Il tandem Brunetta-Sacconi è come un biglietto di andata e ritorno in poche ore. Fedeli allo stile delle dichiarazioni del loro premier, il primo questa mattina annunciava l’invio di una bozza di emendamento alla Commissione Europea per equiparare a 65 anni l’età della pensione per gli uomini e per le donne nella Pubblica Amministrazione. Il secondo in serata, durante un convegno smentiva categoricamente che il governo avrebbe presentato alcun cambiamento ma che “se ne discuterà in Consiglio dei Ministri”.
E anche con le parti sociali lo stesso dietro front: prima l’ipotesi dell’emendamento e poi il ritorno all’ovile con la promessa che i sindacati dovranno partecipare ai lavori e che la soluzione sarà condivisa. Rimane comunque il fatto che l’Italia ha l’obiettivo di adeguarsi a quanto disposto da una sentenza della Corte di Giustizia Europea sull’equiparazione dell’età di pensionamento.
Durante la registrazione di Matrix, programma di Canale 5, Dario Franceschini ha chiarito che “non si può pensare che le donne siano le prime a pagare per il riequilibrio delle pensioni. Serve un sistema che aiuti le donne perché solo così il loro percorso lavorativo sarà uguale a quello degli uomini, visto che già svolgono un lavoro oneroso nelle famiglie. Ciò che si risparmia nel sistema previdenziale deve restare lì, perché le pensioni sono basse. Le donne pagano per tutta la vita il fatto di fare un doppio lavoro in casa e professionale. Non si può cominciare dalla parità”
“Oggi – ha dichiarato il leader del PD – è stata fatta una cosa incomprensibile, che una classe dirigente di governo non dovrebbe mai fare: confondere il Paese, spaventarlo”.
“Il PD non si sottrarrà ad una proposta quando ci sarà e sarà stata discussa con le parti sociali ma non c’entra nulla con uno strumento di urgenza per la crisi come l’assegno di disoccupazione. Sebbene esista il vincolo europeo che impone di equiparare l’età pensionabile delle donne e degli uomini non si può pensare che le donne siano le prime a pagare per il riequilibrio dei conti”.
“Brunetta stamattina ha detto ‘la faremo’, Sacconi poco dopo ha spiegato che non esiste una proposta del governo. I cellulari ce l’hanno anche i ministri, si facciano un colpo di telefono e non trasmettano preoccupazione al Paese”.
Per Marina Sereni, vicepresidente dei deputati PD. “il governo e la maggioranza sono talmente in difficoltà nel rispondere alla proposta del PD sulla necessità di un assegno di disoccupazione per chi
perde il lavoro e non ha alcun tipo di protezione, che cercano di sviare l’attenzione dei media introducendo il tema dell’innalzamento dell’età”.
“Ancora una volta – ha proseguito la Sereni – dimostrano di non essere in sintonia con le lavoratrici e i lavoratori, ancora una volta dimostrano di non saper affrontare le priorità che la crisi impone. Le donne, in Italia, sono penalizzate in vario modo nell’accesso e nel mantenimento del lavoro a partire dalle retribuzioni più basse e dall’avere sulle proprie spalle l’intero peso dei carichi
familiari. La parita’, dunque, non può partire dalla fine e cioè dall’età pensionabile. Sbagliati i tempi e i modi: non si capisce perché, se non si torna alla difficoltà mediatica, l’esecutivo non abbia aspettato di discutere con le parti sociali, per altro convocate per oggi e abbia anticipato a ieri la propria decisione”.
“Per finire, l’alibi dell’Europa. ‘Ce lo impongono’, ripetono dall’esecutivo, ma voglio ricordare che
Bruxelles ha aperto verso l’Italia ben 30 procedure d’infrazione per la mancata attuazione di direttive comunitarie. Forse la dichiarazione di oggi di Sacconi, che spiega che nessuna bozza è stata mandata all’Ue, può essere letta come un passo indietro?”.
Rosy Bindi, intervenuta su Ecoradio, ha dichiarato che è un “momento sbagliato e un modo sbagliato per accettare questa proposta. E’ grave che venga posta in un tempo di crisi. Va prima ridiscusso tutto il rapporto delle donne con il lavoro, che pagano in maniera più alta il precariato. Sono coloro che hanno più difficoltà a fare carriera e sono altamente discriminate nella retribuzione. Abbiamo pochi servizi per la famiglia e l’infanzia, bisogna finanziare un nuovo sistema di welfare. In questo modo non si fa altro che aggravare una situazione già difficile per le donne”.
“Si discute – ha concluso Rosy Bindi – sulla vita delle persone sempre in termini di risparmio. Nei tempi di crisi tutti hanno riscoperto che il welfare è un investimento e non un costo. Bisognerebbe guardare a quello che fa tutto il mondo in questo momento, se Brunetta parla di risparmi si parli prima di investimenti nel sistema del welfare. Il governo non ha proposta una ristrutturazione del welfare italiano, parla solo di tagli”.
Per Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil, “innalzare l’età pensionabile in questo momento di crisi, proposta che per ora riguarda il settore pubblico, ma non è escluso possa essere estesa anche al privato, vuol dire caricare i costi della crisi due volte sul mondo del lavoro e tre volte sulle donne lavoratrici. Esprimo per questo un dissenso forte nel merito e nel metodo”.
“Non siamo d’accordo né nel merito né nel metodo. Per la Cisl – ha dichiarato Raffaele Bonanni – è inammissibile che su un tema delicato come quello delle pensioni, il governo abbia deciso unilateralmente, senza aprire un confronto con il sindacato, come si è sempre fatto per tutti gli interventi sulla previdenza. Si tratta di una decisione sbagliata che ci riporta indietro negli anni, introducendo criteri di accesso differenziati alla pensione di vecchiaia per le lavoratrici pubbliche rispetto a quelle private”.
Il governo – secondo il leader della Cisl “può contrastare la sentenza della Corte di Giustizia europea facendo presente che il regime pensionistico pubblico non è un regime professionale distinto da quello legale generale. Semmai, nel futuro, il problema potrebbe essere risolto reintroducendo meccanismi più flessibili di accesso al pensionamento, superando la distinzione fra pensione di anzianità e di vecchiaia, cosa che era già stata fatta con la legge Dini”.
A.Dra