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“Beni culturali: lo scippo e il silenzio”, di Vittorio Emiliani

La notizia può essere letta, per chi ne dubitasse (trattandosi di una mostruosa quanto micidiale scemenza), nel sito tricolore del governo italiano: il Consiglio dei ministri, nella seduta del 3 scorso, ha approvato, come emendamento al disegno di legge sul federalismo fiscale, un articolo aggiuntivo col quale viene trasferita dallo Stato al Comune di Roma (in futuro Ente Roma Capitale) la «tutela dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali». In toto, neppure “in collaborazione col Ministero per i Beni culturali”. Lo stesso vale per «sviluppo urbano e pianificazione territoriale», con la Regione del tutto ignorata.. Ma al ministero per i Beni Culturali non sanno nulla di preciso. Di preciso sanno soltanto che le risorse disponibili da qui al 2011 crolleranno, per via dei tagli, da 625 a 73 milioni di euro. Crollo tale da far supporre che la tutela passerà nel frattempo ad altri organismi. Difatti con la cifra residuale, potranno pagare gli stipendi (a stento) e tenere aperti i musei. Ma sull’articolo aggiuntivo il ministro Bondi tace e tace la presidenza del Consiglio. Soltanto il sindaco Alemanno ha pubblicamente gioito: a ragione o a torto? La cosa è enorme. Fra l’altro la devoluzione della tutela non potrebbe non avere un seguito con altri grandi Comuni, generando quindi una slavina destinata a travolgere l’idea stessa di tutela. Infatti il Comune di Roma diventa – stando al suo sindaco – controllore/controllato in tutta una serie di materie strategiche per il patrimonio storico-artistico e per il paesaggio. «I più importanti processi decisionali», ha affermato Alemanno, «invece di passare per tre livelli diversi Comune-Provincia-Regione, o Stato, sono concentrati nell’Assemblea Capitolina». Divelti in un sol colpo i fastidiosi controlli e gli eventuali veti degli organismi tecnico-scientifici (direzioni centrali e regionali, Soprintendenze territoriali e di settore), il sindaco e i suoi assessori potranno fare quello che gli pare e piace. Già l’assessore Alfonso Antoniozzi ha affermato che, per costruire ex novo le migliaia di alloggi economici indispensabili, si dovrà erodere un’altra bella fetta di Agro Romano e “disboscare” un bel po’ dei vincoli oggi esistenti a tutela di quello straordinario territorio agricolo. Siamo di fronte al più cupo “noir”. Reazioni? Molte e vivaci nelle associazioni per la tutela e fra i tecnici delle Soprintendenze, increduli o sconfortati. Forse sarebbe utile se dall’opposizione si chiedesse con forza a Berlusconi, a Calderoli e a Bondi cosa sta succedendo, quali sono le carte che contano in questa drammatica partita e che sorte essi vogliono per la sopravvivenza di uno dei più grandi patrimoni artistici del mondo.

L’Unità, 14 Ottobre 2008

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