IL 2008 è stato un anno di crisi. La prima a manifestarsi è stata una crisi alimentare, che ha minacciato particolarmente i consumatori più poveri, specialmente in Africa. Insieme a questa crisi, si è verificato un eccezionale aumento del prezzo del petrolio, che ha minacciato tutte le nazioni legate all’importazione di questa fonte di energia. Infine, quasi all’improvviso, si è avuta, in autunno, una svolta al ribasso nell’economia globale, che ora sta continuando ad aumentare di velocità con un ritmo spaventoso. Sembra probabile che, nell’anno 2009, il ribasso presenti un deciso incremento e molti economisti prevedono una depressione generalizzata, forse dell’ampiezza di quella verificatasi negli anni Trenta del XX secolo. Sebbene rapide fasi di decrescita abbiano interessato anche i grandi capitali, le più colpite sono state le persone che già erano meno abbienti.
Per trovare una risposta alla crisi, in tempi recenti c’è stata una massiccia rivisitazione di John Maynard Keynes. Senza dubbio, l’accumularsi dei ribassi che proprio ora stiamo osservando e che ci avvicina sempre di più a una depressione, presenta connotati chiaramente keynesiani: la diminuzione delle entrate di un gruppo di persone ha portato a una diminuzione degli acquisti da parte di costoro, che ha, di conseguenza, prodotto un’ulteriore riduzione delle entrate di altre persone.
Va detto però che Keynes può salvarci soltanto in parte, anzi per una piccolissima parte: per comprendere la crisi attuale, è necessario guardare oltre i suoi insegnamenti. Uno studioso di economia cui di solito è stata attribuita un’importanza nettamente inferiore è il rivale di Keynes, Arthur Cecil Pigou, che, come lui, ha studiato a Cambridge, nello stesso istituto, il King’s College, e nello stesso periodo. Pigou si interessava assai più di Keynes dei risvolti psicologici dell’economia e dei modi in cui questi potessero influire sui cicli dei mercati, ma anche acutizzare e rafforzare una recessione economica portandola fino a una depressione (come nella sequenza di eventi di cui oggi siamo testimoni). Le fluttuazioni dell’economia venivano in parte attribuite da Pigoua «cause psicologiche» da riconoscere in «variazioni del tono [cioè del livello di attività] mentale delle persone dalle cui azioni dipende la gestione delle industrie, che si manifestano come errori, quali un eccessivo ottimismo o un inopportuno pessimismo nelle previsioni relative alle loro attività economiche». Pigou concentrava particolarmente la sua attenzione sulla necessità di scongelare il mercato del credito quando l’economiaè stretta nella morsa di un eccessivo pessimismo.
Nonostante le massicce iniezioni di liquidità nei sistemi economici europei e statunitense, effettuate in larga misura dai vari governi, le banche e gli istituti finanziari non hanno finora dimostrato di essere disponibili a scongelare il mercato creditizio. Quindi altre aziende continuano a fallire, in parte come conseguenza di una già avvenuta diminuzione della domanda (l’effetto keynesiano di “moltiplicazione” a catena), ma anche del timore di una diminuzione ancora più forte della domanda nel futuro, in un clima generale davvero deprimente (il processo descritto da Pigou come «pessimismo contagioso»).
Uno dei problemi di cui deve occuparsi l’amministrazione Obama è legato al fatto che la crisi reale, conseguenza della precedente cattiva gestione finanziaria e di altre scorrettezzee illegalità, siè notevolmente gonfiata per una sorta di diffuso collasso psicologico. Le misure che si stanno proprio ora discutendo, a Washington e altrove, per rivitalizzare il mercato creditizio comprendono salvataggi (con precisi requisiti che vengono in realtà forniti da istituti finanziari sovvenzionati), acquisto di titoli speculativi (i cosiddetti toxic assets) da parte del governo con un fondo speciale, assicurazioni contro i fallimenti per rifinanziare i prestiti, nazionalizzazione delle banche. L’ultima proposta terrorizza molti conservatori proprio come il controllo privato dei fondi pubblici affidato alle banche dà fastidio a chi si preoccupa delle connesse responsabilità. In base a quanto finora sembra indicare la fiacca risposta del mercato ai provvedimenti decisi dall’amministrazione, ognuno di questi piani dovrebbe essere valutato per il relativo impatto sulla psicologia di imprenditori e consumatori, soprattutto negli Usa.
