Alitalia punto e a capo. Il destino della compagnia di bandiera italiana sembra delinearsi sempre più chiaramente in questo scorcio di fine estate, quando ancora la maggior parte degli italiani è in ferie e la soglia dell’attenzione è ancora molto bassa. Se dalle elezioni il premier Silvio Berlusconi ha giocato sulla pelle degli italiani lanciando le sue rocambolesche ipotesi di cordate italiane per salvare Alitalia, ora la cordata, dopo ben cinque mesi di utili persi, sta cominciando a delinearsi in maniera sempre più netta mostrando l’aspetto davvero più sconcertante di tutta la faccenda, il ritorno “in pista” di Air France-Klm. Già perché, se Berlusconi ha perso ben cinque mesi di tempo per salvare Alitalia, sferrandole un ulteriore colpo finale e mettendo letteralmente in fuga la solida e seria compagnia franco olandese, l’unica allora in campo ad essere veramente interessata alle sorti di Alitalia, ora la rimette in gioco ma le condizioni non sono davvero le stesse. Non sono le stesse perché si parla di ben 7mila esuberi, contro i circa 2500 allora proposti dal gruppo francese, e poi l’entrata in gioco dei sedici imprenditori italiani pronti a immolarsi, si fa per dire, per salvare Alitalia, che si trasformerà in una “newco” dal nome quanto mai simbolico “Compagnia aerea italiana” con Roberto Colaninno della Piaggio come presidente e Rocco Sabelli come amministratore unico .
Il “capolavoro” di Berlusconi riunisce dunque i sedici imprenditori che hanno sottoscritto quote paritetiche e simboliche con poche migliaia di euro, un accordo su cui troneggia la presenza di Intesa San Paolo, che ha messo a punto il piano di risanamento e la costituzione della nuova Alitalia. Il partner straniero con molta probabilità Air France, che per il prossimo giovedì ha indetto addirittura un consiglio d’amministrazione straordinario, verrebbe in soccorso dei magnifici sedici mettendoli di fatto a riparo da eventuali rischi. La nuova Alitalia, secondo il piano presentato da Berlusconi & Co, sarebbe dunque una compagnia senza debiti e senza esuberi, che invece andrebbero a finire in una bad company, in pratica un’altra società con un commissario, per ora ancora top secret, ma si vocifera che questo ruolo potrebbe essere ricoperto o dall’ex ministro Augusto Fantozzi oppure dall’attuale presidente Aristide Police. Fantozzi ha detto di essere pronto per ricoprire l’incarico. Nel frattempo il governo Berlsuconi lavora alla limatura della legge Marzano per procedere al commissariamento della compagnia, di cui si è discusso in un vertice tra il sottosegretario Gianni Letta, il ministro dell’economia Giulio Tremonti, il ministro dei Trasporti altero Matteoli e il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola. Sul tavolo anche lo strumento legislativo con cui procedere per evitare lo spettro dell’aiuto di stato paventato dall’Unione Europea e il rischio di tempi troppo dilatati che potrebbero mettere in fuga i 16 imprenditori, e per ora l’ipotesi più accreditata è un decreto unito a un disegno di legge delega.
Oltre a Colaninno e a Sabelli. attraverso la Immsi, in ballo c’è il gruppo Benetton attraverso Atlantia, il gruppo armatoriale Aponte, il gruppo dell’acciaio Riva, i fratelli Fratini attraverso la Fingen, il gruppo Ligresti attraverso FonSai, i fondi Clessidra ed Equinox, la compagnia Air One di Carlo Toto, che confluisce così nella “Newco”la famiglia Fossati attraverso la Findim, il gruppo Marcegaglia, il gruppo Caltagirone Bellavista attraverso Acqua Marcia, il gruppo Gavio attraverso Argo, l’imprenditore Davide Maccagnani attraverso Macca e il presidente del gruppo Pirelli Marco Tronchetti Provera.
