Stefano Fassina (da www.stefanofassina.it)
Il cosiddetto Decreto Legge Anti-crisi (DL 185/08), approvato dal Governo il 28 Novembre scorso, e’ inadeguato e, per alcune misure in esso contenute, controproducente. Innanzitutto, va sottolineato che, in termini macroeconomici, non da alcun sostegno alla domanda aggregata, in quanto le minori entrate e le maggiori spese, sono , sulla carta, interamente compensate. Infatti, i 6 miliardi di euro indicati some sostegno alle famiglie e alle imprese per il 2009 sono interamente “coperti” da aumenti di entrate o riduzioni di spese. A livello macroeconomico, quindi, non e’ anti-ciclico, neppure in misura modesta. Semplicemente neutrale. Nessun impulso alla crescita. Siamo l’unico Paese europeo a rinunciare all’apporto delle politiche di bilancio al fine di attutire le conseguenze della crisi in atto.
L’analisi delle singole misure evidenzia un impatto pro-ciclico, ossia di peggioramento delle dinamiche in corso. Sono pesantemente pro-cicliche le misure di cui all’art. 29, le quali di fatto annullano gli incentivi agli investimenti in ricerca ed innovazione e le spese per le ristrutturazioni edilizie con finalità ambientali, poiché rendono le agevolazioni fiscali incerte. Le “prenotazioni” rendono l’incentivo incerto. Un incentivo incerto equivale a nessun incentivo. Ritorna la stessa logica sottostante allo svuotamento del credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, realizzato con il Decreto legge 93/08 del Giugno scorso. L’obbligo di prenotazione delle agevolazioni per la ricerca (pari al 40% delle spese sostenute entro il limite di 50 milioni di euro ad impresa) ed il pesante ridimensionamento, non solo per il futuro, ma anche retroattivo, degli incentivi alla riqualificazione ambientale degli edifici (in origine, detrazione di imposta al 55% fino ad un massimo di 100.000 euro di spesa per immobile) sottrae risorse ad attività ad elevato moltiplicatore economico ed occupazionale (oltre che ad elevato contenuto innovativo), soprattutto per le micro, piccole e medie imprese artigiane.
Per i principali obiettivi perseguiti dal Decreto, ossia estensione dell’indennità di disoccupazione oltre il perimetro degli attuali assicurati e potenziamento delle garanzie per l’accesso al credito delle micro, piccole e medie imprese, i provvedimenti sono spostamenti di risorse tra diversi capitoli del Bilancio dello Stato ai quali si associano modestissime integrazioni.
Per l’estensione dell’indennità di disoccupazione (art. 19) sono previsti 289 milioni di euro nel 2009. Tale stanziamento e’ alimentato per 135 milioni da risorse previste in Bilancio per la formazione professionale e per facilitare l’accesso ai finanziamenti del Fondo Sociale Europeo, per 54 milioni da risorse stanziate per altre indennità di disoccupazione e solo per 100 milioni da risorse aggiuntive.
Per favorire l’accesso al credito delle micro, piccole e medie imprese (art. 11), le uniche dotazioni certe ammontano a 150 milioni di euro per il 2009 interamente provenienti dal “Fondo per la finanza d’impresa”. Le eventuali ulteriori risorse, qualora effettivamente disponibili (ex 488/92), verrebbero comunque sottratte ad altri provvedimenti a favore delle imprese. I Confidi ricevono una somma pari al 30% del totale degli stanziamenti per l’estensione delle garanzie. Quindi, possono contare soltanto su 45 milioni di euro per il 2009.
La riduzione di 3 punti percentuali degli acconti Ires ed Irap riguarda solo le societa’ di capitali ed e’ configurata come misura una tantum. In sostanza, le imprese beneficiate oggi, si troveranno a pagare un conto fiscale maggiorato nel corso del 2009, in una fase economica prevista in peggioramento rispetto a quella attuale. Per quanto riguarda l’intervento di sensibilizzazione al ciclo degli studi di settore, si prospetta solo un generica intenzione lasciata alla completa discrezionalità del Ministro dell’Economia. Anche per l’Iva per cassa si prevede un interveno di bandiera. Come avevamo sottolineato più volte in campagna elettorale, l’Iva per cassa non e’ nelle disponibilità unilaterali degli Stati nazionali, poiché l’Iva e’ un’imposta, l’unica, finalizzata ad alimentare il bilancio dell’UE e pertanto disciplinata da una specifica Direttiva Comunitaria. Pertanto, il Decreto introduce l’Iva per cassa sotto condizione di autorizzazione da parte della Commissione e senza specificare i limiti di fatturato entro i quali si potrebbe applicare.
