Il legame tra il piccolo comune del Molise e la tragedia abruzzese di questi giorni è fatto di giovani storie interrotte.
Una sequenza non di fatalità naturali ma di ripetute illegalità, di morti, di promesse solenni e rapide dimenticanze.
San Giuliano di Puglia ha offerto aiuto e solidarietà alle popolazioni abruzzesi colpite dal terremoto. È una notizia che ci ricorda qualcosa di importante, in una memoria che prova a tessere da capo i fili della continuità dopo lo stordimento della tragedia. Il legame tra il piccolo comune del Molise e la tragedia abruzzese di questi giorni è fatto di vite interrotte di giovani e giovanissimi: vite stroncate non dalla natura ma dagli uomini, quelli che hanno fatto straccio delle leggi o non le hanno fatte rispettare. Vite cancellate di scolari alla scuola comunale di San Giuliano, di studenti universitari alla Casa dello Studente dell´Aquila: qui sta il legame speciale tra i due luoghi. Ricordiamolo: il 31 ottobre 2002 un terremoto provocò a San Giuliano di Puglia solo un crollo: quello di una scuola. Vi morirono 27 bambini e un´insegnante. Oggi fra i tanti morti della notte aquilana ci sono gli studenti della casa di via XX Settembre. La scuola di San Giuliano era di recente ristrutturazione. Quella dell´Aquila era un edificio pubblico costruito nel 1965. Nella sua ultima incarnazione si chiamava Casa dello studente; è diventata la loro tomba. è crollata come un castello di carte, ancora più fragile del pur fragilissimo e recentissimo ospedale.
Il 26 febbraio 2009, appena pochi giorni fa, c´è stata la sentenza nel processo di appello per la vicenda di San Giuliano. Costruttori privati e amministratori pubblici hanno ricevuto condanne dai due ai sette anni. Altre condanne forse arriveranno in futuro per la Casa dello studente all´Aquila. Ma deve essere interrotta questa sequenza. Che non è quella di fatalità naturali; è la sequenza ripetitiva di illegalità e di morti, di promesse solenni e di rapide dimenticanze. Quando un fatto si ripete con regolarità si dice che è per effetto di una legge. Una legge oggi sicuramente vigente è quella del degrado tendenziale delle cose pubbliche come sottoprodotto necessario della finanza internazionale come sistema che governa il mondo. Le dinamiche di quello che Luciano Gallino ha definito un «capitalismo per procura» nel suo ultimo libro (Con i soldi degli altri. Il capitalismo per procura contro l´economia, edizioni Einaudi) – obbediscono a regole ferree: fondamentale quella della distruzione dell´economia reale e dell´alzarsi inesorabile della soglia della povertà per l´intera popolazione del pianeta. Questa è la legge non scritta che oggi opera sotto i nostri occhi: da qui è mossa la forza che ha portato la morte nelle scuole di San Giuliano di Puglia e dell´Aquila.
Facciamolo presente agli uomini e alle donne di una classe politica in cerca di visibilità elettorale che in questi giorni ha intasato le vie dei borghi distrutti, declamando solenni promesse di «mai più». Oggi è altro quello che ci vuole, altro quello su cui saranno giudicati. Il richiamo del presidente Napolitano alle responsabilità che stanno all´origine della tragedia abruzzese impone al governo e a tutti gli amministratori della cosa pubblica di andare al di là dell´emergenza. C´è stata non imprevidenza, ma connivenza criminale con le ruberie pubbliche e gli arricchimenti privati che oggi paghiamo con centinaia di morti, vittime non della natura ma degli uomini. La natura colpisce ugualmente Giappone e Italia ma uccide solo in Italia. I poteri pubblici che non proteggono dalla natura sono poteri colpevoli. Una discussione sul potere è in corso da tempo qui da noi: oggi è tempo di ricordare ancora una volta che l´unico potere di cui abbiamo bisogno è quello di chi opera nell´interesse comune, non contro le leggi, non al di sopra delle leggi, ma per mezzo delle leggi: elaborandole secondo i modi previsti dalla Costituzione, facendole osservare in un rapporto costruttivo e non di guerra con gli altri poteri dello Stato. Dopo il crollo di San Giuliano, nell´emozione del momento si garantì che si sarebbe provveduto a ridisegnare le mappe del rischio sismico e che gli edifici scolastici sarebbero stati messi a norma. è accaduto tutt´altro. Oggi una demagogica promessa di un´edilizia «fai da te» è stata cancellata da una tragedia collettiva prima che potesse aumentare il rischio esistente. Ma intanto resta in piedi nell´agenda del prossimo futuro una serie di «grandi lavori» uno più faraonico, devastante e pericoloso dell´altro. Ebbene, prima di sognare ponti giganteschi su terre ballerine, si cominci a pensare sul serio a una scuola che oggi vive giorni di tagli e di strettezze, con edifici fuori norma, dove si vantano riforme che sembrano uscite dal «Giornalino di Gian Burrasca»: grembiulini e cinque in condotta.
In questi giorni di morte e di desolazione dobbiamo avere ben presente che se la nostra speranza di futuro è riposta nei giovani è solo nella qualità della scuola che è riposta la speranza di un futuro migliore del passato, di figli che facciano qualche passo in più dei loro genitori. La scuola quella pubblica, di ogni ordine e grado, dalle materne all´università è il termometro della vitalità di un paese. Un paese dove la morte degli studenti passa senza lasciare traccia è un paese che muore.
La Repubblica, 11 Aprile 2009