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«Una cartolina contro Silvio. Le donne rompono il silenzio», di Federica Fantozzi

Non sono a sua disposizione

Non sono a sua disposizione

Un ceffone virtuale da Debora Serracchiani «per la maleducazione», la tranciante definitività di Emma Bonino a proposito delle «patetiche ingiurie di stampo misogino», l’invito a chiarire in Parlamento da Livia Turco.
A tre giorni di distanza non si affievoliscono le reazioni alle parole sprezzanti rivolte da Berlusconi a Rosy Bindi nello studio di «Porta a Porta»: «Come al solito, lei è più bella che intelligente». Di sicuro, presidente, lei non è a sua disposizione, come gli ha risposto dopo venti lunghissimi secondi nel silenzio sbigottito o pavido dei signori in trasmissione.
E, come rilancia adesso la campagna dell’Unità – che vedete nell’illustrazione di Beatrice Alemagna qui a fianco – speranzosa se non di “rieducare” almeno di provocare un istante di resipiscenza nel Misogino Finale.

Di questa sgradevole manciata di parole piombate via etere sulla tarda serata di migliaia di telespettatori, infatti, si continua a discutere. Vuoi perché il premier non si è scusato, vuoi perché la linea di difesa del portavoce Bonaiuti è stata incolpare i «momenti di concitazione» (come a dire: lo pensa, certo non doveva dirlo, ma gli avevano appena bocciato il Lodo e suvvia va compreso), vuoi perché da ministre e parlamentari del centrodestra la solidarietà se non di genere quantomeno di stile ha latitato, vuoi – infine – per il diffuso, quasi solido imbarazzo maschile.
Solo ieri il ministro della Gioventù Giorgia Meloni, politica competente e grintosa, ha ammesso: «Mi dispiace per quella frase, io non l’avrei mai detta». Fermo restando che «non accetto lezioni dalle donne di sinistra». Lapidaria la solitamente fiammeggiante Michela Vittoria Brambilla: «Non mi attrae la solidarietà femminile». Interessante la motivazione: «È perché non credo alla distinzione di genere». Non si capisce se significa libertà di insulto di tutti verso tutti o che in politica l’estetica non conta per nessuno.
Tutti uguali: Capezzone come la Matera, Bondi come la Savino. Sarebbe utile il contributo al dibattito della ministra per le Pari Opportunità, ma Mara Carfagna purtroppo tace. In molte non la pensano come la Brambilla, a giudicare dalle migliaia di messaggi ricevuti dall’interessata ma anche da centralini e segreterie di giornali. L’Unità ha ricevuto una grandine di commenti indignati da lettori e lettrici, così ha deciso di offrire a tutti il diritto di replica al presidente del Consiglio.

Sulla cartolina, la piccola dai capelli rossi (ogni somiglianza cromatica con la Brambilla è puramente casuale), braccia e gambe incrociate sul vestitino, broncio di sfida, proclama: «Non sono a sua disposizione». Indisponibile. Impermeabile. Inaccessibile. Un senso vietato che chi vuole può ritagliare, compilare e inviare all’indirizzo del Maleducato Finale (quello Iniziale pare sia stato Vittorio Sgarbi, che ha rivendicato con virile orgoglio il copyright della battuta). Rosy Bindi, intanto, ringrazia per i tanti segnali di simpatia, incassa il dividendo politico, e si proclama debitamente riconciliata con la sua bellezza nonché consapevole della sua intelligenza.

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La lettera di Rosi Bindi

Grazie a tutti di cuore! Mi sono arrivati migliaia di messaggi di amicizia e di affetto che mi hanno commosso. Ognuno meriterebbe una risposta personale ma sono davvero tantissimi. È bello sentire il calore e la vicinanza di tante persone, sapere che c’è un legame invisibile che ci tiene uniti, anche nella distanza, anche se non ci si conosce.
So che è un legame fatto di affinità umane e culturali e di una stessa concezione della vita pubblica. Da tutti traspare quanto sia ancora diffusa e pronta la capacità di reagire e di indignarsi di fronte all’arroganza del potere. Ed è in fondo questo che conta di più. Quindi, ancora, grazie davvero.
Mi sento però di rassicurare tutti gli amici e le amiche che mi hanno scritto: non sono affatto annientata dalle parole offensive e gratuite del Presidente del Consiglio. Anzi sono più che mai felice di essere una donna. Ho sempre pensato che gli insulti definiscono chi li pronuncia. E in questo caso Berlusconi non ha fatto che riproporre la sua concezione, ormai tristemente nota, delle donne.
Berlusconi avrà pensato che un suo intervento ci avrebbe zittito e ridato fiato ai suoi. Avrà pensato di potersi impossessare del video, come in altre occasioni, per l’ennesimo monologo incendiario. Quando però si è trovato di fronte un’interlocutrice che non lasciava passare i suoi commenti eversivi sulla Presidenza della Repubblica e sulla Corte Costituzionale, che non accettava il ruolo silenzioso di comparsa o connivente, non ha trovato altra soluzione che cercare di ridurla all’unica dimensione femminile che è capace di concepire: un corpo da svilire o apprezzare.
Mi ha chiamato ostentatamente «signora» mostrando di non considerare significativo il fatto che fossi un’esponente dell’opposizione e Vicepresidente della Camera dei deputati. Ma da tempo abbiamo capito che il nostro Presidente del Consiglio rifiuta di riconoscere competenze pubbliche alle donne ed è incapace di misurarsi con noi in modo paritario. Con quelle espressioni da cabaret, ha cercato di colpire me ma ha offeso tutte le donne e le stesse istituzioni. Lo hanno sottolineato meglio di me e in vario modo Chiara Saraceno sulla Repubblica di oggi, Cinzia Sasso e Stefania Rossini, sui siti di Repubblica e l’Espresso, Concita De Gregorio sull’Unità, Caterina Soffici sul Riformista, Ida Dominijanni sul Manifesto, e come ben riassume l’appello promosso da Michela Marzano, Barbara Spinelli e Nadia Urbinati, sempre sul sito di Repubblica.
Ripartiamo allora dalla Costituzione e dalla difesa della legalità democratica senza dimenticare che l’agenda dei problemi del paese è molto lunga e le donne sono le prime a pagare i costi della crisi economica e di una politica sociale che riduce i servizi, taglia le risorse alla scuola e alla sanità, smantella il sistema di solidarietà pubblica.

da www.unita.it

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