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“Prato ha paura. Qui salta pure la moda Made in Italy”, di Tommaso Galgani

Uno striscione lungo un chilometro sorretto da duemila persone. E una scritta: «Prato non deve chiudere». Ieri ottomila in corteo, lavoratori, imprenditori, autorità, per chiedere al governo un’iniziativa urgente.

L’operaio e l’imprenditore. Il commerciante e il dipendente. Il normale cittadino e l’amministratore. L’indigeno e l’immigrato. Lo studente e il pensionato. Tutti insieme ieri, in ottomila, con sindacati e associazioni di categoria in piazza Mercatale a Prato, per una manifestazione contro la crisi economica e la politica del governo Berlusconi, a difesa del comparto del tessile, di cui la città è una delle capitali (60mila occupati con l’indotto). Ma il settore qui dal 2000 ad oggi ha perso 1.867 imprese e 9mila posti di lavoro.
Presenti all’iniziativa organizzata dal Distretto anche i gonfaloni di altre città del tessile come Biella, Carpi, Pistoia e delegazioni straniere. Con la benedizione ufficiale dei vescovi di Prato e Pistoia.

«PRATO NON DEVE CHIUDERE»
Uno striscione lungo un chilometro sorretto da duemila persone, mille per lato, con scritto «Prato non deve chiudere», è il modo con cui la città fa quadrato contro la crisi. In testa al corteo per le vie cittadine ci sono gli studenti del Buzzi, l’istituto tecnico pratese ad indirizzo tessile. Tra i partecipanti alla manifestazione anche Xu Qui Lin, unico imprenditore cinese di Prato iscritto a Confindustria. «Prato non è l’Alitalia ma fa volare la moda italiana», si legge in un altro striscione.

FEDELI (CGIL): «URGONO RISPOSTE»
Valeria Fedeli, segretaria nazionale della Filtea Cgil, spiega che «questa coesione sociale deve far capire al governo che contro una crisi eccezionale servono misure eccezionali. E risposte rapide, come chiediamo nella nostra piattaforma nazionale».
A Prato ce l’hanno con l’esecutivo che aiuta Alitalia, Fiat e settore degli elettrodomestici senza intervenire sul tessile- abbigliamento, «settore trainante del manifatturiero italiano» per il sindaco pratese Marco Romagnoli. Che spiega: «Prato ha dato lavoro a gente di tutta Italia e col suo gettito fiscale ha fatto crescere il Paese. Ora ci serve aiuto». Ma dalla Cgil arriva un altro allarme: mille lavoratori dell’artigianato da marzo rischiano di restare senza reddito, perché il governo non ha rifinanziato la cassa integrazione straordinaria in deroga.

LE RICHIESTE AL GOVERNO
Il Distretto sul tessile chiede al governo aiuti alla filiera, la moratoria di due anni per gli studi di settore, la sospensione dell’Irap nel 2009, la revisione degli ammortizzatori sociali. Tra Distretti e governo dovrebbe esserci
un incontro verso metà marzo. Ma se Berlusconi continuerà a tacere i sindacati promettono grandi iniziative di protesta, a Roma come a Prato. La locale Unione industriali si unisce alle loro richieste: «Su questa unità d’intenti dobbiamo rilanciarci. Se Prato chiude, chiude anche la moda Made in Italy», dice il presidente Riccardo Marini.

L’Unità, 1 marzo 2009