Tito Boeri, Repubblica 3 ottobre
Oggi i docenti de La Sapienza, il più grande ateneo d´Europa, voteranno per scegliere il loro nuovo Rettore. A meno di sorprese, verrà eletto Luigi Frati, attualmente preside della Facoltà di Medicina. Ha già ricevuto la maggioranza relativa dei voti nei primi scrutini. Sua moglie, in passato docente di lettere al liceo, è diventata professore ordinario nella sua facoltà. Anche suo figlio vi trova impiego come professore associato, chiamato mentre lui era preside. La figlia, pur essendo laureata in Giurisprudenza, ha un posto di professore ordinario all´altra facoltà di Medicina della Sapienza.
Secondo i giornalisti dell´Espresso Primo Di Nicola e Marco Lillo, Frati per il matrimonio di sua figlia ha organizzato un ricevimento con 200 invitati nell´Aula grande del suo istituto. Si può pensare che sia un caso isolato, estremo. Purtroppo non lo è in Italia. Lo documenta in modo inequivocabile un libro di Roberto Perotti, uno dei migliori economisti italiani, uscito in questi giorni per gli Struzzi dell´Einaudi (L´Università truccata). Vi dirò subito, a scanso di equivoci, che sono collega e amico di Roberto. Ho anche avuto la fortuna di scrivere un libro con lui imparando quanto sia meticoloso e pignolo fin nei minimi dettagli. Quindi potete essere sicuri che i dati che sono contenuti nel volumetto sono stati attentamente verificati, uno per uno. E sono davvero impressionanti. Rimaniamo nell´ambito delle facoltà di Medicina. Essendo queste collegate a cliniche universitarie, l´entrata in ruolo ha un valore molto superiore alla sola retribuzione da professore universitario. A Messina quasi il 40 per cento dei docenti (sì, proprio 4 su dieci) ha un omonimo in qualche università della Regione. A Napoli (Federico II e Seconda Università) si viaggia attorno al 35% di omonimie, a Roma (Sapienza, Cattolica e Tor Vergata) non si scende sotto al 30 per cento. Certo, alcune di queste omonimie possono essere del tutto casuali e non sottendere a relazioni di parentela, oppure possono essere legate a sodalizi scientifici, cementati su di una solida produzione scientifica. Ma la dimensione del fenomeno è tale da far pensare ad altro, a un nepotismo addirittura sfacciato. E´ una congettura corroborata dagli approfondimenti compiuti da Perotti su alcune sedi, come la Facoltà di Economia di Bari, dove 42 docenti su 179 hanno almeno un parente stretto nella stessa facoltà; a Statistica l´ex Magnifico Rettore Girone, per dare il buon esempio, ne ha addirittura 4 tra moglie, tre figli e genero, tutti docenti nella stessa facoltà. Perotti ha anche compiuto un lavoro certosino di censimento dei concorsi universitari in Economia dal 1999 al 2007, scoprendo che il fattore di gran lunga più importante nel successo in questi concorsi è l´appartenenza allo stesso ateneo che ha indetto il concorso. La produzione scientifica, misurata in termini di pubblicazioni su riviste internazionalmente riconosciute, non ha alcun peso.
Nepotismo e baronaggio sono sopravvissuti alle mille riforme di carta condotte in questi anni. Cambiavano tutto per non cambiare nulla. Servivano solo al ministro di turno, quale che fosse il suo colore politico, per mettere la propria bandierina senza intaccare i potere delle baronie universitarie. Anche questa legislatura si sta aprendo all´insegna di un futile protagonismo ministeriale. L´auspicio che andrebbe formulato all´inaugurazione dell´Anno Accademico è che il quinquennio si concluda senza che gli studenti universitari vengano obbligati ad indossare il grembiule. Eppure per cambiare davvero le cose non ci vorrebbe molto, come spiega Perotti. Basterebbe che i Ministri si limitassero a far valutare la produzione scientifica delle diverse facoltà e usassero queste valutazioni nel distribuire i fondi alle diverse sedi. E´ una questione di sopravvivenza: se i soldi all´università arrivano solo a condizione di generare un congruo numero di prodotti di ricerca (brevetti, pubblicazioni scientifiche, etc.), gli stessi baroni di oggi saranno i primi a preoccuparsi domani di assumere i ricercatori migliori sulla piazza, anziché cercare di far passare chi ha fatto per anni il loro schiavo rinunciando a qualsiasi ambizione scientifica.
L´università ha un ruolo fondamentale nel promuovere l´innovazione e la crescita. Secondo alcuni studi, un incremento del 3 per cento del numero di persone con un Ph.D in un paese porta all´aumento del numero di patenti e della produttività dell´1 per cento all´anno. Si tratta di un effetto molto rilevante, quando cumulato nel corso del tempo. La qualità di un´Università è fatta dalle competenze di chi vi svolge ricerca e attività didattica. I docenti universitari italiani sono tra i più vecchi d´Europa. Presto andranno in pensione. Questo ci offre l´opportunità unica di rinnovare il nostro corpo docente, portandolo alla frontiera della ricerca, da cui siamo oggi lontani anni luce. C´è un mercato vastissimo di ricercatori stranieri, oggi una rarità nell´università italiana (solo l´1 per cento del corpo docente), cui attingere.
Ma il ministro Gelmini, seguendo a ruota il suo predecessore, ha deciso di tenere nel cassetto l´unica valutazione dell´università italiana, compiuta nel 2006 sulla base di criteri oggettivi, utilizzati a livello internazionale. Nè ci risulta che sia intenzionata ad avviare nuove valutazioni o ad usare quelle esistenti nell´allocare una quota significativa dei fondi pubblici alle università. Si limita a intervenire a convegni invitando tutti a fare meglio il proprio mestiere, richiamandosi alla moralità nel reclutamento di nuovi docenti. In un paese come il nostro questi richiami, per quanto animati dalle migliori intenzioni, sono destinati a cadere nel vuoto. Non c´è purtroppo sanzione sociale per chi concepisce la cattedra come il trono di una dinastia. Ho scoperto proprio in questi giorni che esiste in questo nostro strano paese un centro studi che si chiama “Di padre in figlio”. Offre agli imprenditori consulenza nell´affrontare “le problematiche relative alla complessa gestione delle problematiche relative (repetita iuvant?) a famiglia, azienda e patrimonio”. È una creatura recente, meno di 10 anni alle spalle e un fulgido avvenire. L´unica cosa che non mi stupisce è che si avvalga del contributo di professori universitari. Sono, in effetti, i massimi esperti in materia.