di Lisa Castaldo da www.women.articolo21.com
E’ notizia di questi giorni: la Consigliera Nazionale di Parità effettiva, Fausta Guarriello, ha ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento volto a verificare la sussistenza dei presupposti della c.d. Legge Frattini (L. 145 del 15 luglio 2002).
E’ il meccanismo dello spoil system.
La Legge Frattini prevede, all’ art. 6, la possibilità di revocare le nomine degli organi di vertice conferite dal Governo o dai Ministri nel mese precedente lo scioglimento anticipato di entrambe le Camere. Le Consigliere Nazionali di Parità (effettiva e supplente) sono state nominate il 22 gennaio 2008 e le Camere sono state sciolte il 6 febbraio c.a. Questi i fatti.
Ma la questione è un’ altra: la Consigliera di Parità è stata unanimemente ritenuta, sin dalla sua istituzione, un organismo di garanzia dell’attuazione del principio costituzionale di parità e di pari opportunità uomo-donna, con specifico riferimento all’ambito lavorativo.
Tant’è che mai prima d’ora una Consigliera di Parità è stata revocata dal vertice politico durante il corso del suo mandato.
In Italia esiste una Rete Nazionale composta da circa 220 Consigliere di Parità le quali sono, nell’esercizio delle loro funzioni, pubblici ufficiali. Assoggettare la Consigliera di Parità al meccanismo dello spoil system costituisce un grave precedente che potrà ripercuotersi a cascata su tutte le altre Consigliere di Parità che operano a presidio dei rispettivi territori.
In un momento in cui i diritti delle lavoratrici sono così difficili da tutelare – ammesso che ci sia la volonta’ di tutelarli – mentre l’Italia e’ il fanalino di coda dell’Europa in materia di occupazione femminile, revocare la Consigliera Nazionale ci sembra la misura meno impellente da adottare.
Signora Consigliera, se non erro, questo dovrebbe essere il primo caso in cui si interviene su una Consigliera Nazionale di Parità attraverso un meccanismo di spoil system.
Lei stessa è stata nominata alla naturale scadenza del mandato della Consigliera Nazionale di Parità precedentemente in carica. Che cosa sta succedendo?
Evidentemente qualcosa e’ cambiato. Fino ad ora non si era mai verificato che una consigliera di parità, di qualsiasi livello, nazionale, regionale o provinciale, venisse revocata durante il mandato, la cui durata è predeterminata per legge.
La nomina della Consigliera Nazionale di Parità avviene attraverso un decreto a firma congiunta del Ministro del Lavoro e del Ministro per le P.O.
Tuttavia, la Consigliera Nazionale di Parità non è una figura politica bensì un organismo garante dell’attuazione dei principi costituzionali di pari opportunità e di non discriminazione tra donne e uomini, con specifico riferimento all’ambito lavorativo.
Oggi, se il procedimento volto alla verifica dell’applicazione del meccanismo di spoils system alla figura della Consigliera porterà alla revoca della mia nomina, in quanto avvenuta sotto il precedente governo, si assisterà ad uno snaturamento delle funzioni di garanzia della figura, che mina il suo carattere di indipendenza e di terzietà, trasformandola in un organismo a carattere politico e non tecnico, legato da rapporto fiduciario con il ministro (o l’assessore di turno) in carica, revocabile ogniqualvolta cambi la maggioranza politica.
Il Codice di Parità chiarisce che la durata del mandato di tutte le Consigliere (anche quelle a livello locale) è di 4 anni, rinnovabile una sola volta. Questo elemento può costituire ulteriore riprova del fatto che l’incarico della Consigliera non è legato alla durata l’organo politico (nazionale o territoriale) da cui è stata nominata?
Certamente le varie leggi che hanno istitutito e disciplinato la figura (e da ultimo il codice di pari opportunità, d. lgs. n. 198/2006, fatto approvare dalla ministra Prestigiacomo) non hanno previsto la revoca della Consigliera, fissando in quattro anni la durata del mandato, rinnovabile per una sola volta, mostrando di considerare assolutamente sganciata la figura e le funzioni della Consigliera di parità dalle vicende legate all’alternarsi dei governi.
La Consigliera Nazionale di Parità presiede la Rete delle Consigliere Nazionali, composta da circa 220 Consigliere, diffuse su tutto il territorio nazionale.
Se si avallasse un meccanismo di tipo spoliativo per queste nomine, ad ogni cambio di governo o di amministrazione locale, si potrebbe determinare un pericoloso black out nel funzionamento dell’intera Rete Nazionale, con pesanti ripercussioni per la tutela dei diritti delle lavoratrici.
