scuola | formazione

“L’onda invade Roma. Genitori e figli in nome della scuola”, di Concita De Gregorio

La guerra delle cifre, una guerra oziosa e inutile. La capitale ieri era tutta pacificamente occupata da chi ha deciso di alzare la voce per difendere la scuola pubblica. Milioni di persone in tutto il Paese. L’Onda è liquida, naturalmente. Bisognava aspettarselo. Ma quale corteo, ma quale percorso. L’Onda non è mica un treno sui binari, non è una classe in fila per due. L’Onda quando viaggia non segue la voce metallica del TomTom che ti dice «fra duecento metri svolta a destra», nevrosi collettiva di chi disattiva il cervello e accende l’automa. L’Onda pensa eccome: «cogito ergo sum» c’è scritto sui suoi striscioni, pensa in latino. Trabocca e tracima e invade dei suoi rivoli i vicoli di Napoli, le calli di Venezia, i viali di Torino, le piazze di Roma, tutte. L’Onda è come il mare quando si gonfia, senti da lontano il rumore non lo vedi arrivare poi all’improvviso eccolo, è dietro, è intorno, è davanti. I vigili urbani ridevano appoggiati agli angoli dei palazzi nobiliari, ieri mattina nel centro della Capitale: «No, non lo sappiamo da dove arrivano. Sono ovunque, non vede?». Certo, sono ovunque. L’Onda – guardatevi intorno – è dappertutto.

I bambini che aprono uno dei cortei hanno delle magliette verdi con su scritto «Il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini». Le madri i padri e i loro maestri anche: maglie più grandi. E’ il ritornello di una canzone di Luca Mascini, quello degli Assalti Frontali. Un seienne ha una t-shirt bianca con scritto a pennarello «bambino strumentalizzato». La madre ha 34 anni, si chiama Elena: «Sono una precaria della scuola ma vorrei dire a questo governo che mi sento davvero molto serena, oggi. I precari sono loro, non noi. Questa è una rivolta di popolo. Guardi, si guardi attorno. Vede categorie, vede corporazioni, vede lobbies?». Da un camion con gli altoparlanti viene la musica di Pulp Fiction: professori di scuola media ballano, due ragazzi coi capelli rasta seduti sul camion si baciano, i fotografi scattano. Frasi di Aristofane, Dante, Elsa Morante, Quasimodo. Fabio Mussi, ex ministro dell’Università, si entusiasma per gli striscioni: «Sono bellissimi». Ce n’è uno di Foscolo, «Scrivete, perseguitate con la verità i vostri persecutori». Più indietro ce n’è un altro scritto col gesso su una lavagnetta da una maestra: «Ma non era meglio se pagavo l’Ici?».

La Questura rende noto che i manifestanti sono centomila e non è il caso di tornare sull’ammuffita polemica delle cifre. Basta la pratica di vita per rendersi conto che Roma è completamente invasa, impercorribile se non a piedi o in motorino. Non c’è un corteo, c’è gente ovunque. Ciascuno arriva dove può, si ferma dove vuole. Guglielmo Epifani, in piazza Navona, parla con passione a una piazza colma di palloni e gonfia di cento bandiere: tutte le sigle sindacali – «Stiamo uniti», urla il segretario della Cgil – i banchetti di Di Pietro, Bertinotti che ascolta, Rosy Bindi e più indietro Diliberto, i Cobas, Renata Polverini dell’Ugl il sindacato della destra, gli studenti di destra, gli anarchici con la A cerchiata, i rasta dei centri sociali, i bambini col grembiule, le insegne degli istituti superiori, i motti delle Università e i camici bianchi dei professori associati. La parte di corteo che spinge verso piazza Navona da piazza di Spagna passa davanti alle vetrine di lusso, si affacciano i commessi di Armani e di Tiffany. I ragazzi con la cresta viola venuti da Firenze urlano «Scappate, scappate, arrivano le scuole incazzate». Non scappa nessuno, una signora elegante si fa strada verso il suo portone, i ricercatori sfilano con un cartello che dice «Berlusconi se hai i capelli in testa è grazie alla ricerca». Una ragazza porta appeso al collo un cartoncino che dice «prendo 400 euro al mese, studio i vaccini contro l’Hiv». Si riflette su una vetrina di un negozio di scarpe: 850 euro i sandali da sera. Due mesi e rotti di lavoro, ridono i suoi colleghi intorno.

Maroni il ministro dice che chi occupa le scuole sarà denunciato. Due amiche d’infanzia, una ora vive a Firenze una a Bologna, si ritrovano dopo anni e si abbracciano sotto il palco del comizio. Enza e Isabel. «Ci denuncino pure, non abbiamo mica paura. Però perché Maroni non denuncia anche quelli che vanno in giro coi furgoni e con le spranghe, quelli che provocano infiltrandosi? Ci prendono per stupidi, pensano che non ci accorgiamo di quello che sta succedendo? Cercano l’incidente, è chiaro. Ma guardi che meraviglia, invece. C’è la musica ed è tornato anche il sole».

È tornato il sole, sì. Peccato che da qui, da Roma, si possa arrivare a piedi solo fino al ministero dell’Istruzione e al Colosseo, ai Fori e alla Piramide: spezzoni liquidi di folla in ogni prato. Un rivolo corrre sul Lungotevere verso Porta Portese: grida «Occupiamo la Capitale», vengono dalla Sicilia. In coda cantano «Il cielo è sempre più blu». Peccato essere solo qui a Roma perché invece l’Onda è in tutta Italia, nello stesso momento e tutta insieme. E’ a Capri e a Milano, a Linosa e a Torino, a Jesi, a Palermo, a Bologna, a Genova a Cefalù. Ci vorrebbe una foto dal satellite. Una di quelle da Google. Centomila, come no. Meno male che noi c’eravamo e l’abbiamo visto, lo possiamo raccontare. Fidatevi. Era un’onda sola, enorme, dappertutto.

L’Unità, 31 ottobre 2008

1 Commento

I commenti sono chiusi.