Proponiamo l’intervento di Manuela Ghizzoni, Capogruppo Pd alla Commissione Cultura della Camera, apparso ieri su Aprileonline.info.
Nella giornata mondiale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza il premier interviene sulle classi ponte per difenderle, oltre che sulla “riforma del grembiulino”. Un comportamento che testimonia l’assenza di conoscenza in materia ma anche l’inopportunità istituzionale.
Il presidente del Consiglio Berlusconi si è contraddistinto anche oggi per la gravità del suo comportamento, spargendo sale sulla già profonda ferita inferta all’istruzione dal suo governo. Il premier ha infatti utilizzato un’occasione importante come quella odierna, ovvero la giornata mondiale dedicata ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, per intervenire non in merito ai gravi problemi che affliggono il mondo dei più piccoli, bensì per discutere di aspetti marginali che afferiscono alla riforma proposta dal suo governo e che dimostra per altro di conoscere approssimativamente.
Due gli esempi di questa inopportunità. Il primo relativo alla questione del grembiule che il piano Gelmini vorrebbe reintrodurre e che il presidente del Consiglio difende anche oggi. Fermo restando che non rappresenta un intervento politico degno di questo nome, sul tema dell’uso del grembiule nelle scuole si è prodotta una pessima informazione. Non è stata infatti la ministra dell’Istruzione Gelmini ad introdurlo -tanto che non esiste nessun atto ufficiale che vi si riferisca, anche nel documento di riforma- bensì la sua collega Gianmanco. L’occasione è stata la prima audizione alla Settima Commissione per presentare le linee di indirizzo che il dicastero della Gelmini intendeva perseguire: ebbene nella replica a questa esposizione della futura politica scolastica dell’attuale ministero, l’onorevole Gianmanco propose questo tema di riflessione giustificandolo con la necessità di garantire e favorire l’identità della comunità, oltre che per attenuare le differenze sociali che si esprimono esteriormente con gli abiti. Una proposta che accolse l’interesse della ministra, che però non ne è stata l’ideatrice. Già in quella circostanza, come Pd ricordammo che molte scuole prevedono ancora l’uso del grembiule, soprattutto durante le attività artistiche, e che la questione riguarda l’autonomia dei singoli istituti, ma soprattutto sottolineammo come non si potesse pensare di costruire una riforma dell’istruzione a partire dal tema del grembiule rispetto a necessità e bisogni ben più importanti che questo mondo presenta. Eppure la “riforma del grembiule” è stato il tormentone di questi mesi a cui, anche questa mattina, ha fatto riferimento il premier dimostrando di non conoscere ciò di cui parla, visto che nella riforma non c’è nessun riferimento a grembiuli, divise e quant’altro. L’ennesima prova del fatto che il tema è stato creato ad arte per spostare l’attenzione sul vero tentativo in atto, ovvero i tagli previsti dal governo a scapito della formazione pubblica. Una arma di distrazione di massa.
Il secondo esempio che testimonia l’ignoranza e la falsità del premier è nel suo martellante ripetere che la riforma Gelmini, prima decreto e ora legge 169, non prevede tagli o diminuzione dei posti di lavoro nel settore. E’ vero, nel senso che si occupa di altri aspetti, come il ritorno alla valutazione numerica, del voto di condotta e del maestro unico. Ma Berlusconi mente e dimostra ignoranza – insincera- quando afferma che in generale la politica dell’esecutivo non prevede tagli e licenziamenti verso il mondo dell’istruzione pubblica. La manovra d’estate ha infatti stabilito una decurtazione dei finanziamenti per 8 miliardi di euro, il che significa 87.400 cattedre in meno e la perdita di 44.500 posti di lavoro per amministrativi, tecnici e personale di custodia. Questo è stato deciso dal governo e approvato in luglio. Un taglio indiscriminato di denaro e lavoro che è stato aggravato con la approvata alla Camera la scorsa settimana. Sono infatti venute meno altre risorse economiche: 22 milioni per l’edilizia scolastica solo per il prossimo anno, 50 milioni per i fondi degli istituti. Dunque i tagli ci sono e testimoniano la scelta di colpire, per mezzo di una riduzione dei finanziamenti, il mondo della scuola pubblica. Una scelta precisa, definita, reiterata in più atti, che Berlusconi non può continuare a nascondere dietro la questione e la campagna per il grembiulino.
Ma è stato il riferimento odierno al tema delle classi ponte quello che provoca maggiore senso di imbarazzo e che si contraddistingue per inopportunità, proprio perché affrontato nel giorno in cui si celebra la giornata mondiale sui diritti dei minori. Le classi ponte infatti si fondano sull’idea che l’integrazione passi per la divisione sociale, mirano a dividere e selezionare gli alunni. La riproposizione dello spirito politico che settanta anni fa portò alle leggi razziali. Come governo Prodi nella scorsa legislatura avevamo previsto lo stanziamento di 20 milioni di euro per il potenziamento della conoscenza della lingua italiana per gli studenti stranieri. Che fine hanno fatto quei fondi? Non solo, sempre come governo Prodi, avevamo presentato il cosiddetto “piano L2”, che interveniva con appositi aiuti e sostegno verso gli enti locali e le amministrazioni per favorire l’apprendimento della nostra lingua da parte degli alunni immigrati, perchè l’integrazione sociale necessità per realizzarsi del possesso della lingua. Era ed è ancora un piano concreto e già finanziato che l’esecutivo del centrodestra ha gettato al macero e che noi, anche in Aula, abbiamo chiesto fosse attuato. Perché non riprenderlo e realizzarlo dunque utilizzando i fondi già stanziati? La risposta è anche in questo caso sempre la stessa: meglio proseguire per risposte propagandistiche e ideologiche come le classi ponte, che ancora non è chiaro come verranno organizzate in termini reali e pratici.
Ebbene, nel giorno dedicato all’infanzia e all’adolescenza, in cui si impongono i dati drammatici relativi all’esclusione dei più piccoli dall’istruzione, il loro essere vittime principali dei conflitti e della pedopornografia (per cui l’Italia si piazza quinta nel mondo), il premier pensa bene di discettare sulle classi ponte e il grembiulino: un modo non istituzionale di comportarsi stornando l’attenzione su misure ideologico-propagandistiche prese dal suo esecutivo. La povertà, la pornografia minorile, le paure dei piccoli abbandonati davanti a computer e tv: su tutto questo silenzio. Anzi a tutto questo il governo Berlusconi risponde riducendo il tempo scuola, che nella legislatura scorsa era stato rilanciato sostenendo il progetto di istituti aperti anche fuori dell’orario canonico per renderli un centro vitale per la comunità intera, soprattutto nelle realtà più piccole. Per fare della scuola un polo di istruzione, educazione, socializzazione. Tutto questo, questa idea di scuola in particolare, la stanno affossando riducendo il tempo dedicato alla formazione. Un modo per fare carta straccia dell’idea della “comunità educante” su cui l’Italia ha tanto lavorato. Loro, evidentemente, pensano soltanto alla “tv educante”, laddove la televisione, che pure sarebbe utile all’educazione, è però quella spazzatura di cui è stato pioniere, guarda caso, il presidente del Consiglio con le sue reti.
Aprileonline.info, 20 novembre 2008