Dall’«armadio della vergogna» alle condanne. Pena a vita anche per il sergente Kuster. Il sindaco: finalmente chiarezza e giustizia.
GIUSTIZIA È FATTA Sono entrati alle 9 nella sala udienze della procura militare di Roma – il cinquecentesco e austero palazzo Cesi, dove 15 anni fa emerse per
puro caso il cosidetto “armadio della vergogna” -, e solo in serata hanno dato sfogo ad un pianto liberatorio. Lacrime di soddisfazione per il verdetto di secondo grado per la strage di Marzabotto, concluso dopo 5 ore di camera di consiglio con 9 ergastoli agli SS e 2 assoluzioni. I superstiti e i familiari delle vittime della mattanza-sterminio – compiuta per sette giorni (dal 29 settembre al 5 ottobre del 1944) dai nazifasciti sull’altipiano di Monte Sole trucidando 771 civili – non hanno applaudito alla lettura della sentenza. Con grande dignità, compostezza e trepidazione, nonostante il dolore della memoria, hanno seguito passo passo la requisitoria del pubblico ministero Marco De Paolis, poi l’arringa dell’avvocato Andrea Speranzoni. E la snervante attesa alla fine ha dato i «frutti» sperati: ergastolo per nove ex nazisti al comando del maggiore Walter Reder. Ergastolo per il sergente Wilhelm Kusterer, che era stato invece assolto in primo grado.
Quella di Marzabotto fu una strage del terrore e della morte, per ferocia e numero di vittime, tra cui molte donne, anziani, bambini anche piccolissimi. Il più giovane si chiamava Walter Cardi, era nato da appena 2 settimane. Ieri a Palazzo Cesi c’era il cugino di quel neonato trucidato senza pietà. «Siamo felicissimi, la giustizia ha fatto il suo corso. L’attesa è stata snervante ma siamo soddisfatti – ha detto Cardi, presidente dell’Associazione delle vittime-. Confermati gli ergastoli, deciso il risarcimento danni e il pagamento delle spese processuali». Soddisfatto anche l’avvocato Andrea Speranzoni: «È stato un processo reale e non simbolico, importante per i crimini di guerra attuali. È stata scritta una pagina di storia che nessuno potrà cancellare. Un auspicio per i crimini nella ex Jugoslavia».
Dei dieci SS condannati all’ergastolo in primo grado a La Spezia, 3 non hanno presentato ricorso, uno è nel frattempo deceduto, mentre il soldato Kurt Spieler è stato assolto ieri dalla procura militare di Roma. Il Pm aveva presentato appello anche per due dei sette imputati precedentemente assolti e ieri il sergente Wilhelm Kusterer è stato condannato al massimo della pena.
Nella piccola aula del Tribunale militare, la faccia stremata di Salvina Astrali, 79 anni, salta agli occhi. «Non perdo mai un’udienza – precisa -. Avevo 15 anni all’epoca dell’eccidio. Ho perso la mamma e 3 sorelle, altre due rimasero gravemente ferite». Sospira e chiede scusa. «Ti dà fastidio rievocare la memoria – sottolinea la donna -. Ancora oggi mica riesco a dormire bene». Fernando Piretti,72 anni, i segni dei nazisti se li porta addosso da quando aveva 9 anni: «Ho un bubbone sulla spalla che sembra un vajolo», ironizza. Ma la commozione è grande quando racconta l’uccisione di 50 persone nell’oratorio di Ceppiano, «con ferocia indicibile a danno di civili inermi». Accanto a lui ci sono alcuni parenti come Gianluca Luccarini e il giovane regista Germano Maccioni che ha realizzato il documentario «Lo stato di eccezione» e spera di portarlo in Rai. Spiega Edoardo Masetti, sindaco di Marzabotto: «Siamo arrivati in pullman per l’udienza. Siamo qui non per vendetta ma per sete di chiarezza e giustizia. Un sentimento dei testimoni della mattanza che si scontra con la mancanza di pentimento degli imputati». Che sono in contumacia.
di Maristella Iervasi, l’Unità
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