Affinché gli immigrati non siano braccia ma uomini, con piena dignità, è necessario consentire loro di votare, perlomeno alle amministrative.
Se ne parla da troppi anni così il Partito Democratico alla ripresa dei lavori parlamentari presenterà una proposta di legge costituzionale sul tema. Primo firmatario Walter Veltroni assieme a Livia Turco, che ha deciso di scrivere una lettera al Presidente della Camera, Gianfranco Fini (Di seguito IL TESTO INTEGRALE), per annunciare la presentazione della proposta, chiedendo una corsia preferenziale per la sua discussione. Fini negli anni passati alla guida di Alleanza Nazionale si è espresso più volte a favore del voto alle amminsitriative per gli immigrati regolari e nel 2003 ne parlò alla Conferenza sulle poltiche europee per l’immigrazione, ma dopo l’alt della Lega nonostante la disponibilità del centrosinistra non se ne fece nulla.
Il PD nel programma elettorale prevedeva il voto per gli immigrati nelle elezioni amministrative, e ora si presenterà la proposta. Nella lettera Veltroni chiede a Fini di “adoperarsi per consentire la sua più ampia discussione da parte della Camera dei deputati e di accelerarne quanto più possibile l’iter. Non è più tempo, quando si tratta del tema immigrazione, di discussioni astratte, di pregiudizi dettati da ideologie o da semplificazioni prodotte da un’attenzione, anche mediatica, che invece di rappresentare la realtà la
distorce e la esaspera. Troppo frequenti e preoccupanti sono gli episodi che segnalano il diffondersi di un virus pericoloso, nocivo socialmente, fatto di intolleranza, di pulsioni xenofobe, di chiusura, di ostilità, fino alla tentazione aberrante del farsi giustizia da sé”.
Il diritto di voto come antidoto all’egoismo sociale per far si, scrive Veltroni “che ogni individuo che qui è nato o che qui vive e lavora da anni sia un soggetto riconosciuto in quanto possiede dei diritti e dei doveri. Noi italiani, che siamo stati un popolo di emigranti, dovremmo sapere meglio di altri cosa significa lasciare la propria terra, abbandonare la propria casa e affrontare un viaggio che troppo spesso significa la vita, in cerca di speranza e di un futuro migliore per sé e per i propri figli”.
Così il diritto di voto agli immigrati nelle elezioni amministrative e quello ad essere eletti nelle istituzioni locali sono “un passo lungo questa strada. Al rigore con cui contrastare l’immigrazione clandestina e perseguire chi compie reati che privano i cittadini del loro fondamentale diritto alla sicurezza e alla serenità, si deve accompagnare, sempre, la ricerca e la promozione dell’integrazione.
Legalità e integrazione sono i due grandi pilastri su cui possono poggiare le possibilità reali di una civile convivenza. E’ ad un vero e proprio patto reciproco tra italiani e immigrati, che si deve giungere” e il voto è un’assunzione “di responsabilità verso la comunità in cui si vive, e insieme uno strumento di integrazione e di condivisione di un comune patrimonio di valori civili, un modo per sconfiggere ogni odiosa forma di discriminazione e per promuovere, al contrario, una più ampia e salda coesione sociale, una democrazia inclusiva”.
Dal sito partitodemocratico.it
A seguire il testo della lettera:
Signor Presidente,
le scrivo per sottoporle una questione di estrema rilevanza, perché strettamente legata ad uno dei più grandi e complessi temi del nostro tempo: quello dell’immigrazione, delle conseguenze che i fenomeni migratori hanno in tutti i paesi europei e nelle nostre società, di come la presenza sempre più forte e sempre più stabile in Italia di cittadini stranieri cambia la nostra
vita e la qualità della nostra convivenza.
La questione, sulla quale lei stesso qualche tempo fa dimostrò sensibilità e apertura, è quella del diritto di voto nelle elezioni amministrative e nelle altre elezioni locali a tutti coloro che sono residenti in Italia da un certo numero di anni, anche se non in possesso della cittadinanza italiana.