In sostanza, i provvedimenti per le imprese, fatto salvo da deducubilità parziale e forfettaria dell’Irap, sono tra l’irrilevante (Studi di Settore ed Iva per cassa) ed il dannoso (“prenotazione” delle agevolazioni fiscali e riduzione delle percentuali di acconto da ripagare nel 2009). La vera politica fiscale per le imprese viene realizzata surrettiziamente attraverso l’allentamento delle maglie della rete anti-evasione. Il Decreto, ufficialmente con finalità di semplificazione, continua l’opera di smantellamento delle misure anti-evasione introdotte dal Governo Prodi. In particolare, viene eliminato il filtro dell’Agenzia delle Entrate per le l’utilizzo di crediti Iva superiori a 10.000 euro ad operazione.
Il bonus per le famiglie (art. 1) e’ sostanzialmente la ripetizione dell’intervento effettuato dal Governo Prodi nel 2007, quando il Pil era intorno al 2%. Nel 2007, il bonus aveva senso in quanto si perseguiva una finalità redistributiva. Oggi, date le condizioni attuali ed attese dell’economia, sarebbe stato necessario un intervento di portata ben più ampia, sia per importo medio, sia per numero di contribuenti interessati. Data la necessita’ di sostenere anche i redditi medi, la misura da attuare, come da giugno proposto dal Pd, sarebbe stata un innalzamento permanente delle detrazioni, per un importo medio di 500 euro all’anno, per redditi da lavoro e da pensione.
L’intervento sui mutui (art 2) e’ il riconoscimento del fallimento, anche questo ampiamente previsto, del Protocollo MEF-ABI del luglio scorso. Finalmente, il Governo accoglie la proposta avanzata dal Pd attraverso emendamenti a vari provvedimenti discussi in Parlamento nei mesi scorsi e dispone che le banche offrano contratti di mutuo a tasso variabile indicizzato al tasso di rifinanziamento principale delle della BCE in alternativa all’Euribor (ancora in questi giorni quasi 100 punti base superiore al tasso di rifinanziamento BCE). Il ritardo del Governo implica un costo di diverse centinaia di euro per le famiglie con mutui a tasso variabile. In ogni caso, va sottolineato che gli oneri per i minori interessi pagati dalle famiglie saranno a carico del Bilancio dello Stato. Ancora una volta, nessun impulso alle competizione tra aziende di credito e nessun sostegno al meccanismo della portabilità dei mutui.
Ulteriore misura di rimpacchettamento delle risorse già stanziate e’ il cosiddetto “Fondo cicogna” (art. 4) per i sostegno ai neonati. Il Fondo e’ interamente alimentato da risorse sottratte al Fondo per la famiglia. L’art. 4 contiene anche un colpo pesantissimo al Servizio Civile poiché pone a carico di chi svolge tale attività di volontariato la contribuzione previdenziale (oggi a carico del Fondo Nazionale del Servizio Civile).
Il Governo abbandona gli incentivi fiscali al lavoro straordinario, i quali, come riportato in una recente survey della Banca d’Italia, hanno determinato, in una fase recessiva, un prevedibile effetto negativo sull’occupazione (un’ampia fetta di imprese ha preferito allungare l’orario di lavoro fiscalmente agevolato ai lavoratori già occupati piuttosto che ricorrere ad assunzioni). Viene, invece, prorogata e potenziata (innalzando il tetto di retribuzione da 30.000 a 35.000 euro e l’ammontare massimo detassato da 3.000 a 6000 euro) la parziale detassazione dei premi di produttività. La misura in una fase di contrazione dell’attività economica è inutile, dato che, come noto, nelle fasi di recessione la produttività diminuisce poiché la diminuzione percentuale dell’occupazione è minore della riduzione del Pil. La misura sembra, quindi, finalizzata ad offrire, a costo zero per il bilancio pubblico, una sponda alla parte delle organizzazioni sindacali più disponibili nei confronti del Governo. L’assenza di effetti sostanziali sulla produttività non esclude la possibilità di pratiche elusive da parte delle imprese, le quali potrebbero ri-etichettare una parte della retribuzione tabellare come premio di risultato ed ottenere una riduzione del costo del lavoro.
L’intervento sulla CDP è potenzialmente di rilevante portata. Si estende la possibilità di utilizzo del risparmio postale per investimenti infrastrutturali. Non sono chiari eventuali riflessi sul Bilancio dello Stato e sul Patto di Stabilità Interno. In una prossima nota, si forniranno valutazioni puntuali.
Infine, le misure sul settore energia presentano significative criticità sulle quali torneremo in una successiva nota. In via preliminare, va segnalata la priorità data dal Governo all’ambito dell’energia elettrica, ossia l’ambito che, negli ultimi anni, è stato più investito da processi di liberalizzazione rispetto, ad esempio, al settore del gas.
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