Damiano: «Una vittoria per tutto il Paese»
Laura Matteucci – unita.it
Non ama parlare di vincitori e vinti. E forse questo è uno di quei casi che non lascia perdenti sul terreno. «È chiaro che chiudere il contratto dei metalmeccanici è una vittoria dei lavoratori, ma in realtà chi ha vinto davvero è il paese tutto, perchè arrivare alla firma è una risposta alla domanda fondamentale di certezze, stabilità, pulizia, trasparenza. Questo dovrebbe essere la politica: dare risposte certe ai problemi quotidiani dei cittadini». Lui, il ministro del Lavoro Cesare Damiano, ha vinto di sicuro: pochi giorni di mediazione tra le parti, che per mesi hanno registrato distanze siderali, e porta a casa «il contratto» per antonomasia, con il suo carico simbolico rimasto quasi inalterato nel tempo, e che va ben oltre il milione e mezzo di lavoratori coinvolti.
Un’intesa che fa bene anche al governo: un elemento di stabilità in una fase delicata, che con ogni probabilità scongiura lo sciopero generale che aleggiava da tempo.
«Rappresenta un elemento in più di stabilità per il governo, certo. Sono stati tolti spazi alla conflittualità. Quanto alla mobilitazione sindacale, mi auguro davvero non avvenga. È evidente che la conclusione del contratto è un aiuto anche in questo senso, perchè consente di aprire più speditamente la discussione sui temi del modello contrattuale. Ed è, in sé, un risultato di grande rilevanza per i lavoratori, perchè ne migliora tutele e retribuzioni, tema fortemente sentito in questo periodo, oltre che essere un risultato positivo per le imprese».
Insomma: lei, forte anche della sua esperienza sindacale, lo definirebbe «un buon contratto»?
«Assolutamente sì. Evita una situazione che avrebbe potuto diventare ingovernabile: ricordo lo stato di tensione e di conflitto di quest’ultimo periodo, tra scioperi e blocchi stradali. Così come scongiura, dall’altro lato, la possibilità di un intervento unilaterale di Federmeccanica, che avrebbe potuto compromettere l’efficacia stessa del contratto nazionale. Ma questo non è solo un contratto che evita la deriva. Migliora le condizioni dei lavoratori, e insieme anche gli elementi di competitività delle imprese».
Ministro, dica la verità: non si sente un po’ il deus ex machina della trattativa?
«Il ministero del Lavoro è intervenuto a fronte di una rottura. Le parti hanno chiesto un aiuto, e io non mi sono sottratto a quest’assunzione di responsabilità. Quello che abbiamo fatto è stato un lavoro di esplorazione che, gradualmente e con molta pazienza, ha consentito di arrivare alla firma».
Un ruolo attivo che intende giocare anche in futuro, con riferimento ai contratti ancora aperti oltre, ovvio, alla partita del pubblico impiego, che riguarda direttamente il governo?
«Il governo ha dimostrato di non essere spettatore passivo. Non può certamente invadere il campo del negoziato delle parti sociali, ma se viene sollecitato a svolgere un ruolo di mediazione, è pronto ad intervenire. Penso al commercio, o al contratto dei giornalisti. Quanto al pubblico impiego, l’impegno è a riprendere la trattativa appena possibile, tra poche settimane».
Qual è stata la chiave di volta per i meccanici?
«Trovare il compromesso risolutivo per il delicato tema della flessibilità, superato il quale la strada si è fatta meno stretta. Le imprese conquistano maggiore flessibilità per quanto riguarda le normative degli orari plurisettimanali, con una giornata in più di straordinario «libero» dalla contrattazione sindacale, e con la possibilità di spostare un permesso retribuito all’anno successivo, qualora le esigenze aziendali lo richiedessero. Gli operai, dal canto loro, conquistano quella totale parità normativa con gli impiegati che inseguivano dal ‘68, il che offre nuove prospettive per i giovani e, nell’immediato, consente a chi ha 10 anni di anzianità aziendale e 55 d’età di godere di un giorno in più di ferie. Da febbraio, poi, agirà il nuovo modello di calcolo degli scatti di anzianità, più vantaggioso per impiegati ed operai. Per i contratti a termine, l’accordo recepisce il protocollo del luglio scorso, e innova la normativa per il lavoro interinale».
E poi, c’è l’aumento salariale, una prima risposta alla perdita di potere d’acquisto delle buste paga. Il passo successivo sarà la discussione sulla detassazione?
«Per il mantenimento del potere d’acquisto sono fondamentali il contratto nazionale e quello decentrato. La detassazione è un aspetto che può certamente aiutare. Mentre l’intervento sul cuneo fiscale diminuisce il costo del lavoro delle imprese, sull’altro lato si può agire con la riduzione della pressione fiscale in busta paga. E di questo inizieremo a parlarne a breve».
Così come a breve parlerete di modello contrattuale?
«Di modello contrattuale e produttività. I temi sono sul tappeto, e l’accordo di oggi sgombra il campo da possibili freni all’apertura del confronto».