Il lodo Alfano è passato in prima lettura alla Camera. Il Pd ha votato contro. Lei, professor Salvatore Vassallo, oltre ad essere deputato democratico, è consulente del governo ombra per le questioni istituzionali. Com’è questa legge?
«La legge è costituzionalmente dubbia. Come ha scritto Vittorio Grevi ieri sul Corriere, non si può escludere che venga sottoposta al giudizio della Corte e che la Corte la dichiari illegittima. D’altro canto essa non appare manifestamente incostituzionale».
E allora?
«E dunque, il presidente Napolitano quando verrà definitivamente approvata, non potrà fare altro che seguire l’esempio di Ciampi con il lodo Schifani e promulgarla».
È un problema che lo scudo penale sia una legge ordinaria?
«Personalmente ritengo che un tema così delicato, che attiene ai problemi di confine tra l’esercizio delle più alte funzioni di governo e l’esercizio dell’azione penale, dovrebbero trovare una copertura costituzionale. Non fosse altro che per la necessità di garantire a norme di tale portata la legittimità che deriva da un ampio e meditato consenso parlamentare. Tutto il contrario di quello che la maggioranza e il governo ci hanno offerto, ossessionati dalla necessità di sottrarre il presidente del Consiglio al processo Mills: a tutti i costi e con ogni mezzo. Essendo disposti a questo fine niente meno che a bloccare migliaia di processi riferiti a crimini odiosi, come stupro, furto, rapina, omicidio colposo, impedendo così che gravi reati siano perseguiti, e che chi ne è accusato possa difendersi».
Almeno questo è stato evitato…
«Certamente e per quanto il lodo Alfano non ci soddisfi consideriamo la retromarcia sul blocca processi un successo della nostra iniziativa politica e parlamentare».
Ma la Corte sul punto della legge ordinaria, sia pure implicitamente, non si è già espressa a favore?
«Non credo che la Corte, con la sentenza del 2004, abbia voluto pronunciarsi esplicitamente su quale sia la forma giuridica più appropriata. Non ha esplicitamente sposato né una tesi né l’altra. Si è limitata a dire che il sereno svolgimento delle funzioni che ineriscono alle più alte cariche dello Stato costituisce un “interesse apprezzabile”, che dunque può essere giuridicamente tutelato. Come e fino a che punto non lo dice, né forse avrebbe potuto ».
Quanto invece ai contenuti, il lodo Alfano tiene o no in conto i rilievi di merito della Corte?
«Alcuni sono stati superati dal ddl Alfano. Ad esempio l’intrinseca irragionevolezza causata dall’inclusione del presidente della Corte Costituzionale tra le figure che avrebbero beneficiato della sospensione, in quanto il presidente della Corte è già coperto dall’immunità in base ad una legge costituzionale del 1948. La lesione dei diritti della parte civile, che avrebbe subito ingiustamente la sospensione del processo dovuta al coinvolgimento di una delle Alte Cariche. L’irragionevole durata dei processi nel caso di reiterazione della sospensione a seguito di un nuovo mandato per una qualunque delle alte cariche in capo allo stesso soggetto».
Quali nodi rimangono aperti?
«Due. Il primo. Rimane senza risposta il rilievo della Corte in merito alla violazione dell’articolo 3 della Costituzione. In base a questo principio, mentre situazioni diverse possono implicare differenti normative, situazioni eguali esigono una uguale disciplina. Da questo punto di vista, dice la Corte, non si capisce perché i presidenti delle Camere debbano essere trattati diversamente dagli altri deputati e senatori ».
E il secondo?
«Rimane il fatto, assai criticabile, per usare un eufemismo, che la sospensione dei processi si attivi sempre e comunque, per qualsiasi reato, in qualsiasi fase o grado del giudizio. Per di più in maniera automatica, senza neppure che vi sia una pubblica e specifica assunzione di responsabilità da parte della maggioranza parlamentare, come accadeva con l’autorizzazione a procedere prevista dall’articolo 68 della Costituzione prima della modifica del 1993».
Il Corriere della Sera, 11 luglio 2008