Non è per niente vero che le alternative ad una riforma amministrativa, burocratica e politica delle Stato italiano si riducano ad un brillante accentramento delle funzioni alla francese e al semifederalismo alla tedesca, come lo aveva giudicato a suo tempo l’allora ideologo della Lega Gianfranco Miglio. Per rimanere alle esperienze europee, si potrebbe guardare allo statuto delle autonomie spagnole e all’efficace processo di devolution di rappresentanza politica, poteri e funzioni dal Parlamento di Westminster.
Oppure alle assemblee scozzese, gallese e nordirlandese, ciascuna delle quali ha scelto, entro determinati limiti, compiti e uoli che pensava di saper svolgere meglio degli inglesi. Sarà anche opportuno ricordare che, guardando ai fondamentali, qualsiasi soluzione venga prescelta nel contesto italiano attuale, è assolutamente fuori luogo parlare di federalismo quando qualcuno riesce a strappare funzioni e soldi allo stato e all’amministrazione centrale.
Quand’anche lo si facesse in maniera efficace questo tipo di intervento sarebbe nel migliore dei casi una fattispecie di devolution. E’ persino fastidioso dovere sottolineare ancora una volta che il federalismo originale e vero nasce dal basso, quando le autonomie locali, Comuni, Province ed eventualmente Regioni, decidono di concedere allo stato e all’amministrazione centrale (come fecero le classiche tredici colonie americane) quei poteri e quelle funzioni che altrimenti loro stesse non sarebbero in grado di esercitare in maniera tale da migliorare la qualità della vita dei loro cittadini. Infatti, che si tratti di federalismo oppure più correttamente di devolution, l’obiettivo, preferibilmente denunciato in maniera chiara e perseguito in maniera trasparente, meglio se accompagnato da qualche criterio esplicito e preciso di valutazione, deve essere per l’appunto la qualità della vita dei cittadini.
Se questi sono i fondamentali e, senz’ombra di dubbio, lo sono, è molto curioso e altrettanto pericoloso, che più che di funzioni e di competenze, si discuta di tasse quasi esclusivamente per sostenere che debbono rimanere prevalentemente laddove, più precisamente nelle regioni, vengono pagate. Comunque, quand’anche si giungesse ad un sedicente federalismo fiscale, sarebbe indispensabile costruire un federalismo competitivo perché soltanto la competizione fra gli organismi “federalizzati” consentirebbe ai cittadini di valutare e scegliere a ragion veduta.
E’ sufficiente pensare all’istruzione che, affidata alle singole regioni, supponendo che tutte e non soltanto la metà di loro siano in grado di dotarsi e di fare funzionare sistemi scolastici di eccellenza, dovrebbe produrre una vasta circolazione di studenti da regione a regione alla ricerca dell’istruzione migliore per i loro obiettivi personali e secondo i loro talenti individuali.
Sarebbe anche il caso di porre in maniera problematica l’interrogativo relativo alla capacità delle regioni attualmente esistenti.
Alcune di loro sono palesemente artificiali e quasi totalmente inefficienti e si potrebbe anche proporne fruttuosi accorpamenti eventualmente sotto forma di macroregioni.
Altre, quelle a statuto speciale, risultano ultrabeneficate senza giustificazioni che tengano più. Per molte il rischio è di trovarsi a svolgere nuovi compiti probabilmente non richiesti da loro, ma imposti dall’alto.
Se esistessero davvero i federalisti e non si trattasse, invece, di avventurosi avventurieri padani alla ricerca di qualche colpo di dubbio prestigio, tutti questi problemi, unitamente ai costi della crescita inevitabile di apparati burocratici, dovrebbero essere squadernati davanti all’opinione pubblica.
Forse, si potrebbe anche dettare una nuova agenda basata sulle municipalità che rappresentano le autonomie storiche con le quali la quasi totalità degli italiani si identifica con notevole soddisfazione e compiacimento. E’ sperabile che i commentatori, che tardivamente si sono accorti dei problemi, e che i politici, che dovranno formulare le soluzioni, acquisiscano al più presto tutti i dati e facciano due conti.
In caso contrario, giungeremmo soltanto faticosamente e costosamente a cucinare un indigeribile spezzatino alla padana.
L’Unita, 24 Agosto 2008