Stop ai debiti per auto, moto, computer: crescita zero per il credito al consumo.
Non si compera, quindi non ci si indebita. Finiti i tempi in cui per cambiare la macchina ogni anno, per permettersi un arredamento di tendenza o tecnologie sempre al top le famiglie a secco di contanti correvano a chiedere prestiti. La crisi globale ha cambiato le abitudini degli italiani: se prima era “cool” spendere, ora si fa di necessità virtù e si torna al frugale. Di tale gelata ha fatto le spese il credito al consumo che, dopo anni di crescita a due cifre, ora viaggia con un incremento tendente allo zero rispetto al 2007. Una caduta che va di pari passo con le difficoltà dell’economia e che ha fatto registrare a banche e società finanziarie un drastico ridimensionamento del settore. I prestiti finalizzati, infatti – utilizzati soprattutto per l’acquisto di beni durevoli come auto, mobili, elettrodomestici o computer e chiesti direttamente dal cliente al negoziante per dilazionare il prezzo d’acquisto – secondo uno studio Assofin, fra gennaio e novembre del 2008 hanno registrato rispetto allo stesso periodo del 2007 una caduta del 12,7 per cento. Solo nel settore degli autoveicoli e motocicli questi finanziamenti, che rappresentano il 40 per cento del business del credito al consumo, sono scivolati del 13,7. Una performance negativa bilanciata dall’impennata dei prestiti personali che nello stesso periodo hanno raggiunto quota 19 miliardi e 872 milioni (più 12,5 per cento). Ma va detto che tale formula è utilizzata soprattutto per far fronte a spese impreviste, come quelle mediche, o per ottenere la liquidità necessaria a mantenere un tenore di vita difficilmente sostenibile in un periodo di difficoltà economiche. La sua crescita, quindi, può essere letta come una conferma della crisi stessa. Lo stop alla corsa all’indebitamento è confermata dall’analisi delle dinamiche della domanda di prestiti effettuate da Crif. «A partire da giugno di quest’anno – spiega Enrico Lodi, direttore Credit Bureau Services di Crif – le famiglie italiane hanno iniziato a porsi in maniera più prudente davanti alla domanda di nuovi finanziamenti personali o finalizzati: ciò è indice di una crescente caduta delle aspettative». Già nei primi cinque mesi del 2008 la domanda di nuovi prestiti era stata piatta, ma fra giugno e settembre si è assistito ad una vera frenata, con un calo di circa il 10 per cento rispetto allo stesso periodo del 2007. Anche le rilevazioni di Prestiti Online confermano la cautela delle famiglie nei confronti dei prestiti. Nel secondo semestre 2002 l’importo medio dei prestiti personali erogati era di 7.880 euro, nel secondo semestre 2007 era praticamente raddoppiato a 15.458 euro, ma fra luglio e novembre di quest’anno la crescita si è invece arrestata sugli stessi valori del 2007 (15.515 euro). Ciò nonostante, dal fronte dei tassi d’interesse, le notizie arrivate ai consumatori siano state buone: guardando a quelli medi dell’ultimo triennio rilevati da Bankitalia per l’applicazione della normativa sull’usura si può vedere che i prestiti personali fino a 5.000 euro hanno beneficiato di un calo del 2,79 per cento (meno 1,56 per quelli d’importo superiore) e quelli contro cessione del quinto dello stipendio hanno registrato riduzioni oscillanti fra l’1,64 e il 7,02 per cento. La caduta nella richiesta di prestiti e la difficoltà che le famiglie incontrano nell’onorarli hanno spinto alcuni deputati della Lega Nord a presentare un emendamento al decreto anti-crisi volto a «riabilitare persone fisiche non solventi a causa delle difficoltà della congiuntura economica di recessione». In pratica banche e intermediari finanziari dovrebbero inviare le segnalazioni di sofferenze solo alla Centrale dei rischi Bankitalia quando i mancati pagamenti superino almeno sei rate mensili o una rata semestrale relativa a contratti di mutuo, leasing o vendite rateali. L’Associazione delle Società di Referenza Bancaria ritiene che l’approvazione di questo emendamento spingerebbe gli istituti di credito a chiedere maggiore garanzie sia ai consumatori che alle imprese.
La Repubblica 05.01.09