«No grazie», dice Franceschini. «Berlusconi mi ha sfidato, ma è una sfida berlusconiana che imbroglia l’Italia, perchè lui a Strasburgo non può andarci. Una vergogna, sarà l’unico leader europeo che invece di occuparsi di crisi, farà comizi. Io non mi candiderò alle europee, resterò al mio posto e farò come fa Fini che è di destra ma persona seria e non si candiderà». Se vuole, dice il segretario del Pd a Berlusconi, si può fare una sfida più seria: «Faccia con me tre dibattiti, uno davanti a 1000 lavoratori, un altro davanti a studenti e insegnanti, un altro davanti a piccoli imprenditori, vediamo chi fa proposte più convincenti». Franceschini, reduce da un faticoso viaggio in Cile al summit dei progressisti, va alla stampa estera e alza il volume. «Il confronto – dice – facciamolo sul futuro non sul passato ». Se Berlusconi si autocelebra, minaccia riforme istituzionali a colpi di maggioranza, chiede più poteri, il segretario del Pd spiega senza giri di parole, che l’obiettivo è togliere potere al premier, che ne ha fin troppo, non aumentarlo. «Lo sfido a rispettare le regole della democrazia, non si fa un congresso per chiedere più poteri per sè, con slogan vecchi, che alimentano divisioni, quando il mondo è pieno di leader giovani e dinamici. È che lui è vecchio dentro e quando si è vecchi dentro non si può far nulla per ringiovanire».
IL NODO INFORMAZIONE
La frase fa scattare la batteria dei dichiaratori del Pdl, ma è il segnale che il segretario del Pd, come le squadre che sono in svantaggio, ha deciso di giocare all’attacco. E così, mentre il premier va a Porta a Porta, per un’altra profluviale intervista, Franceschini, accompagnato da Gentiloni, presenta i dati che testimoniano la sproporzione dei mezzi tra maggioranza e opposizione: sulle reti Mediaset, quelle del premier, la maggioranza dispone del 77% del tempo, contro il 14% di tutta l’opposizione e l’11% del Pd. Franceschini ha un decimo del tempo del premier. A corredo dei dati viene presentato un filmato di venti secondi in cui si vede Berlusconi che esprime tutto il suo programma elettorale, mentre il segretario del Pd non riesce nemmeno a finire una frase. «È un’anomalia planetaria, il problema è che ci siamo assuefatti», dicono Franceschini e Gentiloni, «Berlusconi sta violando la sua stessa legge sul conflitto d’interessi», quella che obbligherebbe i destinatari di concessioni pubbliche al rispetto del pluralismo. Perchè, incalzano i giornalisti stranieri, non avete mai fatto una legge sul conflitto d’interessi? «Berlusconi va battuto politicamente,ma fu un errore – ammette Franceschini – non aver approvato la norma nella legislatura 1996-2001». Postilla: «Il centrosinistra aveva presentato un’altra legge che doveva arrivare in aula nel gennaio del 2008, ed è una delle ragioni per cui Berlusconi si è impegnato ad acquisire senatori che poi ha candidato col Pdl».
TROPPO TENERI
In realtà, sul punto e sulla qualità dell’opposizione, dalla stampa estera fioccano domande indicative. Il succo è che l’opposizione del Pd non si vede, non propone, non buca il video, sbaglia sulle alleanze, e quindi se Berlusconi può fare quel che vuole, la colpa è di chi glielo permette.
Franceschini ribatte: «Noi troppo teneri? L’opposizione non si giudica dagli aggettivi che usa, e poi mettetevi d’accordo, o ne facciamo troppa o troppo poca». Però, tanto per far capire quanto poco crede in riforme fatte con Berlusconi, e quanto poco ha gradito alcune aperture di credito a stagioni costituenti, il segretario spiega che ovviamente il Pd sulla bozza Violante, ossia riduzione dei parlamentari, istituzione del Senato federale, non si tirerà certo indietro, ma non è quella la priorità del paese. Ovvero, «purtroppo la legislatura durerà altri 4 anni e quindi avremo tempo, adesso tutti dovrebbero concentrarsi a trovare risposte alla crisi». L’anomalia planetaria è anche qui, dice il segretario: mentre tutti i leader del mondo si occupano di crisi e si confrontano con le rispettive opposizioni, da noi il premier pensa ai comizi, a attaccare gli avversari, e tenta di nascondere la crisi.
Lei, chiede un altro giornalista straniero, si sente in continuità con Veltroni? Il segretario dice di sì, dice che il Pd è fallito nella testa degli editorialisti, non degli elettori e comunque difende la vocazione maggioritaria che tanti guai ha portato all’ex segretario: faremo alleanze ma la vecchia stagione delle Unioni ammucchiata è morta. Evita battute su Di Pietro: «Non parlo male degli alleati». Poi si corregge: «Insomma di chi sta all’opposizione, poi vedremo se saremo alleati ». Quanto al referendum elettorale un’ammissione: «Riunirò la direzione e decideremo». Tra il sì e l’astensione. Ma non sarà facile.
L’Unità, 31 marzo 2009
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