Naturalmente la situazione di Alitalia, facilmente risolvibile già cinque mesi fa, non ha niente di “salvifico” come lascia intendere il governo, perchè come osserva Marco Filippi, capogruppo PD in commissione Lavori pubblici al Senato, si tratta in realtà del “fallimento del salvataggio di Alitalia, con la conseguenza che il costo di questo fallimento sarà scaricato sui contribuenti che dovranno farsi carico di tutti i debiti della bad company”. E aggiunge ancora Filippi “al danno si aggiunge anche la beffa: dopo averla fatta scappare, ora si rincorre Air France. Questo è il capolavoro del governo Berlusconi.” Pier Luigi Bersani, ministro dell’economia del Governo Ombra del PD, si augura “che il governo non faccia una mini-Parmalat”. “E’ chiaro a tutti – aggiumge Bersani – che oggi le condizioni sono ben peggiori di quell’accordo con Air France buttato a mare: sono peggiori per numero di esuberi, per risorse messe a disposizione e per il ricorso ad una bad company”. Anzi Bersani, condividendo l’analisi dell’economista Francesco Giavazzi, teme che la nuova Alitalia possa “trasformarsi in un nuovo caso Alfa Romeo, che fu ceduta alla Fiat senza debiti, di cui si fece inzialmente carico l’Iri. Ma quando Bruxelles bollò l’operazione come aiuto di Stato i debiti passarono in carico a Torino. È l’analogo rischio che corrono i soci della newco che potrebbero trovarsi a dover ripagare i debiti della bad company se l’Unione europea dovesse bocciare l’ipotesi che ad accollarseli sia lo Stato”.
“Un vero e proprio bluff”, incalza Andrea Martella, ministro ombra delle Infratrutture, una soluzione che prevede più del doppio degli esuberi di personale di quelli ipotizzati cinque mesi fa, che attiva procedure fallimentari ad hoc con la costituzione di una bad company nella quale far confluire debiti ed esuberi e che – con procedure altrettanto ad hoc – rischia di violare le norme antitrust creando un pericoloso precedente”.
Un “imbroglio politico” e “un’operazione di immagine” che ricadrà davvero sulle spalle degli italiani ribadisce Eugenio Scalfari nell’editoriale pubblicato su la Reppublica (edizione del 27 agosto 2008), ed intitolato in maniera emblematica “Il gioco dell’oca”, denunciando senza mezzi termini come la situazione poteva essere chiusa già cinque mesi senza il costo umano e sociale di questi esuberi che saranno ora più del triplo.
Insorge la Cgil che chiede chiarezza sui licenziamenti. Il segretario generale della Filt Cgil, Franco Nasso, annuncia che non sono “disponibili a discutere solo degli effetti sul lavoro, accettando a scatola chiusa le conseguenze di un piano industriale di cui leggiamo solo sui giornali: pretendiamo chiarezza e il necessario confronto”.
Il piano “Fenice” messo a punto dal governo manda su tutte le furie l”associazione dei consumatori Codici che definisce la soluzione proposta “inaccettabile” per il futuro di Alitalia. “La divisione tra bad e good company – afferma il segretario nazionale di Codici, Ivano Giacomelli – altro non è che il proseguo dell’antico “modus operandi” del governo: spalmare i debiti sulle spalle dei cittadini, privatizzando i profitti. Cittadini che hanno pagato la mala gestione della compagnia di bandiera italiana circa 130 euro ciascuno”. Giacomelli fa anche riferimento all’eventualità che si immettano i licenziamenti di Alitalia all’interno delle Poste italiane: “Che soluzione è caricare i debiti su una società che si farà fallire e gli esuberi sullo Stato? È inaccettabile la soluzione prospettata dal governo: si bloccano le assunzioni dei precari delle Poste che hanno vinto ricorsi giudiziali e ci mettono i raccomandati di Alitalia? Questo sarebbe un piano decisamente improponibile in un paese serio. Che paghi – sostiene il segretario dei Codici – chi ha portato la società al tracollo finanziario e non i cittadini tutti, le solite vittime di un sistema che lascia impunito chi sbaglia e penalizza chi non c’entra nulla”. Sul piede di guerra anche il Codacons che sta pensando ad un’azione per bloccare la costituzione della Newco. Un’azione per tutelare “i risparmiatori che hanno acquistato azioni Alitalia” e che, con la ripartizione tra la Nuova Compagnia e la bad company, rimarrebbero con un pugno di mosche. “Sta succedendo come con il Banco di Napoli – denunciano dal Codacons – dove 12.000 miliardi di debiti sono finiti a carico dello Stato e tutti i privati si godranno gli utili”.
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