Tra gennaio e febbraio 370.561 lavoratori hanno perso il posto di lavoro e hanno presentato all’Inps la domanda di indennità di disoccupazione, 116.983 in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno pari ad un più46,13%.
Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa ANSA, tali richieste comprendono l’indennità ordinaria, speciale e con i requisiti ridotti. A gennaio le domande pervenute sono state 169.274 (con un picco nella sola giornata del 15 di 11.653 richieste) contro le 95.851 dello stesso mese del 2008. A febbraio sono salite a 201.287 (il picco è del dieci del mese) contro le 157.727 dello stesso mese dell’anno precedente. La crisi economica colpisce dunque il mondo del lavoro e le reazioni dei sindacati sono immediate.
I dati sulle richieste di disoccupazione «fanno paura e purtroppo ci danno ragione sui ritardi che si sono registrati sugli ammortizzatori sociali, determinando la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro», dice il segretario confederale della Cgil, Susanna Camusso. «La disoccupazione è l’ultima spiaggia che rimane e questi dati sono sottostimati perchè mancano quei lavoratori più giovani dal punto di vista del rapporto di lavoro che non hanno diritto all’indennità». Per Camusso, a questo punto, «sarebbe un bene non fingere che la crisi non c’è, facendo invece ciò che serve: un tavolo di confronto dove si affronti come salvaguardare l’apparato produttivo attraverso una vera politica industriale».
L’Ugl parla di «ennesimo campanello d’allarme». «Serve una risposta forte e rapida», incalza il segretario generale del sindacato Renata Polverini. A quanto pare, aggiunge, «è venuta meno l’urgenza di accanirsi sul tema dell’età pensionabile delle donne, visti i margini più ampi che l’Europa avrebbe concesso all’Italia. Ci auguriamo che si concentri, dunque, l’attenzione su problemi più gravi e prioritari guardando a quanti stanno perdendo il lavoro senza certezza di reinserimento per il futuro e accelerando misure di sostegno all’occupazione». «Bisogna investire affinchè siano mantenuti i livelli occupazionali e scongiurare altre emorragie – rileva ancora Polverini -. Così da evitare un eccessivo ricorso alla cassa integrazione o, nel peggiore dei casi, a procedure che di fatto anticipano il licenziamento».
La Stampa, 11 marzo 2009