La ripresa dei temi e dei testi di Keynes può certamente fornire notevoli contributi sia all’analisi economica, sia alla scelta delle procedure da seguire, ma la rete va gettata più lontano. Per quanto la figura di Keynes sia spesso vista, nell’economia contemporanea, come quella di una sorta di “ribelle”, sta di fatto che gli è toccato di diventare invece qualcosa di assai prossimo al guru di un nuovo capitalismo, che si concentrava sul tentativo di stabilizzare le fluttuazioni dell’economia di mercato (ancora una volta prestando poca attenzione alle cause psicologiche delle fluttuazioni dei cicli economici).
Una crisi non rappresenta soltanto una sfida cui si deve far fronte. Essa offre anche l’opportunità di impegnarsi a risolvere problemi a lungo termine proprio quando la gente ha voglia di riprendere in esamee discutere convenzioni da tempo stabilite e accettate. Ecco perché la crisi attuale ci fa capire l’importanza di occuparsi di questioni trascurate come la conservazione dell’ambiente e il sistema sanitario nazionale, ma anche la necessità di sviluppare il trasporto pubblico, che negli ultimi decenni è stato malamente trascurato al punto da essere, fino a questo momento (mentre sto scrivendo l’articolo), considerato di secondaria importanza perfino nei progetti iniziali dell’amministrazione Obama. La scarsa disponibilità economica costituisce, evidentemente, un ostacolo, ma come dimostra l’esempio di quantoè accaduto nello stato indiano del Kerala, è possibile avere un servizio sanitario garantito dallo stato per ogni abitante a costi relativamente bassi. Esistono dunque opportunità di migliorare la qualità della vita anche nei paesi poveri.
Le sfide più grandi si presentano però negli Stati Uniti, dove la spesa pro capite per l’assistenza sanitaria è già la più alta tra quelle sostenute da tutti gli altri paesi del mondo, ma i risultati, su questo fronte, sono ancora relativamente scarsi e quaranta milioni di persone non hanno garanzie per la tutela della salute. Nelle discussioni sulla riforma sanitaria da realizzare negli Usa, si è prestata grande attenzione al sistema adottato in Canada, un sistema sanitario pubblico che rende estremamente difficile ottenere un trattamento medico privato, mentre nell’Europa occidentale i servizi sanitari nazionali forniscono assistenza a tutti, ma consentono di ricorrere, per integrare la copertura garantita dallo stato, anche a strutture sanitarie private e ad assicurazioni private operanti nel settore, per chi dispone di denaro e vuole spenderlo a questo scopo. Non è chiaro infatti perché ai ricchi che possono liberamente spendere denaro in yacht o altri beni di lusso non dovrebbe essere permesso di spenderlo invece per un esame diagnostico in risonanza magnetica o per una Tac. Le attuali crisi economiche non richiedono, me lo auguro, l’instaurarsi di un “nuovo capitalismo”, ma esigono sul serio una nuova comprensione di idee più vecchie, come quelle espresse da Adam Smith oppure, in tempi più vicini a noi, da Arthur Cecil Pigou, molte delle quali sono state purtroppo dimenticate o trascurate. È inoltre necessaria una lucida percezione di come operino realmente le diverse istituzioni e di come una vasta gamma di organizzazioni (da quelle mercantili a quelle che sono istituite dagli stati) possano andar oltre le soluzioni a breve termine e contribuire così a formare un mondo economico più onesto e soddisfacente.
L’autore è stato Premio Nobel per l’economia 1998
Traduzione di Giorgio P. Panini
Per gentile concessione di The New York Review of Books – La Rivista dei Libri.
La versione integrale di questo articolo comparirà nel numero di maggio della Rivista dei Libri (www. larivistadeilibri.it)
La Repubblica, 6 aprile 2009