Concordo con lei: la durata del mandato e la sua irrevocabilità mirano ad assicurare continuità all’attività di promozione e tutela svolte dalla Consigliera di parità, soprattutto se pensiamo alla delicata attività istruttoria dei casi di discriminazione, di conciliazione, di assistenza alle vittime di discriminazione, di azione in giudizio.
Signora Consigliera gli indirizzi programmatici da lei stilati per l’attività del triennio della Rete Nazionale delle Consigliere prevedono: la promozione delle politiche di parità, l’attivazione di mezzi di contrasto alle discriminazioni di genere e, non da ultimo, la promozione delle azioni in giudizio. Il suo intento è quello di arrivare ad individuare, nel prossimo triennio, delle linee strategiche antidiscriminatorie.
Si, tra le linee programmatiche del mio mandato rientra quella di portare a sistema le buone prassi in materia antidiscriminatoria, attraverso la definizione di linee guida nella trattazione dei casi di discriminazione, azioni di formazione e sensibilizzazione rivolti ad amministrazioni pubbliche, giudici, avvocati, mass media, attivazione di una banca dati sulla giurisprudenza in materia, attivazione di un pool di esperti che possa assistere le consigliere di parità nella redazione di pareri legali. Molte di queste attività sono state preparate e impostate e attendono solo che vengano sbloccate le risorse finanziarie per iniziare a funzionare.
In questi mesi la Consigliera Nazionale si è resa promotrice, insieme al Dipartimento della Funzione Pubblica, di un protocollo di intesa finalizzato alla formazione della dirigenza della Pubblica Amministrazione sulla normativa in materia di parità nel lavoro.
L’obiettivo è quello di promuovere, nella Pubblica Amministrazione in qualità di datrice di lavoro, una piena applicazione della normativa di parità vigente?
Si, il Protocollo con la Funzione Pubblica sulla promozione di Pari Opportunità nelle Pubbliche Amministrazioni rientra tra le attività di preparazione ad un’azione pilota di sensibilizzazione e di formazione dell’alta dirigenza delle P.A. perché le normative di parità e di pari opportunità vengano effettivamente rispettate.
L’obiettivo perseguito di comune accordo con la Funzione Pubblica è quello di dare attuazione alla direttiva Nicolais-Pollastrini e di favorire una maggiore consapevolezza sul fatto che strumenti come i piani triennali di azioni positive, i bilanci di genere, il rispetto della legge nella formazione di commissioni di concorso miste, l’eliminazione di requisiti indirettamente discriminatori nei bandi di concorso, motivazioni specifiche e adeguate nelle promozioni interne non sono solo obblighi di legge da rispettare, ma anche occasioni di mutamento organizzativo che migliora le prestazioni della P.A.
Un altro argomento da lei affrontato è stato quello che riguarda i rapporti biennali del personale finalizzato a mettere a regime l’utilizzo di un software per l’invio e per l’elaborazione dei dati.
Questo consentirebbe di ottenere una rilevazione disaggregata per genere non solo su base regionale ma a livello nazionale, consentendo, quindi, una lettura dei dati?
Per legge, i dati sulla situazione del personale disaggregati per genere sono elaborati a livello regionale dalla consigliera regionale di parità: come Rete delle Consigliere di parità vorremmo poter utilizzare questa importante fonte di informazioni su scala nazionale o per macro-aree, per dedurne dati statistici attendibili e reali sullo stato delle assunzioni per uomini e donne, sui differenziali salariali, sulle progressioni di carriera, sull’utilizzo dei contratti atipici, ecc. da sottoporre ai decisori politici come strumenti utili alla elaborazioni di politiche gender oriented, da un lato; per la elaborazione di progetti di azione positiva, dall’altro; infine, quali fonti utlizzabili anche come prova statistica.
Il 23 luglio scorso, lei ha inviato una lettera al Ministro del Lavoro, alla Ministra per le Pari Opportunità ed ai Presidenti delle Commissioni Lavoro e Bilancio di Camera e Senato, in merito alla prevedibile incidenza negativa sull’occupazione femminile dei provvedimenti emanati dal governo in materia di detassazione degli straordinari e di abrogazione delle procedure telematiche per le dimissioni… Rientra nelle sue funzioni?
Certamente. Ritengo che la segnalazione ai ministri competenti dell’impatto di genere di misure normative in via di adozione sia una delle funzioni spettanti agli organismi di parità, come l’Unione Europea non si stanca di ripetere, quando raccomanda nelle sue linee-guida sul mainstreaming di genere, di accompagnare sempre le misure adottate con la verifica del loro impatto di genere, ossia delle probabili ripercussioni in termini concreti che avranno sulla vita di uomini e donne.
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