Mentre Silvio Berlusconi promette verande e garage ai padroni di casa, rischia di esplodere la questione sfratti. Secondo uno studio Sunia- Cgil, nel triennio 2009-11 150mila famiglie potrebbero ritrovarsi senza un tetto perché non ce la fanno a pagare. Sfratti per morosità.
È la crisi che rischia di spazzare via le ultime sicurezze di famiglie già debolissime, stretta tra disoccupazione, precarietà e cassa integrazione. Servirebbe un intervento pubblico per quella che si profila come una vera emergenza. Eppure il governo rema in direzione esattamente opposta, tagliando risorse al fondo sociale (che finanzia le politiche abitative dei Comuni) e anche quelli sul piano casa pubblico. Nel frattempo il premier apre le porte a interventi privati di tutti i generi (al prossimo consiglio dei ministri si conosceranno i dettagli), concedendo di fatto alla rendita immobiliare un altro vistoso vantaggio rispetto a chi vive di solo lavoro.
I DEBOLI
Le famiglie in affitto, infatti, in Italia sono le più deboli. Circa il 20% della popolazione, di solito giovani coppie o studenti fuori sede. Il governo Prodi aveva cominciato a pensarci, con detrazioni analoghe a quelle offerte ai proprietari sull’Ici, che diventavano più sostanziose per gli studenti. Proprio la rigidità del mercato della casa italiano è infatti uno dei fattori che blocca la mobilità interna, e con essa le aspettative delle giovani generazioni.
Con Berlusconi si è fermato tutto.
Oggi è di nuovo emergenza. «Data l’insostenibilità dei canoni, delle spese per l’ abitazione e dell’aggravarsi della situazione economica e occupazionale – si legge nello studio Sunia- Cgil – senza misure di sostegno al reddito delle famiglie in affitto, nel triennio 2009/2011 si prevede che altre 150.000 famiglie perderanno la propria abitazione subendo uno sfratto per morosità incapaci di far fronte al pagamento dell’affitto».
Gli esperti del sindacato spiegano infatti che «il mercato dell’affitto privato – si legge ancora – è caratterizzato da quella famiglia tipo che oggi più che mai subisce gli effetti della crisi economica: il 20,5% dei nuclei sono unipersonali, il67%delle famiglie in affitto percepisce un solo reddito e in queste il 39,6% è rappresentato da operai e il 29,2% da pensionati, più di un quinto dei capofamiglia ha oltre 65 anni e un
quarto è costituito da donne».
LE SPESE
Una platea di deboli, che la crisi economica rischia di schiacciare. «Per le famiglie dove spesso l’unica entrate è un reddito da lavoro dipendente o una pensione – si legge – l’affitto incide con percentuali insostenibili: tra il 40 e il 50% a Genova e Torino, tra il 50 e il 70% a Bologna e Firenze, oltre il 70% a Milano e Roma. In generale, le spese totali per l’abitazione gravano sul reddito mediamente tra il 50 e il 70%, con i casi eclatanti di Milano e Roma, dove l’incidenza oscilla tra l’82 e il 92%. A fronte di un reddito medio da lavoro dipendente sostanzialmente invariato, gli affitti sono aumentati del 16% nel corso del 2008». Le aree metropolitane sono quelle più a rischio. A Roma e Milano hanno subito uno sfratto circa 20mila famiglie, 15mila e Napoli, 10mila a Torino.
QUALE PIANO
Per il segretario generale del Sunia, Luigi Pallotta, «di fronte a questo scenario il governo si propone di varare un “piano casa” che non affronta i problemi di queste famiglie e che, anziché concentrarsi sul rilancio del mercato dell’affitto a prezzi sostenibili, si indirizza ancora una volta verso la casa in proprietà che in Italia ha raggiunto livelli difficilmente superabili». «Rispetto a queste che sono le vere esigenze del Paese il governo propone un Piano per chi ha già casa», osserva la segretaria confederale della Cgil, Paola Agnello Modica. «In attesa di conoscere la integrale proposta del Governo di un piano che viene spacciato per Piano Casa ma che è in realtà un ‘Piano per l’edilizia – prosegue la sindacalista – già è chiaro che dall’agenda politica sparisce il tema dell’edilizia sociale e dell’affitto».
L’Unità, 23 marzo 2009