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“Sul Fisco federale sarà autunno caldo”, di Ugo Magri

Sul federalismo il governo va incontro ai guai.
Fanno gli scongiuri, sottovoce, perfino ministri solitamente impassibili. Non per le uscite di Bossi, che ogni tanto si libera del cordone sanitario berlusconiano (l’ha appena fatto a Ferragosto dichiarando di voler resuscitare l’Ici). Ma, spiegano dalle parti del Cavaliere, per l’ingorda fretta con cui la Lega pretende di incassare gli utili della partecipazione al governo.

C’è una frenesia leghista, cui fa da contraltare la prudenza del premier, conscio delle difficoltà.
In pubblico viene professato ottimismo. Si sostiene che sul federalismo fiscale la strada è in discesa. Anzi, già ci sarebbe un testo scritto, i 19 articoli che Calderoli ha messo sotto il naso di Bossi e di Tremonti sabato sera a Ponte di Legno, ricevendone una benedizione. Non è propriamente così: esiste sì la bozza Calderoli, però ancora manca un testo del governo. I ministri competenti sono almeno cinque. Al terzetto appena citato bisogna aggiungere Ronchi (Politiche europee) per conto di Fini. E Fitto, Rapporti con le Regioni. Fitto in particolare esercita un ruolo di cui più volte ha colloquiato col premier.
Sarà il cane da guardia per conto di Berlusconi. Starà a lui impedire che, per colpa dell’estremismo padano, l’elettorato meridionale possa girare le spalle al Cavaliere. Dovrà difendere, manovrando con astuzia di scuola democristiana, le ragioni del Sud. S’è già misurato un paio di volte con Calderoli, ha difeso il terreno dallo stesso Tremonti.

Bossi e Calderoli si sono autoinvitati in Puglia, patria di Fitto. «Veniamo a trovarti e mangiamo le tue orecchiette», ha annunciato cordiale l’Umberto. Vuole chiudere rapidamente un’intesa (all’inizio pensava addirittura di incontrare sull’Etna i «berluscones» siciliani, poi ha cambiato idea). Entro metà settembre, nei piani leghisti, la legge delega sul federalismo fiscale dovrà essere timbrata dal governo e agganciata (come collegato) alla Finanziaria 2009. In questo modo viaggerebbe sui binari, entro Natale sarebbe già in vigore. A quel punto il braccio di ferro si sposterebbe sui decreti attuativi: al di là dei principi, quante risorse otterrà in concreto ciascuna Regione, chi ci guadagnerà col nuovo sistema e chi invece ci andrà a rimettere.

Nell’ottica della Lega, inutile dire, il Nord può solo guadagnarci. Maroni sogna un federalismo di stampo lombardo (chi ha i soldi se li gode), Calderoli più astuto parla di «federalismo sostenibile», addirittura adotta i suggerimenti delle Regioni rosse, ma l’obiettivo finale è identico. I «sudisti» del Pdl hanno mangiato la foglia, prima di dare via libera alla legge delega vogliono capire meglio. Sono convinti di avere le spalle coperte dal Capo.

Poi c’è il dialogo col Pd. Rotondi, altro ministro democristiano, giura che Bossi fa bene a lanciare i suoi ami a sinistra, peggio per Veltroni se abbocca. Ma Berlusconi lo raccontano sempre più sul chi vive. Intanto perché la Lega che ammicca al Pd gli fa tornare alla mente (è umano) il ribaltone del ‘94. E poi, perché lui ha certe priorità. La riforma della giustizia, tanto per dirne una. Rinunciare alla rivincita sui magistrati soltanto per inseguire il sogno di Bossi (il federalismo costituzionale dopo quello fiscale) sarebbe un prezzo eccessivo per il Cavaliere.

Ecco perché, nella previsione degli strateghi berlusconiani, l’autunno politico consisterà in una contrattazione estenuante: un «do ut des» quotidiano col Carroccio, accese discussioni dentro e fuori il Consiglio dei ministri. Grande sarà lo stress di Tremonti, cui spetterà di trovare la quadra. Secondo lo scenario peggiore per Berlusconi, il federalismo potrebbe incanalare la legislatura lungo un corso imprevedibile.
Non avrebbe del tutto torto Veltroni, insomma, quando invita il Pd a tenere d’occhio la Lega.

L’Italia è il paese europeo con la più alta evasione fiscale, con il 48% del reddito imponibile che non viene dichiarato. Lo ha rilevato Contribuenti.it, associazione contribuenti italiani, che ha condotto un’indagine su un campione di 1.500 cittadini. La ricerca ha rilevato che l’evasione è diffusa soprattutto al Sud (34,5%), seguito dal Nord Ovest (26,5%), dal Centro (20,1%) e dal Nord Est (18,9%). Secondo lo studio «i principali evasori sono industriali (32%), bancari e assicurativi (28%), seguiti da commercianti (12%), artigiani (11%), professionisti (9%) e dipendenti (8%)». E gli industriali hanno respinto al mittente le indicazioni secondo le quali sarebbero al primo posto tra gli evasori. A ribattere è stato lo stesso direttore generale di Confindustria, Maurizio Beretta, che ha anche detto che i nuovi dati sull’evasione sono «sorprendenti»: se così fosse «avremmo un Pil enormemente più alto».
La Stampa 18.08.08

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