l decreto Gelmini, da poco trasformato in legge, non risponde alle esigenze delle famiglie, né delle madri, né dei padri e ancora meno dei figli. Gli effetti più importanti riguardano l’occupazione, gli orari e l’organizzazione del tempo della famiglia. Nonché i contenuti del tempo scuola. In particolare, i tagli di personale riguarderanno soprattutto donne. Mentre la riduzione del tempo-pieno può rallentare la tendenza a una maggior simmetria tra i genitori. E avrà effetti diversi sulla divisione del lavoro domestico per famiglie appartenenti a fasce di reddito diverse.
La legge di riforma della scuola, da poco approvata in Parlamento, non risponde alle esigenze delle famiglie, né delle madri, né dei padri e ancora meno dei figli. (1)
Gli effetti più importanti riguardano l’occupazione, gli orari e l’organizzazione del tempo della famiglia, nonché i contenuti del tempo di scuola. In particolare, la riduzione del tempo-pieno scolastico può rallentare la tendenza verso una maggior simmetria tra i genitori e avrà effetti diversi sulla divisione del lavoro domestico per famiglie appartenenti a fasce di reddito diverse.
COSA SARÀ DELLE INSEGNANTI
La riforma prevede in primo luogo tagli occupazionali rilevanti: 87.400 insegnati in meno in tre anni. Riguarderanno soprattutto donne. Infatti, come si vede dalla tabella 1, le donne costituiscono in Italia l’81,1 per cento degli insegnanti.
Tabella 1 – Donne docenti in Italia e in alcuni Paesi europei per
livello scolastico (per 100 docenti) – A.S. 2004/2005
La presenza femminile diminuisce al crescere del livello scolastico e quindi del prestigio sociale attribuito all’insegnamento: si passa dal 99 per cento di insegnanti donna nella scuola dell’infanzia al 60 per cento delle scuole secondarie di II grado. La concentrazione delle donne nell’insegnamento, segnale di segregazione occupazionale, nelle condizioni attuali di scarsi servizi, ha consentito maggiori possibilità di conciliazione, sia per gli orari di lavoro giornalieri che per i calendari annuali.
ORARI E FAMIGLIE
Ma la riforma molto probabilmente porterà anche a tagli all’orario scolastico, con effetti indiretti sulle famiglie, sulle madri, padri e bambini.
La riforma prevede tagli dell’orario scolastico. Nonostante le dichiarazioni del ministro Gelmini, secondo cui in realtà il tempo pieno non si ridurrà, l’articolo 4 della legge prevede 24 ore settimanali. (2)Sul piano del confronto internazionale, il numero di ore di insegnamento delle scuole primarie italiane, pur superiore alla media europea, è uguale o inferiore a paesi come la Francia o l’Olanda o il Regno Unito.
I dati che emergono da “La scuola in cifre”, pubblicato dal ministero della Pubblica istruzione nel 2007, mettono in evidenza una netta preferenza dei genitori per un orario più lungo.
Ma l’orario scolastico varia molto tra le diverse aree geografiche e diminuisce man mano che si scende dal Nord alle Isole. Il grafico 1 mostra una prevalenza dei tempi più lunghi per la scuola primaria. Il tempo pieno a 40 ore è più diffuso al Nord e Centro, dove più elevata è la presenza di famiglie in cui entrambe i genitori lavorano. Al Sud, il tempo pieno è estremamente raro e questo può rappresentare un ulteriore freno alla crescita dell’occupazione femminile.
Grafico 1 – Alunni per orario di frequenza e per ripartizione geografica
Scuola primaria statale – A.S. 2006/2007
Fonte: Ministero della Pubblica Istruzione, La scuola in cifre, 2007
Sia gli effetti diretti che quelli indiretti della riforma andranno quindi a ricadere prevalentemente sulle donne che, nella situazione attuale, si occupano di più dei figli. Tuttavia, come mostrano i dati sull’uso del tempo, negli ultimi dieci anni i padri, soprattutto i più giovani, si occupano di più dei figli e in particolare nelle attività post-scolastiche. Il tempo pieno offriva ai genitori un punto di partenza paritario, in cui era possibile gestire il tempo dei bambini dopo l’orario di lavoro sia in modo indipendente sia insieme.
Se il tempo-pieno si riduce, c’è bisogno di una persona che si occupi dei bambini: un ritorno al passato che non incentiva il trend attuale verso una divisione dei ruoli più simmetrica.
E questo in un paese come l’Italia, dove le difficoltà di conciliazione sono molto più forti che altrove e per un arco di tempo più lungo. Come si vede dal grafico 2, a differenza di altri paesi, i tassi di occupazione femminile italiani sono più bassi per le donne con figli. Inoltre, mentre negli altri paesi l’occupazione femminile aumenta al crescere dell’età dei figli, in Italia continua a diminuire. Nella maggior parte dei paesi, infatti, le donne tornano a lavorare dopo la nascita dei figli: in Italia solo il 30 per cento riprende a lavorare dopo avere avuto un figlio. E il fenomeno è tanto più diffuso al Sud e tra le donne con bassi livelli di istruzione.
Grafico 2 – Occupazione femminile per età del figlio più piccolo
Fonte: OECD, Society at a Glance, 2006
Durante la precedente legislatura era stata avviata una commissione per studiare le possibilità di rendere più coerenti gli orari e i calendari della scuola con gli orari e i calendari del lavoro dei genitori proprio per ridurre le difficoltà di conciliazione: questa riforma va nella direzione opposta.
EFFETTI SUI BAMBINI
Ma gli effetti della riforma si avranno anche sui bambini. Un primo aspetto riguarda il maestro unico. Recenti ricerche mostrano che la presenza di insegnati diverse per diverse materie ha un impatto positivo sullo sviluppo cognitivo dei bambini e dei ragazzi perché stimola e amplia l’interazione tra studenti e insegnanti. (3)
Anche il contenuto del tempo scuola, il “come” sarà riempito, non è privo di effetti sulle famiglie e sul capitale umano dei loro figli. Se invece di avere un tempo-pieno, organizzato secondo i tempi dei bambini tra attività curriculari e extra-curriculari, si tornerà al dopo-scuola degli anni Settanta, dove i bambini venivano “aiutati a fare i compiti”, le famiglie più abbienti faranno uscire i loro figli alle 12.30 e organizzeranno in proprio le attività pomeridiane. Oppure, si rivolgeranno direttamente alle scuole private. La scuola statale del pomeriggio rischierà così di trasformarsi in un ghetto per i bambini provenienti dalle famiglie con redditi più bassi. Se poi il dopo-scuola sarà a pagamento, come probabile visto che dalla riforma non devono conseguire ulteriori oneri a carico del bilancio pubblico, questo graverà in maniera pesante sui conti delle famiglie più povere, la cui unica vera alternativa sarà tenere a casa i bambini al pomeriggio.
(1) È la legge 169/08 del 29/10/2008.
(2) “(…) è previsto che le istituzioni scolastiche della scuola primaria costituiscono classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali”: articolo 4 legge 169.
(3) Vacirca M.F, Giannotta F. e Ciairano S. (2007), “Relazione con gli insegnanti e coinvolgimento scolastico degli alunni nella scuola secondaria di primo grado”, Psicologia e Scuola, n. 137, Anno 28.
Foto: Dal film “La vita è bella” di Roberto Benigni, 1997
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