A questo proposito, insieme a chi da sempre è impegnata in prima fila su questi temi, l’on. Livia Turco, nei prossimi giorni sarò primo firmatario di una proposta di legge costituzionale.
Le chiedo fin d’ora, con questa mia lettera, di adoperarsi per consentire la sua più ampia discussione da parte della Camera dei deputati e di accelerarne quanto più possibile l’iter.
Non è più tempo, quando si tratta del tema immigrazione, di discussioni astratte, di pregiudizi dettati da ideologie o da semplificazioni prodotte da un’attenzione, anche mediatica, che invece di rappresentare la realtà la
distorce e la esaspera. Troppo frequenti e preoccupanti sono gli episodi che segnalano il diffondersi di un virus pericoloso, nocivo socialmente, fatto di intolleranza, di pulsioni xenofobe, di chiusura, di ostilità, fino alla
tentazione aberrante del farsi giustizia da sé.
La politica, l’intera nostra classe politica, ha una grande responsabilità, e deve fare estrema attenzione, respingendo il rischio dell’egoismo sociale e rispondendo a domande non più rinviabili: come garantire, insieme, accoglienza e legalità, integrazione sociale e sicurezza; come costruire comunità inclusive, dove ogni individuo che qui è nato o che qui vive e lavora da anni sia un soggetto riconosciuto in quanto possiede dei diritti e dei doveri; come evitare che nelle nostre città si creino, nel segno della paura, dei luoghi separati e non accessibili.
Noi italiani, che siamo stati un popolo di emigranti, dovremmo sapere meglio di altri cosa significa lasciare la propria terra, abbandonare la propria casa e affrontare un viaggio che troppo spesso significa la vita, in cerca di
speranza e di un futuro migliore per sé e per i propri figli; dovremmo riconoscere l’intima verità contenuta in quel “volevamo braccia, sono arrivati uomini” del grande scrittore Max Frisch; dovremmo sentire in modo
particolarmente intenso, noi italiani, i richiami più alti che proprio in questi giorni sono stati fatti in nome dell’accoglienza e dell’integrazione.
Il diritto di voto agli immigrati nelle elezioni amministrative e quello ad essere eletti nelle istituzioni locali sono per noi un passo lungo questa strada. Al rigore con cui contrastare l’immigrazione clandestina e perseguire chi compie reati che privano i cittadini del loro fondamentale diritto alla sicurezza e alla serenità, si deve accompagnare, sempre, la ricerca e la
promozione dell’integrazione.
Legalità e integrazione sono i due grandi pilastri su cui possono poggiare le possibilità reali di una civile convivenza. E’ ad un vero e proprio patto reciproco tra italiani e immigrati, che si deve giungere. Un patto basato sul riconoscimento e sul rispetto di diritti e doveri.
Chi da tempo risiede in una delle città o dei tanti piccoli comuni italiani e con il suo lavoro contribuisce alla vita della comunità di cui fa parte, chi
ha i propri figli che studiano qui e che saranno gli artigiani, gli operai, i commercianti e i dirigenti di domani, come ha il dovere di pagare le tasse e
di rispettare sempre e comunque la legge, deve aver riconosciuto tra gli altri diritti quello di contribuire a scegliere gli amministratori che prenderanno le decisioni anche per lui e per la sua famiglia.
Il diritto di voto, la partecipazione, sono questo: un vincolo, una ulteriore assunzione di responsabilità verso la comunità in cui si vive, e insieme uno strumento di integrazione e di condivisione di un comune patrimonio di valori civili, un modo per sconfiggere ogni odiosa forma di discriminazione e per promuovere, al contrario, una più ampia e salda coesione sociale, una democrazia inclusiva.
E’ questo il significato, questo il senso, della proposta di legge costituzionale del Partito Democratico, con l’auspicio che attorno ad essa si possa svolgere un confronto concreto, aperto e approfondito, come è doveroso accada quando ad essere in gioco sono il bene del Paese e il futuro di tutti gli italiani.