I dati sulla condizione dei minori, l’abbandono scolastico accompagnato dallo scivolamento della povertà di un ragazzo su quattro confermano il grave rischio d’impoverimento. Portiamo subito questi problemi in Parlamento.
Quasi un bambino su quattro in Italia è a rischio povertà. Sui “diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia” è stato pubblicato il dossier sulla condizione dei minori e sul grado di rispetto della Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Crc), presentato oggi alla vigilia dell’anniversario della ratifica della Convenzione da parte dall’Italia, avvenuta il 27 maggio 1991. Il rapporto è stato redatto dal Gruppo Crc composto da 73 organizzazioni ed associazioni, coordinato da Save the Children Italia.
Sono circa 900.000 i giovani che abbandonano prematuramente gli studi. E quasi restano sommersi, i fenomeni di sfruttamento e abuso, quali lavoro minorile, prostituzione e pedo-pornografia on line. Indice puntato contro la tendenza ad utilizzare la detenzione preventiva per i minori, in particolare per quelli stranieri, e nel mancato rispetto delle misure di protezione previste per i quelli che vengono ascoltati in un processo.
Sul tema è intervenuto anche il segretario del PD, Walter Veltroni: “In questi giorni ho ricordato come la vera priorità in Italia sia quella rappresentata dall’emergenza dei bassi salari, stipendi e pensioni. Ora i dati sulla condizione dei minori confermano una situazione di estrema fragilità sociale e di un grave rischio di impoverimento. L’abbandono scolastico accompagnato dallo scivolamento verso la povertà di un ragazzo su quattro (e la percentuale cresce se si guarda alle famiglie numerose o a quelle con un solo genitore) sono la riprova di questa emergenza”.
Veltroni si rivolge poi all’esecutivo: “Il Pd richiama il governo a presentare subito provvedimenti efficaci e all’altezza dei problemi. Finora abbiamo visto invece altre priorità e provvedimenti parziali e insufficienti: portiamo subito in Parlamento questi problemi e investiamo tutte le risorse disponibili a far crescere salari e pensioni, anche con l’obiettivo di far ripartire l’economia italiana”.
La percentuale di poveri sale al 35% se si considerano i minori che vivono in famiglie numerose e raggiunge il 40% nel caso di minori che vivono in famiglie monoparentali. I minori più a rischio sembrano essere quelli che vivono in famiglie con entrambi i coniugi lavoratori ma i cui bassi livelli di reddito non riescono ad essere una garanzia di benessere. Tra le famiglie monoreddito, l’esposizione a rischio di povertà per i figli è del 30%, mentre avere due genitori che lavorano riduce il rischio al 7%, con poche differenze se uno dei due è un lavoratore part-time. La quota di famiglie povere nel Mezzogiorno, infine, è cinque volte quella del resto del Paese. Preoccupante è la correlazione forte che emerge tra il rischio di povertà minorile e l’investimento percentuale in spesa sociale: facendo riferimento al Prodotto Interno Lordo, escludendo le pensioni, la media europea di investimento sociale si attesta intorno al 14% ed ad essa corrisponde un 19% di rischio di povertà minorile; nel nostro Paese dove si investe meno del 10% il rischio di povertà minorile balza al 24%. Relativamente al diritto all’educazione, nell’anno scolastico 2007/2008 nel nostro Paese erano iscritti 7.742.294 alunni.
Altro dato che viene evidenziato nel rapporto è l’eccessivo ricorso alla detenzione cautelare in carcere, dato stigmatizzato dal Comitato Onu con riferimento a molti Stati che hanno ratificato la Crc. In Italia, su 393 minori presenti negli Istituti Penali Minorili a giugno 2007, 341 erano detenuti in misura cautelare e 52 in espiazione pena. “La tendenza a ricorrere alla detenzione cautelare in carcere è diffusa nel sistema penitenziario italiano, ma paradossalmente per i minori è persino più forte che per gli adulti – sottolinea Saulini – Alcune categorie di minori, infine, come quelli stranieri, rom, quelli minori residenti nel Sud Italia hanno una evidente disparità di trattamento – lamenta Saulini – in palese violazione del principio di non discriminazione, sancito dall’articolo 2 della Crc”. Sono infatti questi gruppi di minori, insieme ad alcuni minori italiani provenienti da famiglie con difficoltà economiche e con un basso livello di istruzione e di inserimento sociale, ad essere detenuti in carcere, mentre per tutti gli altri minori la riforma del processo penale minorile consente solitamente di evitare la carcerazione. Al giugno 2007, i minori stranieri detenuti in Italia erano 198, mentre gli italiani erano 195 , più della metà del totale, nonostante le denunce a loro carico fossero poco più di un quarto del totale.
Il dossier identifica tra le sue raccomandazioni l’adozione di un Piano Nazionale Infanzia, la non più rinviabile istituzione di un Garante nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, politiche e risorse espressamente destinate alla tutela dei minori, soprattutto a quelli che vivono in situazioni d’indigenza, sfruttamento, sottoposti a varie forme di violenza o discriminazione, come i minori stranieri o quelli che fanno parte di minoranze.
“L’attività di monitoraggio che abbiamo condotto nel corso di quest’anno fornisce una chiara fotografia sulle necessità e i problemi dell’infanzia nel nostro Paese, sull’attuazione o la violazione dei diritti dei bambini/e e degli adolescenti presenti in Italia – commenta Arianna Saulini, Coordinatrice del Gruppo Crc – il rapporto tuttavia non vuole essere solo un momento di denuncia sulle carenze del nostro sistema, ma anche un utile strumento di lavoro per coloro che nella nuova legislatura saranno responsabili delle politiche dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, nell’ottica del consolidamento del confronto istituzionale avviato negli scorsi anni e volto ad migliorare l’attuazione dei diritti garantiti dalla Convenzione”.
In Italia non esiste un piano Nazionale per l’Infanzia, sottolineano i promotori del Rapporto, nonostante le sollecitazioni del Comitato Onu e contrariamente a quanto previsto dalla normativa che ne stabilisce l’adozione ogni due anni. L’ultimo risale infatti al biennio 2002-2004. “Si auspica che il nuovo Governo, approvi al più presto un nuovo Piano, prevedendo idonee risorse per la sua attuazione”, afferma ancora Saulini. Gli unici passi avanti nel corso dell’ultimo anno sono stati fatti su base locale, lamentano i promotori del Rapporto, pur persistendo la disomogeneità tra le leggi istitutive. due regioni, il Lazio ed il Molise, hanno formalmente nominato un Garante regionale, andando ad aggiungersi a Marche, Friuli Venezia Giulia e Veneto, mentre la Provincia Autonoma di Trento ne ha approvato la legge istitutiva.