Scuola, l’Emilia-Romagna si prepara al ricorso contro il Governo. “Il conflitto è nei fatti” dice il presidente dell’Emilia-Romagna Vasco Errani. E, commentando il provvedimento del ministro Gelmini che minaccia la chiusura dei plessi scolastici con meno di 50 alunni, aggiunge: “Non è una riforma. E’ un atto grave da parte del Governo che interviene direttamente sulle competenze delle Regioni e degli Enti locali, e a cui le Regioni risponderanno con determinazione”.
Sotto accusa sono l’articolo 64 della legge 133 (approvata in agosto) e l’articolo 3 del decreto legge 154 (di ottobre): il primo detta i criteri di dimensionamento degli istituti scolastici mentre il secondo prevede il commissariamento delle Regioni inadempienti.
“Il conflitto è nei fatti e il responsabile unico ed esclusivo è il Governo – continua il presidente Errani – Sono anni che lavoriamo per superare una fase di conflitti istituzionali, che non giovano certo all’Italia. Mi auguro che il Governo ne prenda atto e decida di sedersi a un tavolo istituzionale”.
“Non si può intervenire in queste questioni con superficialità e arroganza, stiamo parlando della formazione dei ragazzi e delle ragazze di questo Paese – spiega Errani – Il ministro ha scelto questa strada senza coinvolgerci e, proprio mentre si parla di federalismo, il Governo va nella direzione opposta e utilizza un atto d’imperio che autorizza il commissariamento delle Regioni che non ottemperano al decreto”.
“In Emilia-Romagna sono 92 i plessi della scuola primaria, 39 quelli di scuola secondaria di primo grado e 6 i plessi di scuola superiore con meno di 50 studenti che rischiano la chiusura – interviene l’assessore regionale alla Scuola Paola Manzini – La Regione Emilia-Romagna da tempo esercita le proprie funzioni di indirizzo al territorio per l’organizzazione della rete scolastica, in accordo con le Province e i Comuni. Dobbiamo preoccuparci della qualità del servizio scolastico, oggi assicurata in tutto il territorio regionale, e invece il decreto 154 stabilisce una scadenza a brevissimo termine, che impone alle regioni e agli enti locali una riorganizzazione in tempi improbabili, con la minaccia di un commissariamento per le regioni che non riusciranno a completare la revisione entro il 15 dicembre. Non è accettabile”