Non si tratta di «malate immaginarie» né di «fannullone» licenziate in tronco secondo i rigidi dettami del ministro della pubblica amministrazione Renato Brunetta. Ma di 11 centraliniste del call center dell’Ospedale di Legnano. Licenziate dal 1 settembre dopo sei anni di lavoro precario grazie al decreto legge che impedisce il rinnovo del contratto precario per coloro che hanno prestato servizio per un periodo superiore a tre anni in un quinquennio. «Sono queste le normative che avvantaggiano i precari. È questo il decreto sulla semplificazione del pubblico impiego» denunciano le telefoniste in una mail che fa già il giro su internet.
Si definiscono «le prime vittime di Brunetta», le prime perché dall’entrata in vigore del decreto saranno migliaia i precari che potranno vedersi non rinnovare il contratto. E anche se sanno di «non fare notizia come le altre norme messe in atto dal ministro», loro, alcune delle quali «madri, sole e a monoreddito che in sei anni non hanno fatto neppure un giorno di malattia, sempre puntuali ed efficienti» non si arrendono.
Così, provocatoriamente da lunedì mettono all’asta il loro corpo per un’offerta di lavoro. «L’azienda dove lavoriamo ci lascerà in mutande. Abbiamo deciso di toglierci anche quelle» minacciano le telefoniste. «Ci venderemo su Internet, naturalmente saranno gradite soprattutto offerte per un posto di lavoro in provincia di Milano, potrete vedere le nostre foto sul sito internet che ci ospiterà». L’asta è aperta dal 2 settembre presso l’Ospedale di Legnano.
Per ora la protesta delle ex telefoniste è iniziata su YouTube dove hanno messo in scena un vero e proprio picchetto via web con tanto di striscioni. «No allo sfruttamento dei precari». «Sì al reddito di cittadinanza». «No all’abuso della legge Biagi». «Riceveremo la colletta dal sindacato. Vergognatevi». «Ci mettiamo all’asta in cambio di un posto di lavoro». Il loro non è certo un balletto alla Virzì. Ma come le centraliniste del film anche queste hanno «Tutta la vita davanti». E per ora solo tanti «lunedì al sole» come questo.