimi dieci anni sono crollati: quasi 83mila in meno (il 28%) dal 1997 al 2006.
Meno ospedale, più territorio: lo slogan del rilancio del Ssn per risparmiare e assistere meglio, è una ricetta vecchia eppure mai abbastanza applicata. L’appropriatezza delle cure in ospedale, ad esempio, passa anche per la de-ospedalizzazione per i ricoveri che possono essere evitati. Alle 43 prestazioni sanitarie in ospedale «a rischio di inefficienza», identificate dai livelli essenziali di assistenza (Lea) del 2001, se ne aggiungeranno non a caso altre 64 con i nuovi Lea. Ricoveri da evitare e da svolgere in day hospital e day surgery. Con l’aggiunta di un’altra ventina di tipologie di ricovero da assistere solo in ambulatorio, con tanto di ticket. Risparmio stimato: 1 miliardo circa.
A farcela. Anche perché in ogni caso gli ospedali e chi ci lavora in questi anni sono stati ripetutamente sotto scacco. Contratti chiusi con ritardi biblici, rischio professionale, ora l’assalto pensionistico, la difficilissima gestione della professione in strutture vecchie. Gli ospedalieri non accettano accuse e tanto meno ridimensionamenti fatti solo sulla carta e per questioni puramente economiche. Insomma: la cura della salute non si affida ai ragionieri.
Ma i conti devono tornare. E i conti degli ultimi 15 anni del Ssn sono amari. Anche se non per tutte le Regioni e allo stesso modo. Dal 1992 al 2007 i disavanzi accumulati dal Ssn, rispetto alle assegnazioni iniziali di spesa col Fondo sanitario nazionale, hanno raggiunto quota 57,3 miliardi, al lordo delle manovre regionali. Altri 4,7 miliardi di rosso si stimano ancora per il 2008. Solo negli ultimi cinque anni (dal 2003 al 2007) il deficit è stato pari a 21,6 miliardi. A non farcela, guarda caso, è sempre il Sud e dove l’efficienza è un sogno: Lazio (-7,5 miliardi), Campania (5 miliardi) e Sicilia (3 miliardi) hanno accumulato da sole il 70% del deficit totale. Inefficienza, spreco e disavanzi marciano insieme. Intanto il Ssn rimborsa i suoi fornitori con 288 giorni di ritardo. Ancora una volta non è un caso che in testa ai rimborsi negati siano sempre le stesse Regioni: la Calabria paga dopo 634 giorni, il Molise dopo 633, la Campania dopo 615 e il Lazio fa aspettare i creditori per 451 giorni. Un fallimento (per le imprese) nel fallimento dei conti del Ssn.»