No ai tagli alla ricerca e all’università, ha detto ieri il Presidente della Repubblica, perché ricerca e formazione sono la leva per lo sviluppo. Il governo è d’accordo, ha ribadito il ministro Mariastella Gelmini. Un po’ avventatamente. Perché i tagli ci sono e così sostanziosi da mettere pesantissimo piombo sulle deboli ali dello sviluppo.
I tagli riguardano la ricerca scientifica. Il finanziamento dei Prin, i Progetti di ricerca di interesse nazionale, sono stati ridotti da 150 milioni a 97,5 milioni per l’anno 2007 (finanziato nel 2008) e portati, lo scorso 3 dicembre, a 94 milioni per il 2008 (più un altro milione per il referaggio). In più è stato cassato anche il 10% per finanziare i progetti degli under quarantenni.
A questi tagli si aggiunge il parziale blocco del turn over dei ricercatori degli Enti pubblici: ogni due che escono, solo uno può entrare. Andrebbe aggiunto il taglio dell’inflazione. E quello della crescita dei costi del personale, che riduce la possibilità di spesa nella ricerca. Il combinato disposto avvia la ricerca pubblica verso una morte per inedia. Per fortuna i ricercatori italiani riescono parzialmente a compensare attingeno ai fondi europei e a quelli delle organizzazioni private senza fini di lucro (come Telethon o l’Airc).
Molto più gravi sono i tagli al Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) per l’università operati dalla Finanziaria per il 2009. Secondo le tabelle dell’Ufficio Studi della Camera i tagli alle spese per il funzionamento delle università ammonteranno a 702 milioni di euro nel 2010, rispetto al 2008, e a 835,5 milioni di euro nel 2011. I tagli al programmma «istruzione universitaria» saranno addirittura maggiori: di 838,5 milioni nel 2010 e di 1645,5 milioni nel 2011. Secondo il Sole24Ore, nel 2009 le università riceveranno 105,8 milioni in meno rispetto al 2008; 1541,5 milioni in meno nel 2009; 2481,0 milioni in meno nel 2011. Queste sforbiciate sono il frutto della Finanziaria, della riduzione lineare del 6,85% dei fondi previssta dal decreto Ici e da un’ulteriore riduzione di 30 milioni l’anno prevista dal decreto Alitalia. Questo, sostiene il ministro Brunetta, avviene perché l’Italia deve affrontare la crisi internazionale e ridurre il bilancio. Ma in Francia la destra di Sarkozy riforma l’università non tagliando i fondi, ma aumentandoli (di 5 miliardi secondo il governo, di soli 800 milioni secondo i critici). In Svezia i conservatori aumentano i fondi per l’università di 1,5 miliardi in 5 anni. E in America Obama aumenterà di 21 miliardi di dollari gli investimenti federali nella ricerca e di 80 miliardi in due anni per la scuola. Chi sbaglia, noi o loro?
L’Unità, 24 febbraio 2009