Finora a bocciare il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini e la sua riforma della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione erano stati soltanto i sindacati, l’opposizione. Ora invece è arrivata una bocciatura anche da parte del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, organo dello stesso ministero, che liquida il Regolamento con alcuni giudizi molto severi: «non coerente» con l’autonomia scolastica, «compromette l’efficacia dell’offerta formativa», «non garantisce pari opportunità di offerta e di scelta sull’intero territorio nazionale» e renderà difficile soddisfare le aspettative delle famiglie sui tempi offerti dalle singole scuole. Detto in altre parole: mamme e papà potrete dire addio al tempo pieno. A meno di miracoli come l’improvviso arrivo di finanziamenti straordinari.
Dal ministero rispondono al giudizio del Consiglio ricordando che «il Cnpi è un organo con funzioni meramente consultive, e che comunque mai ha accolto con favore una riforma scolastica perché è un organo conservatore, teso a difendere lo status quo». E, quindi, aggiungono, «bisognerà rivedere la sua composizione, riformarlo in modo da rendere meno politico e sindacale il suo contributo, aumentando invece il carattere tecnico dei suoi pareri».
Il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, infatti, è un organo nato nel 1974. Ha come funzione quella di fornire una consulenza tecnico-professionale al ministro, a volte su richiesta del ministro, altre volte perché obbligato a farlo. Presidente è lo stesso ministro della Pubblica Istruzione, ed è composto da 74 consiglieri, la maggior parte eletti dalle varie categorie del personale scolastico.
Il 17 novembre scorso i consiglieri avevano già espresso «fermo dissenso e viva preoccupazione sulle scelte operate» dal ministro Gelmini in materia di maestro unico e orario di 24 ore settimanali, che avrebbero provocato – denunciavano i consiglieri del ministro – «una destrutturazione del sistema scolastico pubblico ed una netta riduzione quantitativa e qualitativa dell’offerta formativa». E quindi avevano chiesto «una profonda revisione dei provvedimenti adottati» ed un coinvolgimento nelle future decisioni.
Il 29 dicembre il ministro accetta, almeno in parte, le loro richieste. Invia al Consiglio una nota con il Regolamento approvato e chiede il loro parere. Il parere arriva un mese e mezzo dopo, il 12 febbraio, ed è una bocciatura a 360 gradi dei provvedimenti del ministro dell’Istruzione.
Bocciato «l’azzeramento delle compresenze e di fatto di tutte le forme di utilizzo del personale docente in compiti diversi dall’insegnamento frontale» che «influisce pesantemente sulla qualità dell’offerta formativa» e «induce a ricercare risorse compensative esterne», e quindi gli studenti avranno insegnanti sempre meno garantiti e non necessariamente adeguati alle discipline da insegnare.
Bocciata l’introduzione dei cambiamenti anche dalle classi successive alla prima «non tenendo conto delle scelte organizzative e didattiche della scuola, delle scelte già operate dalle famiglie, della prassi consolidata di una graduale implementazione di modifiche ordinamentali». Il modello delle 24 ore settimanali «diventa, da subito, il modello della suola pubblica. In tal modo si rendono residuali gli altri modelli». E, quindi, i consiglieri concludono la loro relazione rilevando che sui tempi scuola il Regolamento «possa alimentare nelle famiglie aspettative che, in assenza di congrue e correlate risorse, potranno difficilmente essere soddisfatte, mettendo la suola nella difficile situazione di dover riorientare le scelte e riorganizzare l’offerta».
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La Stampa, 14 Febbraio 2009