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8 marzo 2009: festa della donna?

L’otto marzo 2009 coincide col centenario della Prima giornata internazionale della donna celebrato negli Stati Uniti. Un anniversario che rischia quest’anno di essere appunto solo celebrato, ma non festeggiato, perché cade in un periodo nel quale domina un sentimento diffuso di paura. La paura di perdere il lavoro e vedere peggiorare le proprie condizioni economiche e di vita. La paura dettata dall’insicurezza e dai fenomeni di criminalità e violenza. Più in generale la paura verso il futuro e le sue incognite, che rischiano di compromettere i traguardi raggiunti dalle donne nel loro faticoso e secolare percorso di emancipazione. Le cronache di questi mesi documentano una crescente violenza nei confronti delle donne. Resta sommerso però il resto dell’iceberg: la violenza nascosta, ma pur drammaticamente presente, che avviene nel privato domestico. Strumentalizzando le vicende di cronaca, la destra ha vinto le elezioni, ma poi ha perso la prova del governo e non è stata in grado di risolvere il problema della sicurezza, terribilmente aggravatosi. Il PD ritiene invece che l’insicurezza si combatta con maggiori risorse alle forze dell’ordine. Risorse recuperabili ad esempio risparmiando sui costi delle elezioni e accorpando referendum e voto per le europee.

Saranno i più deboli a pagare i prezzi più alti della crisi in corso, ed è necessario mettere in campo misure appropriate. La crisi economica colpisce maggiormente le donne, che in percentuale hanno più contratti precari degli uomini. Da questo punto di vista, il Governo in carica ha mostrato un totale disinteresse verso le politiche di pari opportunità e nei confronti della condizione femminile. Politiche neutre e che non tengono conto delle differenze di genere nei livelli occupazionali, salariali, di accesso ai servizi, hanno conseguenze negative sulle lavoratrici. Ma in questo caso siamo davanti a provvedimenti che penalizzano addirittura le lavoratrici. Il Governo ha approvato provvedimenti che tagliano nella scuola e nella sanità, riducono i trasferimenti e compromettono i servizi degli enti locali, tagliano il welfare, sino ad arrivare all’ultima proposta sull’aumento dell’età pensionabile per le lavoratrici della pubblica amminisrazione, senza dimenticare che alle lavoratrici italiane non sono offerte le medesime opportunità di servizi degli altri Stati europei. Si pensi poi alla detassazione degli straordinari, misura inutile in una fase di crisi e che, laddove realizzata, non andrebbe certamente a vantaggio delle lavoratrici che, nella morsa del doppio carico di lavoro (quello professionale e quello di cura), difficilmente trovano anche il tempo per fare straordinari. Lo straordinario, forse il Premier non lo sa, le donne lo fanno quotidianamente e gratuitamente.
Manuela Ghizzoni

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